FAQ Valutazione Rischio CEM AGGIORNAMENTO LUGLIO 2017

consultabile sul PAF la nuova sessione FAQ rischio da esposizione a CEM 

E’ da oggi consultabile sul PAF la nuova sessione FAQ dove sono contenute le risposte a dubbi interpretativi e criticità segnalateci dagli utenti del Portale in relazione alla valutazione del rischio da esposizione a CEM negli ambienti di lavoro, a seguito dell’entrata in vigore del D.lgvo 159/2016. La sessione è in continuo e costante aggiornamento in relazione ai quesiti posti dagli utenti del Portale.

Link a FAQ Campi Elettromagnetici 

Raccolta delle Faq pubblicate (File pdf)

Slide delle Faq (File pdf)

Disponibile in area condivisione gratuita riservata agli iscritti della nostra newsletter professional il file in word e powerpoint.

Quali sono i soggetti particolarmente sensibili al rischio/esposti a rischi particolari?

Alcuni gruppi di lavoratori (cfr. tabella 1) sono da considerarsi  particolarmente sensibili al rischio per esposizione ai campi elettromagnetici. Tali lavoratori non possono essere protetti adeguatamente mediante i valori di azione per i lavoratori stabiliti dal D.lgvo 81/08 Titolo VIII Capo IV e s.m.i
I lavoratori esposti a particolari rischi sono in genere tutelati adeguatamente mediante il rispetto dei livelli di riferimento specificati nella raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio.
Per quanto concerne i dispositivi medici impiantabili attivi, in alcuni casi anche i livelli di riferimento per la popolazione generale non possono garantire una protezione adeguata. In questi casi è compito e cura del costruttore del dispositivo elettronico impiantato ovvero del produttore dell'apparato che emette campi potenzialmente interferenti con il dispositivo elettronico impiantato darne notifica, conformemente a quanto prescritto dalle norme di prodotto. In base ai dati forniti dalla letteratura scientifica, allo stato delle conoscenze sono da considerare soggetti con possibili controindicazioni e/o particolarmente sensibili al rischio legato alle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici quelli elencati nella Tabella seguente (tratta da Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai Campi Elettromagnetici Parte 1)
In aggiunta  vanno considerati soggetti particolarmente sensibili da valutarsi in relazione alla tipologia di esposizione a CEM ed  all’esistenza e alla messa in atto di trattamenti terapeutici specifici per la patologia coinvolta, i seguenti soggetti:
Soggetti affetti da patologie che possono alterare l’eccitabilità del sistema nervoso centrale;
Soggetti affetti da aritmie o da patologie del cuore, dell’emodinamica e di altri organi/apparati che possono favorire l’insorgenza di aritmie.

Quali sono gli effetti sulla salute e sulla sicurezza che si vogliono prevenire?

I campi elettromagnetici possono causare due diversi tipi di effetti: effetti biofisici diretti ed effetti indiretti.
Gli effetti biofisici diretti sono quelli derivanti da un’interazione dei campi con il corpo e possono essere di natura termica o non termica. Essi hanno ben precise soglie di insorgenza e sono prevenuti rispettando i Valori Limite di Esposizione (VLE) fissati dal D.lgvo 81/08 Titolo VIII Capo IV e s.m.i. Si considera che i VLE siano rispettati qualora il datore di lavoro dimostri che i pertinenti Valori di Azione (VA) non siano stati superati.
Gli effetti indiretti che la normativa intende prevenire sono i seguenti:
•  interferenze con attrezzature e altri dispositivi medici elettronici;
•  interferenze con attrezzature o dispositivi medici impiantabili attivi, ad esempio stimolatori cardiaci e defibrillatori;
•  interferenze con dispositivi medici portati sul corpo, ad esempio pompe insuliniche;
•  interferenze con dispositivi impiantati passivi, ad esempio protesi articolari, chiodi, fili o piastre di metallo;
•  effetti su schegge metalliche, tatuaggi, body piercing e body art;
•  rischio di proiettili a causa di oggetti ferromagnetici non fissi in un campo magnetico statico;
•  innesco involontario di detonatori;
•  innesco di incendi o esplosioni a causa di materiali infiammabili o esplosivi;
•  scosse elettriche o ustioni dovute a correnti di contatto che si verificano quando, in presenza di un campo elettromagnetico,  il corpo umano entra in contatto con un oggetto a diverso potenziale elettrico
Alcuni degli effetti indiretti possono insorgere a livelli espositivi inferiori rispetto agli effetti diretti e possono avere conseguenze anche gravi sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori.
Gli effetti INDIRETTI SI PREVENGONO verificando in primo luogo se nell’ambiente di lavoro sono rispettati i livelli di riferimento per la popolazione generale prescritti dalla Raccomandazione  1999/519/CE, richiamati dalla Legge Quadro Campi Elettromagnetici 36/2001. Le aree in cui si riscontra il superamento dei livelli di riferimento per la popolazione generale dovranno essere opportunamente segnalate; l’accesso a tali aree dovrà essere regolamentato ed  interdetto ai soggetti con controindicazioni specifiche all’esposizione.
Il primo degli effetti indiretti da prevenire, in quanto ha la soglia di insorgenza più bassa di tutti, è il malfunzionamento di Dispositivi Elettronici Impiantati Attivi (ad esempio defibrillatori impiantati o pacemaker): poiché tali attrezzature possono avere una funzione vitale, le conseguenze delle interferenze possono essere anche gravissime o letali

IN QUALI CASI SUSSISTE L’OBBLIGO di effettuare comunicazioni all'Organo di Vigilanza territorialmente competente in caso di superamento dei VA inf o VLE?

La comunicazione va effettuata nei casi previsti al comma 4 oppure al comma 5 dello stesso articolo. Le due opzioni sono esclusive una dell’altra.
Il comma 4 si riferisce alle situazioni in cui il datore di lavoro può documentare il superamento dei VA inferiori, ma non il rispetto dei VLE sensoriali in quanto non ha informazioni al riguardo o non ha intrapreso la valutazione dosimetrica.
Il comma 5 si riferisce alle situazioni in cui il datore di lavoro può documentare il superamento dei VLE sensoriali in quanto ha informazioni al riguardo o ha intrapreso la valutazione dosimetrica.
In entrambi i casi (comma 4 e comma 5), oltre alle varie condizioni enunciate nella norma, deve essere dimostrata e documentata la conformità ai VLE sanitari, valutazione che può essere condotta anche attraverso la verifica di conformità ai VA superiori.
La comunicazione di cui al comma 6 non va effettuata in tutti i casi in cui il datore di lavoro possa documentare la conformità ai VLE sensoriali, anche in condizioni di superamento dei VA inferiori
Non è necessarion efffettuare la comunicazione all’organo di vigilanza in tutti i casi in cui il datore di lavoro possa documentare la conformità ai VLE sensoriali, anche in condizioni di superamento dei VA inferiori. E’ questo il caso ad esempio delle saldatrici ad arco conformi alla norma di prodotto CEI EN 50444, purchè sia rispettata dall’operatore la distanza di 20 cm dai cavi. 

E’ possibile verificare la sussistenza di controindicazioni specifiche all’esposizione da parte del RSPP/Datore Lavoro senza ricorrere al Medico Competente?

L’individuazione di controindicazioni specifiche all’esposizione presuppone l’acquisizione/comunicazione di informazioni sullo stato di salute del lavoratore. L’unica figura professionale abilitata allo scopo è quella del medico, segnatamente del medico competente. Il principio è lo stesso sia che il lavoratore risulti inquadrato in un programma di sorveglianza sanitaria esistente sia nel caso in cui il lavoratore, reso edotto da adeguata informazione/formazione, comunichi informazioni riguardanti il proprio stato di salute a suo avviso rilevanti ai fine del rischio per la salute e la sicurezza in relazione alla mansione svolta e al contesto lavorativo o, a maggior ragione, chieda la visita medica ai sensi dell’art. 41 del D.lgs 81/2008.
A titolo di esempio, un lavoratore portatore di dispositivo medico impiantabile attivo esposto a campi elettromagnetici in ragione della mansione svolta e/o della presenza/permanenza in una determinata realtà lavorativa e adeguatamente informato e formato potrebbe teoricamente comunicare al datore di lavoro o al responsabile RSPP il proprio stato ai fini di una rimozione dalla situazione di rischio. Tuttavia, fatti salvi i non frequenti casi di manifesta incompatibilità tra specifica tipologia di esposizione e stato di portatore, non è possibile procedere ad una valutazione del rischio individuale in assenza del medico competente, essendo il rischio dipendente non solo dalla configurazione di campo cui il lavoratore è esposto, ma anche dalla tipologia del dispositivo, dalle condizioni patologiche di base che hanno richiesto l’impianto del dispositivo, dalle modalità di funzionamento di quest’ultimo, dalle conseguenze cliniche prevedibili in caso di malfunzionamento, da patologie concomitanti etc.
Inoltre, nel caso di portatori di dispositivi medici impiantabili attivi il problema dell’idoneità ad una specifica mansione che espone a campi elettromagnetici si pone in molti casi a monte dell’attività di formazione programmata e la formulazione del giudizio di idoneità richiede comunque la figura del medico competente.
Se poi si considerano condizioni fisiopatologiche che prescindono dallo stato di portatore di dispositivo impiantato ma che potrebbero comunque configurare una maggiore sensibilità al rischio si comprende come la figura del medico competente sia ancora più centrale.
Peraltro, tra le funzioni in capo alla figura del medico competente è esplicitamente menzionata la collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione nella valutazione dei rischi, così come riportato nell’art. 15 del D.lgs 81/2008, disposizione che suggerisce fortemente o addirittura implica l’intervento di questa figura professionale nello svolgimento degli adempimenti legati alla valutazione dei rischi, pertanto a monte rispetto all’individuazione e alla concretizzazione di misure di tutela dei lavoratori e a prescindere, almeno in questa fase, dalla messa in atto di qualunque programma di sorveglianza sanitaria.  

Da quali livelli di esposizione far partire la sorveglianza sanitaria ?

Si richiamano in premessa le disposizioni dell’art. 41 del D.lgs 81/2008, per il quale la sorveglianza sanitaria è: “l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”, Il medesimo articolo 41 prevede inoltre che la sorveglianza sanitaria “... è effettuata dal medico competente: a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’art.6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.”
Il nuovo art. 211 del D.lgs 159/2016 non stabilisce a priori, così come peraltro la direttiva 2013/35/UE, livelli di esposizione superati i quali interviene l’obbligo di attivare routinariamente la sorveglianza sanitaria. Si afferma infatti che: “La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta all’anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente, con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio di cui all’art. 183 …..”. Lo stesso articolo prevede tuttavia (comma 2) che: “Nel caso in cui un lavoratore segnali effetti indesiderati o inattesi sulla salute, ivi compresi effetti sensoriali, il datore di lavoro garantisce, in conformità all’art. 41, che siano forniti al lavoratore o ai lavoratori interessati un controllo medico e, se necessario, una sorveglianza sanitaria appropriati. Il controllo di cui al presente comma è garantito anche nei casi in cui sia stata rilevata un’esposizione superiore ai VLE per gli effetti sensoriali oppure un’esposizione superiore ai VLE per gli effetti sanitari”.
Premesso quindi che la sorveglianza sanitaria, o almeno un controllo medico (atto teoricamente isolato, peraltro non agevole da porre in atto in modo avulso da un programma di sorveglianza sanitaria già operativo in una determinata realtà lavorativa o, a maggior ragione, in assenza di una sorveglianza sanitaria programmata), deve essere attuata quando il lavoratore riferisce effetti indesiderati o inattesi sulla salute, compresi effetti di natura sensoriale, e quando risultino superati i VLE per effetti sensoriali o per effetti sanitari, si ritiene che un primo riferimento per la messa in atto degli adempimenti legati alla sorveglianza sanitaria sia rappresentato dal raggiungimento/superamento degli LA inferiori, a meno che il datore di lavoro non dimostri che in questo caso non sono superati i VLE per gli effetti sensoriali.
Considerata l’esistenza di lavoratori particolarmente sensibili al rischio e, nell’ambito di questi ultimi, la presenza di lavoratori portatori di dispositivi medici impiantabili attivi, che possono essere oggetto di interferenza elettromagnetica potenzialmente pericolosa per i risvolti sul piano clinico in corrispondenza di livelli di esposizione superiori ai limiti previsti per la popolazione generale e a volte anche per esposizioni inferiori a tali limiti (si pensi al caso del campi magnetici statici o dei campi magnetici con frequenza fino a pochi Hz), è tuttavia consigliabile attivare la sorveglianza sanitaria, almeno in termini di visita medica preventiva, al superamento dei livelli di riferimento per la popolazione generale, in modo da effettuare un prescreening circa l’eventuale presenza di lavoratori potenzialmente più sensibili al rischio, caratterizzandone anche la tipologia.
Questo orientamento si considera nell’insieme supportato dalle seguenti considerazioni:
1.     esistenza di lavoratori particolarmente sensibili al rischio per livelli espositivi superiori ai valori limite/livelli di riferimento previsti per la popolazione generale (avendo in questo caso come riferimento primario i livelli previsti dalla Raccomandazione 519/99/EC, anche se nel nostro Paese la limitazione dell’esposizione della popolazione generale ai campi elettromagnetici è articolata in limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, così come previsto dalla legge 36/2001 e dai D.P.C.M. applicativi 8 agosto 2003);
2.     Obbligo di sorveglianza sanitaria o di controllo medico per:
lavoratori che riferiscono effetti indesiderati o inattesi sulla salute anche di natura sensoriale;
superamento del VLE per effetti sanitari (in alternativa LA superiori);
superamento dei VLE per effetti sensoriali (in alternativa LA inferiori);
3.     Visita medica a richiesta del lavoratore;
4.     Presenza nella quasi totalità dei contesti lavorativi della figura del medico competente e di un programma di sorveglianza sanitaria (per la sussistenza, a prescindere dai campi elettromagnetici, di uno o più rischi per i quali la sorveglianza sanitaria è obbligatoria);
5.     Obblighi di informazione e formazione del lavoratore, puntualizzati e rafforzati nel caso dei campi elettromagnetici dall’art. 210-bis del D.lgs 159/2016, che, trasferendo nuove conoscenze e consolidando la consapevolezza relativa ai rischi e alle misure di tutela, possono rafforzare e ottimizzare il percorso della sorveglianza sanitaria a richiesta del lavoratore o su input dello stesso.

Quali sono i contenuti della informazione e della formazione ?

I contenuti dell’attività di informazione e formazione che il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori e loro rappresentanti sono espressi, per tutti gli agenti fisici, nell’Articolo 184 del Capo I-Titolo VIII del D.lgvo 81/08. Aspetti specifici riguardanti l’esposizione ai campi elettromagnetici sono indicati nell’articolo 210-bis del Capo IV-Titolo VIII con particolare riguardo agli effetti indiretti e alla possibilità di sperimentare “sensazioni e sintomi e transitori dovuti a effetti sul sistema nervoso centrale o periferico” e “alla possibilità di rischi specifici nei confronti di lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio”.
Qualora sia necessario ricorrere a misure organizzative per gestire i rischi derivanti da campi elettromagnetici, queste saranno documentate nella valutazione dei rischi affinché tutti sappiano come occorre procedere. Pertanto il contenuto della formazione riguarderà necessariamente le procedure specifiche da adottarsi nell’impiego delle sorgenti CEM e nelle restrizioni di accesso derivanti dal processo di zonizzazione delle sorgenti stesse.
È necessario includere: la descrizione di tutte le aree oggetto di restrizioni particolari all’accesso o allo svolgimento di una determinata attività; informazioni dettagliate relative alle condizioni di accesso ad un’area o per lo svolgimento di una determinata attività; la  formazione richiesta per superare temporaneamente il LA VA inferiore; i nominativi di coloro che sono autorizzati ad accedere alle aree ad accesso regolamentato; i nominativi dei membri del personale responsabili della supervisione del lavoro o dell’attuazione delle restrizioni di accesso; l’identificazione dei gruppi specificamente esclusi dalle aree, per esempio i lavoratori particolarmente sensibili al rischio (vedi Art. 210 bis); i particolari relativi alle disposizioni di emergenza, se del caso.
Copie delle procedure scritte devono essere consultabili nelle aree cui si riferiscono, e devono essere distribuite a tutte le persone potenzialmente interessate, ed illustrate nel corso dell’attività di formazione.
Il livello di informazioni e formazione fornito deve essere proporzionale ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici nel luogo di lavoro. Laddove la valutazione iniziale abbia dimostrato che i livelli dei campi sono così bassi da non richiedere alcuna azione specifica, dovrebbe essere sufficiente dare garanzie a riguardo. Tuttavia, anche in questa situazione, sarà importante avvertire i lavoratori o i loro rappresentanti che alcuni lavoratori potrebbero essere particolarmente a rischio.
Qualsiasi lavoratore che rientri in uno dei gruppi «a rischio» riconosciuti sarà consapevole della necessità di comunicarlo ai dirigenti, per attivare - se necessario - un processo di valutazione “specifica “ del rischio, qualora abbia ricevuto idonea informazione/formazione al riguardo.
Tale informazione  è indispensabile anche per rendere consapevoli tutti i lavoratori che, qualora  nel corso degli anni intervenga un possibile cambiamento nella situazione individuale che li faccia rientrare nella categoria di “soggetto particolarmente sensibile al rischio CEM”, (es.: gravidanza/pacemaker/protesi etc.)  devono darne tempestiva comunicazione al datore di lavoro che provvederà alla effettuazione di una valutazione specifica di concerto con il Medico Competente.

In quali posizioni deve essere verificato il rispetto dei Valori di Azione Inferiori per il Campo Elettrico e per il Campo Magnetico ?

La normativa intende prevenire sia gli effetti di tipo DIRETTO che gli effetti di tipo INDIRETTO.
La differenza nella definizione dei VA per campo elettrico e magnetico è relativa al fatto che i VA inferiori  del Campo Elettrico (allegato al dlgs 159/2016 tabella B1 seconda colonna) sono definiti al fine di prevenire un importante effetto INDIRETTO: la generazione di scariche elettriche nell’ambiente di lavoro.  Pertanto nel caso dell'esposizione al Campo Elettrico il rispetto dei VA inf è quindi da valutarsi in tutto l'ambiente di lavoro, indipedentemente dalle posizioni effettivamente  occupate  dal lavoratore.
E' da tener presente che nei luoghi di lavoro con pericolo di esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili, il rispetto dei VAinf per il Campo Elettrico è un requisito di sicurezza in genere inderogabile al fine di prevenire incendi ed esplosioni.
Viceversa per il campo magnetico  i VA inferiori fissati per il campo magnetico  prevengono l' insorgenza di effetti sensoriali (fosfeni) , e pertanto il rispetto dei VA inf relativi al campo magnetico va valutato rispetto all' esposizione del cranio del lavoratore.

Con quali valori è necessario confrontarsi ai fini della valutazione del rischio?

La normativa intende prevenire sia gli effetti di tipo DIRETTO che gli effetti di tipo INDIRETTO
Il confronto con i Valori di Azione e con i Valori Limite di Esposizione fissati dal D.lgvo 81/08 così come modificato dal D.lgvo 159/2016 è da effettuarsi al fine di prevenire l'insorgenza degli EFFETTI BIOFISICI DIRETTI sui soggetti che non abbiano controindicazioni specifiche all'esposizione a CEM e/o altri effetti indiretti nell'ambiente di lavoro (innesco incendi/esplosioni, correnti di contatto etc.)
Gli EFFETTI INDIRETTI insorgono tipicamente a livelli espositivi molto inferiori ai Valori di Azione per gli effetti DIRETTI fissati dal D.lgvo 81/08 Titolo VIII Capo IV e smi, e possono avere gravi ricadute sulla salute (cfr. soggetti particolarmente sensibili) e sulla sicurezza (cfr. proiezione di oggetti ferromagnetici nel caso di campo magnetico statico).
Il primo degli effetti indiretti da prevenire, in quanto ha la soglia di insorgenza più bassa di tutti, è il malfunzionamento di Dispositivi Elettronici Impiantati Attivi (ad esempio defibrillatori impiantati o pacemaker): poiché tali attrezzature possono avere una funzione vitale, le conseguenze delle interferenze possono essere anche gravissime o letali.
È importante ricordare in ogni caso che la valutazione del rischio deve in primo luogo individuare le aree in cui vengono superati i limiti di esposizione (anche mediante la verifica del rispetto dei corrispondenti livelli di riferimento) per la POPOLAZIONE GENERALE, di cui alla raccomandazione 1999/519/CE. Tali aree andranno delimitate per prevenire l'accesso ai soggetti non professionalmente esposti, equiparabili ai soggetti della popolazione generale. L’individuazione di tali aree può essere efficace anche ai fini della tutela di alcune categorie di soggetti particolarmente sensibili, quali le donne in gravidanza, mentre può non esserlo nel caso di altre categorie, quali i portatori di dispositivi medici impiantabili attivi. Per questi ultimi, la valutazione del rischio richiede approfondimenti specifici da effettuare in stretta collaborazione col medico competente.

Come comportarsi all’esito della valutazione?

Qualora sia necessario ricorrere a misure organizzative per gestire i rischi derivanti da campi elettromagnetici, queste dovrebbero essere documentate nella valutazione dei rischi affinché tutti sappiano come occorre procedere, e siano formati sulle procedure specifiche da adottarsi nell’impiego delle sorgenti CEM  e nell’accesso alle aree ove sono impiegati  tali apparati. È necessario includere:
la descrizione di tutte le aree oggetto di restrizioni particolari all’accesso o allo svolgimento di una determinata attività;
informazioni dettagliate relative alle condizioni di accesso ad un’area o per lo svolgimento di una determinata attività;
i requisiti specifici di formazione per i lavoratori (per esempio la formazione richiesta per superare temporaneamente il VA inferiore);
i nominativi di coloro che sono autorizzati ad accedere alle aree, e che dovranno pertanto essere considerati professionalmente esposti a CEM;
i nominativi dei membri del personale responsabili della supervisione del lavoro o dell’attuazione delle restrizioni di accesso;
l’identificazione dei gruppi specificamente esclusi dalle aree, per esempio i lavoratori particolarmente sensibili al rischio CEM; (vedi art. 210 bis)
i particolari relativi alle disposizioni di emergenza, se del caso.
Copie delle procedure scritte devono essere consultabili nelle aree cui si riferiscono, e devono essere distribuite a tutte le persone potenzialmente interessate, ed illustrate nel corso dell’attività di formazione

Nel caso delle saldatrici ad arco la presenza di rischio da esposizione a CEM va sempre segnalato, anche in assenza di soggetti particolarmente sensibili?

Le saldatrici ad arco rientrano tra le tipologie di apparati che richiedono una valutazione specifica di CEM, in quanto il rischio espositivo ad esse associato è sempre da valutare e controllare.
La Tab. 3.2 della "Guida non vincolante di buone prassi per l'attuazione della Direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici” indica che qualora l’apparato sia conforme alle normativa di prodotto attuale:
·       CEI EN 50444 - Norma di base per la valutazione dell’esposizione umana ai campi elettromagnetici prodotti dalle apparecchiature per la saldatura ad arco e processi affini
·       CEI EN 50445 - Norma per famiglia di prodotti per dimostrare la conformità delle apparecchiature per la saldatura a resistenza, saldatura ad arco e processi affini ai limiti di base relativi all’esposizione umana ai campi elettromagnetici (0 Hz – 300 GHz)
in vigore dal 2008, questa sarà in grado di rispettare i VLE per i lavoratori, se usata conformemente a quanto specificato nel manuale di istruzioni ed uso. Inoltre nel manuale di istruzioni ed uso saranno indicate le azioni specifiche da adottare in azienda per tutelare i soggetti non professionalmente esposti, ed in particolare i soggetti sensibili.
Pertanto in questo caso la valutazione del rischio potrà limitarsi a recepire l'insieme delle informazioni contenute nel manuale di istruzione ed uso dell'apparato ed ad individuare le distanze di rispetto per la definizione delle zone di accesso popolazione/lavoratori (zonizzazione).
PER TUTTE LE ALTRE SALDATRICI, NON CONFORMI ALLE SOPRACITATE NORME DI PRODOTTO le distanze di rispetto potrebbero essere maggiori; inoltre il manuale di istruzioni ed uso potrebbe non contenere informazioni complete ai fini della valutazione del rischio. La consultazione della banca dati CEM del PAF alla voce "saldatrice" consente di individuare le tipiche esposizioni e le misure di tutela che vanno messe in atto per le saldatrici ad arco più diffuse, anche di vecchia generazione.
In ogni caso, come si evince dalla banca dati CEM del PAF, per qualsiasi saldatrice dovrà essere sempre predisposta una zonizzazione in maniera di segnalare il rischio con cartelli di pericolo e di delimitare l’area di saldatura con segnale di divieto di accesso ai portatori di pacemaker e dispositivi elettronici impiantati e ai soggetti sensibili, anche se in azienda al momento non sono presenti tali soggetti. L'area di rispetto da individuare è in genere a circa 2-3 metri di distanza dalla saldatrice.
Considerato che la valutazione del rischio deve essere ripetuta con periodicità quadriennale, se nell’arco dei quattro anni a un lavoratore che sia addetto o non addetto alla saldatura, viene impiantato un dispositivo elettronico,  questi dovrà essere in grado di individuare in quali aree dell’azienda sono presenti livelli di CEM potenzialmente interferenti con il suo dispositivo. Lo stesso vale per qualsiasi mutamento nella situazione di suscettibilità individuale che intercorra nell'arco dei quattro anni, quale ad esempio il caso di una lavoratrice che entri in stato di gravidanza, anche se non direttamente addetta alla saldatura, e; anche il Medico Competente deve essere al corrente dell’entità dell’estensione dell'area interdetta ai soggetti sensibili ("Zona 1")  per individuare le appropriate misure di tutela.
Viceversa, in assenza di zonizzazione e di segnaletica idonea, un qualsiasi soggetto sensibile potrà accidentalmente avvicinarsi ad un’area a rischio di esposizione a CEM. Le stesse considerazioni si applicano per i lavoratori  terzi che accedono in azienda, o in caso di saldature conto terzi.
Inoltre la delimitazione dell’area di saldatura è indispensabile anche ai fini di fornire una corretta formazione agli addetti in relazione alla presenza di un’area a rischio cem e roa intorno all’apparato, con particolare riguardo alle corrette procedure di lavoro e comportamento da assumere in zona 2 (caratterizzata dal superamento dei VA) anche al fine di garantire la conformità ai VLE e di prevenire eventuali effetti indiretti. 

Quando è presente e come valutare il rischio da correnti di contatto?

Le correnti di contatto costituiscono uno dei meccanismi di accoppiamento indiretto tra CEM e soggetti esposti.
Possono manifestarsi quando una persona entra in contatto con un oggetto, quale una struttura metallica, a diverso potenziale elettrico (cioè quando il corpo o l’oggetto sono caricati da un campo elettromagnetico).  L’intensità e la distribuzione spaziale di queste correnti dipende dalla frequenza, dalle dimensioni dell’oggetto, dalla taglia della persona e dall’area di contatto.
Con l'adozione di semplici misure organizzative, quali la rimozione di oggetti conduttori inutili, soprattutto quelli di grandi dimensioni, in prossimità della sorgente e nell’area ove si riscontrano livelli di campo superiori ai  VA, si potrà ragionevolmente escludere la presenza di correnti di contatto di rilievo protezionistico. 
Al fine di prevenire il rischio da correnti di contatto è indispensabile pertanto formare il personale sulla necessità di evitare l’introduzione di oggetti metallici in prossimità della sorgente CEM ovvero nell’area ad accesso regolamentato (zona 2), o qualora necessario, di indicare nell'ambito della valutazione del rischio le misure specifiche da adottare.  

Con quali valori di azione confrontarsi nel caso di esposizione localizzata agli arti?

Nel caso di esposizione al campo magnetico estremamente localizzata ai soli arti, i VA da applicare sono più elevati rispetto ai VA prescritti per la protezione dagli effetti sensoriali e sanitari (rispettivamente VA inferiori e superiori).
 Per esposizioni localizzate agli arti si fa riferimento unicamente alla “terza colonna” della Tabella B2 dell’Allegato XXXVI del D.lgvo 81/08 (VA per esposizione localizzata degli arti).
Per quanto riguarda l'esposizione localizzata agli arti non è previsto alcun valore di azione inferiore  in quanto questo è previsto esclusivamente per la prevenzione degli effetti sensoriali per esposizioni del SNC.  
Il  valore di azione da applicare per esposizione localizzata agli arti è più elevato di quello corrispondente a tronco e cranio, nonostante la soglia di stimolazione dei nervi sia la stessa, perché l’accoppiamento fra campo magnetico esterno e lo specifico settore del corpo è più debole, quindi nel caso degli arti  il campo elettrico indotto interno risulta essere inferiore a quello indotto nel tronco/cranio a parità di esposizione esterna. 

Quali valori limite applicare per le lavoratrici in gravidanza?

Sono stati riportati potenziali effetti derivanti dall’esposizione in gravidanza  a campi magnetici a bassa frequenza (1 Hz- 100 KHz). Nel complesso tuttavia le prove di un’associazione tra tali effetti e l’esposizione a campi a bassa frequenza sono ritenute molto deboli (ICNIRP, 2010). Un gruppo di esperti ha dichiarato che lo sviluppo del sistema nervoso in utero potrebbe essere vulnerabile ai campi elettrici indotti variabili nel tempo (NRPB, 2004). Lo stesso gruppo ha concluso che la limitazione dell’intensità dei campi elettrici indotti a circa 20 mV/m dovrebbe fornire una protezione adeguata allo sviluppo del sistema nervoso in utero. È stato verificato da modelli computazionali che è possibile conseguire tale risultato rispettando i livelli di riferimento per i campi a bassa frequenza specificati dalla raccomandazione (1999/519/CE) del Consiglio.
Per quanto riguarda l'esposizione alle RF e microonde, vi sono prove inconfutabili che l’innalzamento della temperatura corporea della madre influisce negativamente sull’esito della gravidanza, e che il sistema nervoso centrale, apparentemente, è particolarmente vulnerabile. È stato concluso che la limitazione del SAR mediato su tutto il corpo a 0,1 W/kg nelle donne in gravidanza dovrebbe fornire una protezione adeguata (NRPB, 2004). Questa è simile al limite di base per l’esposizione alla radiofrequenza di 0,08 W/kg specificato nella raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio per la protezione della popolazione generale.
L’esposizione delle lavoratrici in gravidanza pertanto deve essere valutata utilizzando i livelli di riferimento contenuti nella Raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio. Ciò dovrebbe fornire una protezione adeguata sia alle alte che alle basse frequenze. Qualora le sorgenti di CEM rientrino tra le sorgenti normate dai decreti di seguito riportati, dovranno essere applicati per le lavoratrici in gravidanza i valori limite più restrittivi previsti da detti decreti:
•Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”
•Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti

Esistono DPI per i CEM?

In base ai principi di prevenzione sanciti nel D.lgvo 81/08  la protezione collettiva dovrebbe sempre avere la priorità rispetto alle misure di protezione individuale. Talvolta tuttavia misure tecniche od organizzative che consentano un’adeguata protezione collettiva potrebbero non essere attuabili. In questi rari casi può essere necessario ricorrere a dispositivi di protezione individuale.
E' relativamente semplice schermare i campi elettrici, ma è difficile ottenere una protezione efficace dai campi magnetici. Di conseguenza il ricorso alla protezione individuale per offrire protezione dai campi elettromagnetici non è facilmente praticabile. L’efficienza della protezione individuale dipende dalla frequenza del campo, e pertanto i dispositivi di protezione adatti per una gamma di frequenza difficilmente sono adatti per altre gamme.
La scelta dei DPI  adeguati dipenderà dalla situazione specifica e dal tipo di rischi che si vogliono evitare. In funzione delle situazioni, calzature, stivali o guanti isolanti o anti-elettricità statica possono essere efficaci nella riduzione dei rischi. Se sono necessarie calzature isolanti, di norma basteranno stivali da lavoro resistenti oppure scarpe con pesanti suole di gomma. Qualora la valutazione riveli che questo tipo di calzature non sono adeguate, potrebbe essere necessario reperire un fornitore di dispositivi di sicurezza più specializzato.
Esistono DPI oculari per proteggere gli occhi dai campi ad alta frequenza.  In alcune situazioni potrebbe essere necessario l’utilizzo di tute protettive integrali, ma è opportuno ricordare che queste possono comportare nuovi rischi, impedendo i movimenti o impedendo la dispersione di calore per coloro che le indossano.
I dispositivi di protezione individuale devono essere sottoposti a manutenzione e ispezione adeguate per garantire che siano sempre idonei all’impiego previsto.
È opportuno accertare che i dispositivi di protezione individuale indossati per altri rischi siano compatibili con la presenza di forti campi elettromagnetici. Per esempio stivali di sicurezza con puntali in acciaio potrebbero non essere adatti in un ambiente con forti campi magnetici statici, e i campi magnetici a bassa frequenza, se sufficientemente forti, potrebbero riscaldare il rinforzo in acciaio. Alcune tute protettive hanno delle componenti elettroniche che possono essere soggette a interferenze in forti campi elettromagnetici. Problemi simili si riscontrano con gli otoprotettori attivi. 

Quali misure di tutela è necessario attuare se si rispettano i livelli di azione per i lavoratori?

L'art. 210 del D.lgvo 81/08 così come modificato dal D.lgvo 159/2016 prescrive al comma 2 che sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 209, il datore di lavoro elabora e applica un programma d’azione che comprenda misure tecniche e organizzative volte a prevenire qualsiasi rischio per lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio e qualsiasi rischio dovuto a effetti indiretti
Pertanto anche se si rispettano i livelli di azione per i lavoratori si dovrà comunque procedere alla individuazione delle aree di superamento dei livelli di riferimento per la popolazione generale contenuti nella Raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio dell’Unione Europea relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con frequenza da 0 Hz a 300 GHz. G.U. scaricabile dal PAF al link:
http://www.portaleagentifisici.it/fo_campi_elettromagnetici_normativa.php?lg=IT
Le aree di superamento dei livelli di riferimento per la popolazione generale andranno opportunamente delimitate e segnalate al fine di prevenire gli effetti dell’esposizione su soggetti particolarmente sensibili, con controindicazioni assolute o relative all’esposizione a CEM, indipendentemente dal fatto che in azienda siano presenti o meno lavoratori particolarmente sensibili all'atto della valutazione del rischio CEM.
Ciò in considerazione del fatto che la valutazione del rischio CEM è di norma aggiornata ogni quattro anni, ed in tale intervallo potrebbero intercorrere modifiche nella suscettibilità individuale dei lavoratori in relazione all'esposizione a CEM (esempio stato di gravidanza, impianto pacemaker etc.).
La procedura da applicarsi ai fini della delimitazione e segnalazione delle aree - con riferimento a quanto indicato dalla norma CEI EN 50499 ancora valida nell’approccio generale alla valutazione del rischio - è riportata alla  voce “prevenzione e protezione” della sessione CEM del PAF
Inoltre nel caso si riscontrino superamenti dei livelli di riferimento per la popolazione generale - anche se sono rispettati i Livelli di Azione per i lavoratori - andranno attuati gli artt. 184 e 210 bis del D.lgvo 81/08 ch  riguardano specificamente l’offerta di informazioni e formazione ai lavoratori che potrebbero essere esposti a rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro.  Pertanto nel caso siano presenti aree ove si riscontri il superamento dei livelli di riferimento per la popolazione generale il contenuto della formazione riguarderà necessariamente le  procedure specifiche da adottarsi nell’impiego delle sorgenti CEM  e nell’accesso alle aree ove queste sono impiegate  andranno impartite informazioni specifiche relative:
a)  alle condizioni di accesso alle aree ove si superano i Livelli di riferimento per la popolazione generale per lo svolgimento delle differenti attività;
b) le mansioni (possibilmente con elenco nominativo) di coloro che sono autorizzati ad accedere alle aree ad accesso regolamentato;
c)  nominativi dei membri del personale responsabili della supervisione del lavoro o dell’attuazione delle restrizioni di accesso;
d) l’identificazione dei gruppi specificamente esclusi da tali aree, per esempio i lavoratori particolarmente sensibili al rischio (vedi art. 210-bis del D.lgvo 159/2016).

In quali posizioni va verificato il rispetto dei VALORI DI AZIONE per gli effetti diretti? Quante misure vanno effettuate?

Per i criteri di valutazione dell’esposizione e di verifica di conformità ai limiti stabili dal D.lgvo 81/08, come modificato dal D.lgvo 159/2016, occorre distinguere i due casi relativi rispettivamente alla protezione dagli effetti non termici (Allegato XXXVI, parte II) e da effetti termici (Allegato XXXVI, parte III).
Effetti non termici.
Relativamente al campo magnetico statico, seguendo le indicazioni dell’ICNIRP (ICNIRP 2009), i VLE indicati nella Tabella A1 devono essere operativamente considerati come valori di picco spaziale nelle zone occupate dalla testa e dal tronco del soggetto esposto, o degli arti nel caso di esposizioni limitate a questi ultimi.
Nel caso dei campi variabili, i VLE relativi agli effetti sensoriali (1 Hz-400 Hz) per il campo elettrico interno sono riferiti al valore di picco spaziale nella testa del soggetto esposto; i VLE relativi alla protezione degli effetti sanitari (1Hz-10 MHz), sono riferiti al valore di picco spaziale sull’intero corpo del soggetto esposto.
Si ricorda che, nel caso del campo magnetico (frequenze fino a 400 Hz), se l’esposizione della testa supera i VA inferiori  sono possibili effetti sensoriali, come fosfeni o modifiche minori e transitorie dell’attività cerebrale. Viceversa, nel caso del campo elettrico, se l’esposizione supera il VA inferiore, la conformità al VA superiore non sarà di per sé sufficiente a evitare scariche elettriche fastidiose e scintille: in tali casi comunque è sempre necessario integrare la valutazione CEM con la valutazione del rischio atmosfere esplosive/materiali infiammabili.
Si precisa che i VA (inferiori e superiori) sono intesi come valori massimi imperturbati calcolati o misurati nello spazio occupato dal corpo del soggetto esposto (picco spaziale), in assenza di questo.
Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, il campo elettrico interno (in situ), e la conformità ai VLE, possono essere determinati caso per caso mediante dosimetria.
Come espresso nel D. lgvo 159/2016, l’individuazione del valore di picco spaziale comporta una valutazione dell’esposizione conservativa e, alla conformità a detti valori massimi, consegue la conformità automatica ai VLE in tutte le condizioni di esposizione.
Le misure devono essere in ogni caso rappresentative dell’andamento del campo sulle diverse parti del corpo del lavoratore esposto nella sua reale postura durante il lavoro in condizioni di campo non perturbato. In una fase preliminare dell’analisi è importante determinare il modo in cui il campo è distribuito rispetto alla posizione del lavoratore e il modo in cui il campo varia nell’insieme della postazione di lavoro. La valutazione deve tener conto del luogo in cui si registra la massima intensità di campo rispetto alla posizione del lavoratore; in molte situazioni il campo si riduce rapidamente con l’aumentare della distanza dalla sorgente. Se il campo varia considerevolmente su distanze molto brevi, è opportuno considerare con attenzione la dimensione della sonda poiché sonde di grandi dimensioni possono fornire risultati erronei. Il numero di misure deve ad ogni modo essere tale da rappresentare adeguatamente la variabilità spaziale del campo. In attesa dello sviluppo degli strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio previsti dall’articolo 28, comma 3 -ter del D.lgvo 81/2008e citati dal D.lgvo 159/2016, per il criterio di media spaziale ci si può riferire ad ogni modo a quanto indicato alla pag. 127 del Volume 1 della Guida Pratica non vincolante consultabile al link:
http://www.portaleagentifisici.it/filemanager/userfiles/cem/ElectromagneticFields_ita_2.pdf?lg=IT
Nei casi in cui vi sia una sorgente molto localizzata vicina al corpo, la conformità ai VLE dev’essere determinata caso per caso mediante dosimetria.
Infine, in caso di esposizione strettamente confinata agli arti, la verifica di conformità ai VA può essere effettuata restando ferma la necessità di valutare il rispetto dei VA su tutto il corpo del lavoratore, in particolare nei casi in cui la sorgente è vicina al corpo durante il suo utilizzo.
Effetti Termici
Anche nel caso degli effetti termici (al di sopra di 100 kHz) i VA per E e B corrispondono ai valori del campo elettrico e magnetico imperturbati, e sono intesi come valori massimi calcolati o misurati nello spazio occupato dal corpo del lavoratore o parti specifiche di questo. Poiché i limiti di esposizione sono finalizzati a prevenire eccessivo riscaldamento sistemico o localizzato in ogni parte del corpo, al fine di semplificare la valutazione della conformità ai VLE, si consigliano almeno 4 misure in corrispondenza di testa, tronco, arti superiori e inferiori. Anche in questo caso il numero di misure deve essere tale da rappresentare adeguatamente la variabilità spaziale del campo. In attesa dello sviluppo degli strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio previsti dall’articolo 28, comma 3 -ter del D.lgvo 81/2008e citati dal D.lgvo 159/2016, per il criterio di media spaziale ci si può riferire ad ogni modo a quanto indicato alla pag. 128 del Volume 1 della Guida Pratica non vincolante consultabile al link:
http://www.portaleagentifisici.it/filemanager/userfiles/cem/ElectromagneticFields_ita_2.pdf?lg=IT
Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, la conformità ai VLE può essere determinato caso per caso mediante dosimetria.
Nell’intervallo di frequenze 10-110 MHz in condizioni di esposizione ad un campo elettrico fortemente disomogeneo e stretta prossimità con la sorgente è indispensabile anche la misura della corrente indotta attraverso gli arti (esistono strumenti commercialmente disponibili) da confrontarsi con il relativo valore di azione

In quali casi va fatta la delimitazione delle aree con segnaletica?

La segnaletica di identificazione della presenza di campi elettromagnetici entra in gioco, ai sensi dell’art.210, comma 4 del DLgs. 81/2008 e smi, nel caso in cui vi siano aree in cui i lavoratori possono essere esposti a campi elettromagnetici che superano i valori d’azione.
Ai sensi di detto articolo sussiste l’obbligo di  identificazione e limitazione dell’accesso di tali aree con segnaletica opportuna
Lo  stesso art. 210 prescrive al comma 2 che sulla  base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 209, il datore di lavoro elabora e applica un programma d’azione che comprenda misure tecniche e organizzative volte a prevenire qualsiasi rischio per lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio e qualsiasi rischio dovuto a effetti indiretti
Pertanto anche le aree di superamento dei livelli di riferimento per la popolazione generale andranno opportunamente delimitate e segnalate al fine di prevenire gli effetti dell’esposizione su soggetti particolarmente sensibili, con controindicazioni assolute o relative all’esposizione, anche se questi non sono presenti nell'azienda al momento della valutazione del rischio CEM.
Considerato che la valutazione del rischio deve essere ripetuta con periodicità quadriennale, se nell’arco dei quattro anni a un lavoratore che sia addetto o non addetto alla sorgente CEM, viene impiantato un dispositivo elettronico,  questi dovrà essere in grado di individuare in quali aree dell’azienda sono presenti livelli di CEM potenzialmente interferenti con il suo dispositivo. Lo stesso vale per qualsiasi mutamento nella situazione di suscettibilità individuale che intercorra nell'arco dei quattro anni, quale ad esempio il caso di una lavoratrice che entri in stato di gravidanza, anche se non direttamente addetta alla saldatura; anche il Medico Competente deve essere al corrente dell’entità dell’estensione dell'area interdetta ai soggetti sensibili ("Zona 1")  per individuare le appropriate misure di tutela.
Viceversa, in assenza di zonizzazione e di segnaletica idonea, un qualsiasi soggetto sensibile potrebbe accidentalmente avvicinarsi ad un’area a rischio di esposizione a CEM. Le stesse considerazioni si applicano per i lavoratori  terzi che accedono in azienda. 
 
La procedura da applicarsi ai fini della delimitazione e segnalazione delle aree - con riferimento a quanto indicato  dalle norme di buona tecnica - è riportata alla voce “prevenzione e protezione” della sessione CEM del PAF al seguente link:http://www.portaleagentifisici.it/fo_campi_elettromagnetici_prevenzione_e_protezione.php?lg=IT

Quale deve essere la durata delle misure dei CEM ai fini del confronto con i Valori di Azione?

Il rispetto dei VLE e dei VA in relazione agli effetti di stimolazione elettrica (effetti non termici) fino alla frequenza di 10 MHz deve essere garantito su base istantanea, senza alcuna operazione di media temporale. Lo stesso criterio si applica ai VA per la corrente di contatto e ai VA per i campi magnetici statici ai fini della prevenzione da effetti e rischi indiretti.
Nel caso di segnali complessi con elevati transitori, o comunque di forma d’onda non sinusoidale, caratterizzati da uno spettro più o meno complesso di frequenze, molto comuni nella maggior parte degli ambienti industriali e biomedici, si deve ricorrere all’applicazione di metodiche di valutazione riconducibili al caso di “esposizione simultanea a campi a frequenze multiple”. Il metodo di elezione per la valutazione strumentale di tali segnali è quello del “picco ponderato” (ICNIRP 2003, 2010): ciò richiede che tale metodo sia implementato sullo strumento a disposizione, e che detto strumento sia dotato di un rivelatore di picco adeguato alla natura del segnale. Andranno analizzate in dettaglio le informazioni fornite dal costruttore dello strumento e confrontate con le caratteristiche dinamiche del segnale che si intende misurare. In questi casi la durata dell’acquisizione deve essere in ogni caso tale da garantire che sia valutata la condizione più sfavorevole con riferimento all’esposizione dell’operatore (ad esempio l’innesco dell’arco nel caso di una saldatrice ad arco).
Per campi a frequenze tra 100 kHz e 10 GHz e in relazione agli effetti sanitari (effetti termici) la valutazione dell’esposizione va effettuata considerando la potenza media per ogni intervallo di 6 minuti, per tenere in conto i tempi di risposta del sistema di termoregolazione del corpo umano. Nell’intervallo 100 kHz – 6 GHz i VLE sono espressi in termini di SAR  (locale o a corpo intero) e devono essere mediati per ogni intervallo di sei minuti.
Al di sopra di 6 GHz i VLE sono espressi in termini di densità di potenza. Le densità di potenza a frequenze comprese tra 6 e 10 GHz devono essere mediate per ogni periodo di sei minuti.
Al di sopra di 10 GHz la densità di potenza deve essere mediata su periodi di 68/f 1,05 minuti (dove f è la frequenza in GHz) per tenere conto della graduale diminuzione della profondità di penetrazione con l’aumento della frequenza.
Corrispondentemente il quadrato dei VA (campo elettrico e magnetico, VA(E) e VA(B)), la densità di potenza VA(S) (frequenze tra 6 e 10 GHz) e il quadrato del Va per la corrente indotta negli arti (frequenze 10 – 110 MHz) devono essere mediati per ogni periodo di sei minuti.  Il rispetto del VA (S) per la densità di potenza deve inoltre essere garantito in termini di valore medio per ogni superficie corporea esposta di 20 cm2, con la condizione aggiuntiva che la densità di potenza mediata su ogni superficie di 1 cm2 non superi il valore di 1000 Wm-2.
Nel caso di segnali impulsivi a radiofrequenza, la densità di potenza di picco (vale a dire mediata sulla durata dell’impulso) non deve superare di 1000 volte il valore di VA (S) tabellato.
Si suggerisce ad ogni modo di impostare una prima valutazione riferita alle condizioni di massima emissione della macchina, ed approfondire la media sui sei minuti (comunque quelli più sfavorevoli) solo se i valori di azione risultano superati in tale condizione estrema.
Non deve essere in ogni caso applicata alcune media temporale al fine del confronto con i livelli di riferimento per la popolazione generale derivati dalla Raccomandazione 519/1999/CE in relazione alla tutela dei portatori di dispositivi impiantabili attivi.
Infine per le esposizioni localizzate al capo nell’intervallo di frequenza 0,3-6 GHz, viene fissato un limite aggiuntivo (SA ≤ 10 mJ/kg come media su ogni massa di 10 g di tessuto) per la prevenzione degli effetti acustici dovuti a termodilatazione. Tale limite è comunque verificabile solo con tecniche di calcolo numerico. 

Quali requisiti deve avere la strumentazione per la misura dei CEM?

La scelta della strumentazione di misura deve essere in primo luogo orientata alle tipologie di sorgenti /segnali da misurare.
E’ possibile individuare  4 principali tipologie di strumentazione di misura utiizzabili ai fini della valutazione del rischio occupazionale, in relazione alle sorgenti comunemente riscontrabili in ambiente di lavoro:
1)  Campi statici: strumenti per campo magnetico statico e strumenti per il campo elettrostatico: forniscono solo il valore del campo statico, in questo caso non viene fornito  un indice di esposizione ma un valore di campo con cui si effettua il confronto con i VA e/o valori di riferimento per effetti indiretti e/o valori di riferimento per popolazione generale;
2) Campi elettromagnetici a bassa frequenza (fino a 400KHz): in questa gamma di frequenze in genere è necessario usare  strumenti che forniscano  l’indice di esposizione con il metodo del picco ponderato. In generale è necessario  misurare separatamente sia il campo elettrico che il campo magnetico
3) Campi elettromagnetici a frequenze intermedie: da qualche centinaio di KHz a 10 MHz: è necessario che lo strumento fornisca sia l’ indice di esposizione per gli effetti termici che l’indice di esposizione in relazione agli effetti  di stimolazione (fino a 10MHz). Non è più necessario il calcolo dell’indice con il metodo del picco ponderato. E’ necessario misurare separatamente campo elettrico e magnetico.
4) Campi a frequenza molto alta (microonde),  da 1 GHz a 300 GHz:  in questo intervallo  i limiti non variano con la frequenza: se la sorgente è stazionaria è possibile in genere utilizzare uno strumento a banda larga che fornisca  solo il valore totale del campo elettrico, o di quello magnetico o della densità di potenza.
La strumentazione utilizzata per le misure deve rispondere ad una serie di specifiche fissate nelle norme di buona tecnica, ed in particolare nelle norme CEI 211-6 e 211-7, riguardanti parametri quali l’intervallo dinamico e di frequenza, la risposta in frequenza, l’isotropia, la linearità in ampiezza, la sicurezza e compatibilità elettromagnetica, la risposta a segnali multifrequenza o modulati, la reiezione a campi elettrici o magnetici, l’incertezza strumentale e il tipo di rivelatore che implementa lo strumento rispetto al segnale da misurare. Tutte le informazioni relative a questi parametri devono essere contenute nelle specifiche tecniche fornite all’acquisto dello strumento o nel certificato di taratura. 
E' da tenere presente che in molte situazioni il campo si riduce rapidamente con l’aumentare della distanza dalla sorgente.
Se il campo varia considerevolmente su distanze molto brevi, è opportuno considerare con attenzione la dimensione della sonda poiché sonde di grandi dimensioni possono fornire risultati erronei.

Con quale periodicità va tarata la strumentazione di misura dei CEM?

La strumentazione utilizzata per le misure deve rispondere ad una serie di specifiche fissate dalle norme di buona tecnica, ed in particolare dalle norme CEI 211-6 e 211-7, riguardanti parametri quali l’intervallo dinamico e di frequenza, la risposta in frequenza, l’isotropia, la linearità in ampiezza, la sicurezza e compatibilità elettromagnetica, la risposta a segnali multi-frequenza o modulati, la reiezione a campi elettrici o magnetici, l’incertezza strumentale e il tipo di rivelatore che implementa lo strumento rispetto al segnale da misurare. Tutte le informazioni relative a questi parametri devono essere contenute nelle specifiche tecniche fornite all’acquisto dello strumento o nel certificato di taratura
La strumentazione utilizzata deve essere tarata presso laboratori che garantiscano la riferibilità a campioni nazionali (LAT - Laboratori di Taratura accreditati da ACCREDIA) o internazionali (ad es. accreditamento UKAS in Gran Bretagna, ecc.). La periodicità della taratura non è fissata da norme cogenti, ma secondo le norme di buona tecnica (ad es. CEI 211-6 e 211-7) deve essere almeno biennale. Se il manuale di istruzioni ed uso dello strumento richiede una diversa periodicità, in relazione alle specifiche costruttive dello stesso, bisognerà attenersi alle indicazioni fornite dal costruttore.

Cosa si intende per “personale qualificato” ai fini della valutazione del rischio CEM?

I riferimenti legislativi vanno ricercati tanto nell’art.32 quanto nell’art.181 del DLgs.81/2008 ove si afferma che il personale qualificato deve avere specifiche conoscenze in materia di rischi da agenti fisici. In questo contesto la dicitura “personale qualificato” definisce correntemente un operatore che abbia sostenuto un corso di qualificazione conclusosi con una valutazione positiva e documentabile dell’apprendimento. In assenza di qualsiasi riferimento su durata e contenuti del corso e sui soggetti autorizzati alla valutazione ed all’espressione della certificazione finale, si suggerisce di giudicare il “personale qualificato” essenzialmente sulla base del curriculum (richiedergli di documentare un curriculum specifico nel settore ed in particolare la partecipazione ad almeno un corso teorico-pratico sulla materia) e del rispetto delle norme di buona tecnica e di buona prassi seguite nella valutazione del rischio.
Qualora siano richieste misurazioni specifiche di CEM, il personale incaricato delle misurazioni  dovrà utilizzare  apparecchiature e metodologie appropriate, e dovrà produrre una relazione tecnica conforme a quanto indicato dalle norme di buona tecnica applicabili. Indicazioni sui requisiti di questa figura professionale che potrebbero orientare la scelta del datore di lavoro sono contenute nel documento “La figura professionale dell’esperto nella valutazione dei rischi da campi elettromagnetici (0 Hz–300 GHz) e da radiazione ottica coerente e incoerente” redatto a cura della CIIP (Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione)

Come si valuta il rischio per portatori di di dispositivi medici passivi?

LI lavoratori portatori di dispositivi medici o protesi impiantate devono essere considerati lavoratori particolarmente sensibili al rischio. 
Numerosi impianti medici possono essere metallici o contenere parti metalliche. Tra questi si annoverano protesi articolari, chiodi, piastre, viti, clip chirurgiche, clip per aneurisma, stent, protesi valvolari cardiache, anelli per annuloplastica, impianti contraccettivi e casi di AIMD e otturazione dentali.
Se questi dispositivi contengono materiali ferromagnetici, questi possono subire effetti di torsioni e forze in presenza di forti campi magnetici statici. Dagli studi condotti finora non emergono indicazioni che induzioni magnetiche statiche di 0,5 mT o inferiori esercitino effetti sufficienti per creare pericoli per la salute (ICNIRP, 2009). Ciò è coerente con il VA specificato nella direttiva relativa ai campi elettromagnetici per evitare interferenze con gli DMIA nei campi magnetici statici.
Nel caso di esposizione a campi variabili nel tempo, gli impianti metallici possono perturbare il campo elettrico indotto nel corpo creando regioni localizzate di forti campi. Inoltre gli impianti metallici potrebbero essere riscaldati induttivamente; le conseguenze sarebbero riscaldamento e lesioni termiche dei tessuti circostanti. Inoltre ciò può causare il guasto dell’impianto.
Ci sono pochi dati su cui basare una valutazione dei rischi cui sono esposti coloro che indossano impianti passivi. Un fattore da considerare è la frequenza dei campi elettromagnetici poiché la penetrazione del campo nel corpo diminuisce all’aumentare della frequenza, tanto che può esserci poca o nessuna interazione tra campi ad alta frequenza e la maggior parte degli impianti, che sono collocati entro una massa di tessuto circostante.
Il riscaldamento induttivo sufficiente a provocare lesioni termiche ai tessuti circostanti dipenderà pertanto dalla frequenza e intensità del campo nonché dalle dimensioni e della massa dell’impianto. Tuttavia, la conformità alla Raccomandazione 1999/519/CE dovrebbe fornire un’adeguata protezione; esposizione a campi più intensi potrebbero essere consentiti in alcune circostanze, previa specifica valutazione

Come si valuta il rischio per portatori di pacemaker ed altri dispositivi medici impiantati attivi (DMIA)?

I lavoratori portatori di DMIA devono essere considerati lavoratori particolarmente sensibili al rischio. 
Esistono molti dispositivi attivi impiantabili negli esseri umani a scopi medici. Tra questi ricordiamo:
.    stimolatori cardiaci,
.    defibrillatori,
.    impianti cocleari,
.    impianti al tronco encefalico,
.    protesi dell’orecchio interno,
.    neurostimolatori,
.    pompe per l’infusione di farmaci,
.    codificatori della retina.
Tutti i DMIA immessi sul mercato dopo il primo gennaio 1995 devono rispettare i requisiti essenziali della direttiva 90/385/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi. A partire dal 2007 tale direttiva, unitamente a quella sui dispositivi medici (93/42/CEE), è stata integrata all’interno di una unica direttiva, la 2007/47/CE. Per quanto riguarda i campi elettromagnetici, la direttiva 2007/47/CE stabilisce che i dispositivi medici devono essere progettati e fabbricati in modo da eliminare o ridurre al minimo i rischi connessi con condizioni ambientali ragionevolmente prevedibili, in particolare quelli connessi con i campi magnetici, le influenze elettriche esterne, le scariche elettrostatiche. Nella pratica questo requisito si traduce nell’applicazione, da parte dei fabbricanti dei dispositivi, di specifiche norme tecniche armonizzate (EN45502-1 e la serie EN45502-2-X di norme particolari), che derivano i requisiti di immunità elettromagnetica dai livelli di riferimento indicati dalla Raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio Europeo per la protezione della popolazione. Si assume infatti che l’esposizione del paziente sia sempre limitata a campi di un ordine di grandezza che è probabile trovare nell’ambiente «normale» ovvero dovuti alle più comuni sorgenti ambientali. Tali norme non valutano l’immunità dei dispostivi a segnali associati a sorgenti particolari presenti negli ambienti di lavoro, per i quali rimandano ad analisi ulteriori da effettuarsi direttamente con il costruttore del dispositivo, con il datore di lavoro e con il medico curante (ad esempio per la possibilità di impostazioni non standard per l’AIMD).
A supporto dei datori di lavoro la norma il CENELEC ha sviluppato una norma, la EN 50527-1, che definisce una metodologia generale per effettuare la valutazione del rischio di soggetti portatori di uno o più DMIA.
L'assunto di base è che i dispositivi medici funzionino correttamente, qualora non siano superati i livelli di esposizione stabiliti per la popolazione generale dalla Raccomandazione 1999/519/CE, quando impiantati e programmati conformemente alle buone pratiche mediche (approccio derivato dalla EN 45502-1).
La norma EN50527-1 definisce pertanto una lista di apparati/condizioni espositive (Tabella 1) che si assume producano campi elettromagnetici che non eccedono i livelli di riferimento per la popolazione generale e quindi possano ritenersi sicuri per i portatori di DMIA purché vengano rispettate le indicazioni riportate nella colonna “Eccezione e Note” della tabella stessa. Per i campi magnetici statici o quasi statici (fino a qualche Hz) si consiglia di non superare il livello di 1 mT se non per esposizioni di breve durata.
Condizioni specifiche che contrastano questo approccio possono derivare ad esempio da una particolare configurazione del DMIA, dovuta ad esigenze specifiche del paziente, o nel caso in cui il fabbricante del dispositivo dichiari esplicitamente di non aver rispettato i requisiti di immunità del DMIA richiesti dalle norme armonizzate (EN45502-1 e la serie EN45502-2-X di norme particolari).
Un approccio del tutto analogo è delineato nella norma EN50527-2-1 specificatamente rivolta alla valutazione del rischio per i portatori di pacemaker.
E’ da tener presente che il confronto con i valori di riferimento della Raccomandazione 1999/519/CE ai fini di garantire l'immunità del dispositivo è su base istantanea, senza includere alcuna media temporale.
L’ approccio delineato nella norma EN50527-1 è del tutto coerente con quanto indicato dalle Guide Non Vincolanti previste dall’Articolo 14 della Direttiva 2013/35/UE.
Ai fini della valutazione del rischio per portatori di DMIA occorre pertanto in primo luogo accertare quali apparecchiature e attività potenzialmente interferenti con i DMIA sono presenti nel luogo di lavoro, e se ci siano lavoratori che indossano DMIA. È opportuno osservare che non tutti i lavoratori dichiarano di essere portatori di DMIA, e l’esperienza dimostra che spesso il lavoratore tende a non fornire questa informazione per timore che possa influire sull’attività lavorativa.
Se tutte le sorgenti individuate rientrano nella tabella 1 di seguito riportata e sono utilizzate come specificato nella stessa, il processo di valutazione del rischio può essere considerato concluso e non sono necessarie ulteriori azioni. In altri casi (apparati che non ricadono nella lista di esclusione o che non sono utilizzati secondo quanto specificato nelle note della lista stessa, una particolare configurazione del DMIA dovuta ad esigenze specifiche del paziente o, come già detto,  nel caso in cui il fabbricante del dispositivo dichiari esplicitamente di non aver rispettato i requisiti di immunità del DMIA richiesti dalle norme armonizzate) può essere necessario effettuare valutazioni più approfondite seguendo le indicazioni riportate nell’Allegato A della norma EN 50527-1.
La valutazione del rischio per i portatori di DMIA dovrà necessariamente avvalersi in ogni caso della collaborazione del medico competente, anche sulla base delle informazioni fornite dal medico o struttura curante del paziente e dal produttore del dispositivo che potrà fornire indicazioni sulle sue caratteristiche ed in particolare sui livelli di immunità e le tipologie di possibili malfunzionamenti in ottemperanza a quanto prescritto dalla conformità al marchio CE
Se il dispositivo indossato dal lavoratore è più vecchio, sarà necessario effettuare una valutazione specifica. Questa dovrebbe basarsi sulle caratteristiche note del dispositivo.
Indipendentemente dal percorso seguito, il processo di valutazione del rischio dovrà comunque terminare con l’individuazione delle aree di accesso (continuativo/transitorio) o di interdizione per il lavoratore e/o con l’adeguamento della postazione di lavoro o dell’attività lavorativa.

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Come si valuta il rischio per lavoratori con dispositivi medici portati sul corpo?

I lavoratori portatori di dispositivi medici portati sul corpo rientrano tra i soggetti particolarmente sensibili all'esposizione a CEM.
I dispositivi medici portati sul corpo -quali ad esempio le pompe per infusione di farmaci/ormoni -  rientrano nel campo di applicazione della direttiva concernente i dispositivi medici (93/42/CEE modificata). Pertanto, in mancanza di informazioni più specifiche, le considerazioni relative alla valutazione sono uguali a quelle dell’interferenza con altre attrezzature mediche elettroniche.
Dal 30 giugno 2001 tutte le attrezzature elettroniche mediche immesse sul mercato messe in servizio nell’Unione europea devono rispettare i requisiti essenziali della direttiva concernente i dispositivi medici (93/42/CEE modificata). In realtà gran parte delle apparecchiature messe in servizio dopo il 1 gennaio 1995 sono conformi alla direttiva concernente i dispositivi medici.
I requisiti essenziali prevedono che i dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo da eliminare o ridurre al minimo i rischi connessi con condizioni ambientali ragionevolmente prevedibili, in particolare quelli connessi con i campi magnetici, le influenze elettriche esterne, le scariche elettrostatiche.
In pratica i fabbricanti ottengono la conformità ai requisiti essenziali della direttiva concernente i dispositivi medici fabbricando i propri prodotti nel rispetto di un’appropriata norma armonizzata. Per quanto riguarda l’immunità alle interferenze, la norma principale è la EN60601-1-2, benché anche norme particolari possano contenere prescrizioni in materia. Benché i requisiti essenziali per l’immunità ai campi elettromagnetici siano identiche nella direttiva concernente i dispositivi medici e nella direttiva per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA), l’interpretazione nelle norme armonizzate non lo è. Le versioni di EN60601-1-2, fino all’edizione 3 inclusa (2007) prescrivono che le funzioni essenziali dell’apparecchiatura non devono essere compromesse dall’esposizione a:
·      campi magnetici a frequenza industriale fino 3 A/m (3,8 μT);
·      intensità di campo elettrico fino a 3 V/m a frequenze da 80 MHz a 2,5 GHz (i campi a modulazione di ampiezza hanno di solito 1 kHz);
·      per le apparecchiature di sostegno vitale l’immunità all’intensità di campo elettrico tra 80 MHz e 2,5 GHz è aumentata a 10 V/m.
Sulla base di questi valori è possibile valutare il potenziale di interferenza con le attrezzature mediche elettroniche. L’edizione 4 (2014) di EN60601-1-2 affronta il problema della coerenza tra la direttiva concernente i dispositivi medici e la direttiva per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi. Essa impone al fabbricante di prevedere ambienti adatti per l’uso e rende più rigorosi i livelli di immunità per i dispositivi da utilizzare nell’assistenza sanitaria domestica. La norma ammette altresì che raggiungere questi obiettivi di immunità sarebbe difficile per le apparecchiature concepite per monitorare parametri fisiologici. Per tali apparecchiature ammette quindi un’immunità inferiore, considerando che saranno prevedibilmente utilizzate in ambienti a basso campo.
Tuttavia in generale i dispositivi portati sul corpo non dovrebbero essere più sensibili degli AIMD e i dispositivi che non sono programmati per captare parametri fisiologici potrebbero essere meno sensibili di alcuni AIMD.
Pertanto è sempre consigliabile contattare il fabbricante del dispositivo per chiedere informazioni sull’immunità alle interferenze. 

Perché i valori di esposizione in Banca Dati CEM sono forniti come indici percentuali?

La maggior parte degli apparati sorgenti di CEM nei luoghi di lavoro producono forme d’onda complesse che sono costituite da una serie di frequenze.
 Essendo i limiti di esposizione dipendenti dalla frequenza, nel caso di un segnale con componenti spettrali a più frequenze, non ci si può riferire ad un unico valore del limite. 
In  genere ai fini del confronto con i differenti VA  le emissioni di CEM rilevate negli ambienti di lavoro  devono essere espresse utilizzando indici percentuali in accordo con quanto prescritto dalla  Direttiva Europea 2013/35 recepita con D.lgvo n.159 1 agosto 2016,  che afferma che il metodo più indicato per valutare gli effetti di stimolazione  è quello del “picco ponderato”, mentre per gli effetti termici si utilizza la somma dei contributi quadratici alle differenti frequenze.
Un indice percentuale inferiore al 100% indicherà il rispetto dei rispettivi livelli di riferimento/valori di azione presi in esame ai fini del confronto.
Un indice percentuale superiore al 100% indicherà il superamento dei rispettivi livelli di riferimento/valori di azione presi in esame ai fini del confronto.
Unica eccezione è l'esposizione a Campo Magnetico Statico, in cui il confronto con il Valore di Azione  può essere effettuato in termini di intensità di campo magnetico statico (0 Hz) espresso  in Tesla o sottomultipli.

Come valutare l’incertezza di misura dell’esposizione a CEM?

L’incertezza di misura, in qualsiasi tipologia di misurazione, deriva da una combinazione di fattori, tra cui l’errore sistematico relativo alle caratteristiche dello strumento di misurazione e l’errore casuale che può derivare dal modo in cui la misurazione stessa viene effettuata, e dipende in genere dalla variabilità spaziale e temporale delle misure,  dalle caratteristiche di emissione della sorgente, da fattori geometrici e ambientali che condizionano la misura etc. È importante che colui che effettua le misure identifichi le potenziali fonti di errore, e quantifichi  l’incertezza massima associata a ciascuna fonte. In generale le stime quantitative dell’incertezza si effettuano in due modi.  Possono essere derivate da una valutazione statistica di letture ripetute (valutazione di tipo A), oppure possono essere stimate usando una varietà di altre informazioni come l’esperienza passata, specifiche del fabbricante della sorgente in esame, informazioni pubblicate, calcoli etc. (valutazione di tipo B).
L’incertezza strumentale (errore sistematico) si desume dal certificato di taratura dello strumento e dalle specifiche fornite dal costruttore.
Lincertezza  totale di misura si ottiene calcolando la radice quadrata della somma dei quadrati delle singole incertezze.
Una volta identificate tutte le singole fonti di errore e quantificate le incertezze che ne derivano si può calcolare l’effetto cumulativo seguendo le regole prestabilite che governano la «propagazione dell’incertezza». Ciò consente di stimare l’incertezza complessiva associata a una misura che può essere espressa come «intervallo di fiducia». La percentuale di fiducia associata all’intervallo di fiducia si ottiene applicando un fattore di copertura k correlato a una curva di probabilità a campana. Un k uguale a 1 corrisponde a una fiducia del 68 %, un k = 2 al 95 %, un k = 3 al 99,7 %.  Il prodotto tra il fattore k prescelto è l’incertezza di misura è denominato incertezza estesa.
In genere in igiene industriale la buona prassi metrologica indica  che  l’incertezza estesa sia  sommata al valore misurato ai fini della comparazione del risultato finale di misura  con i limiti del caso, come ad esempio avviene nella misura dell’esposizione occupazionale a rumore, dove la norma UNI 9432 indica di sommare  al valor medio misurato l’incertezza estesa -calcolata con intervallo di confidenza del 95%;  in tal modo  è possibile  assumere le azioni di prevenzione e protezione sul valore così calcolato, avendo solo il 5% di probabilità di esposizioni superiori al risultato ottenuto nell’ambito della valutazione.

Come si gestisce il rischio CEM nell'ambito della valutazione dei rischi interferenti e nei cantieri?

In riferimento al Titolo VIII Capo IV, il datore di lavoro committente nel promuovere la cooperazione e il coordinamento delle misure di prevenzione con le imprese con le quali attiva un contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione o nel redigere nei casi previsti il Documento unico di valutazione dei rischi interferenti (DUVRI) di cui all’art.26 del DLgs.81/2008, indicherà innanzitutto i luoghi di lavoro dove i lavoratori potrebbero essere esposti a CEM che superano i livelli di azione precisando le misure di prevenzione e protezione da adottarsi (aree ad accesso interdetto; procedure di accesso alle aree ad accesso regolamentato; limitazione della durata delle esposizioni, possibili interferenze, impiego DPI, utilizzo di misuratori personali etc. ...). Nel caso in cui, le esposizioni a CEM dei lavoratori pur non superando il livello di azione possano superare il livello di riferimento raccomandato per la popolazione, il datore di lavoro né darà ugualmente comunicazione al fine di prevenire eventuali rischi per i lavoratori portatori di dispositivi/impianti medicali attivi o passivi e soggetti sensibili.
Il tema dei rischi interferenti è particolarmente pertinente nel caso della protezione dei lavoratori che svolgono mansioni che prevedono la salita su torri e tralicci per le telecomunicazioni. In questi casi è infatti frequente la condivisione del supporto fisico (il traliccio) o del sito tra più esercenti, e spesso l'attribuzione dell'incarico di intervento o manutenzione su un particolare elemento avviene in regime di sub-appalto. Al fine di una valutazione completa del rischio si raccomanda che il datore di lavoro committente si rapporti con gli altri esercenti per ottenere informazioni sulle complessive emissioni del sito, da trasferire all’appaltatore verbalmente o, quando dovuto, all’interno del DUVRI.
Il Coordinatore alla sicurezza in fase di progettazione (CSP) all’atto dell’elaborazione del Piano di sicurezza e di coordinamento (PSC; art.100, DLgs.81/2008) dovrà prendere in considerazione il problema relativo all’esposizione a CEM in particolare in relazione a:
campi generati da sorgenti (ad es.: linee elettriche ad alta tensione, ripetitori, cabine, antenne ...) poste in prossimità o all’interno dell’area del cantiere segnalandone i valori stimati di esposizione;
alla possibile presenza di attività lavorative eseguite con attrezzature che potrebbero comportare un’esposizione a CEM (esempio saldature) .
Il Piano operativo di sicurezza (POS) redatto dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice conterrà le informazioni relative alle attrezzature che potrebbero comportare il superamento dei VA. Inoltre esso dovrà contenere le informazioni relative all’eventuale superamento dei livelli di riferimento raccomandati per la popolazione per le attività vicine (ai fini della prevenzione degli effetti per i portatori di dispositivi impiantabili e dei soggetti sensibili) e l’indicazione delle misure/procedure adottate per prevenire i rischi da effetti diretti o indiretti dell'esposizione a CEM. Il Coordinatore alla sicurezza in fase di esecuzione (CSE) adeguerà, se necessario, il PSC prevedendo le misure di prevenzione e protezione o l’idonea informazione in relazione alle possibili interferenze tra le diverse attività lavorative presenti nel cantiere.

Quali sono i lavoratori professionalmente esposti a CEM?

Secondo la definizione data dalla Legge Quadro sulla protezione dai campi elettromagnetici all’art.2, comma 1, lettera f),  l’esposizione dei lavoratori è “ogni tipo di esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici che, per la loro specifica attività lavorativa, sono esposti a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.
Sono quindi da intendersi esposizioni di carattere professionale quelle strettamente correlate e necessarie alle finalità del processo produttivo.
Le esposizioni  a CEM  di lavoratori che si trovino ad operare in prossimità di sorgenti emettitrici di CEM non correlate con la specifica attività svolta dai lavoratori, e che non ricadono  sotto la gestione del datore di lavoro devono essere contenute, a carico dei gestori, entro i limiti vigenti per la tutela della popolazione. Sarà compito e cura del gestore della sorgente CEM delimitare le aree ove si riscontra il superamento dei livelli di riferimento della popolazione generale con idonea segnaletica di sicurezza e di pericolo.
Il datore di lavoro deve ad ogni modo valutare il rischio ed eventualmente verificare il rispetto della normativa vigente da parte dell’esercente della sorgente,  anche avvalendosi dell’organo di controllo.
Le esposizioni indebite/involontare a sorgenti non correlate con la specifica attività dei lavoratori che ricadono sotto la gestione del datore di lavoro, devono essere eliminate o ricondotte entro le restrizioni previste dalla normativa vigente per la tutela della popolazione.
La regola generale da seguire in proposito, possibilmente in sede di progettazione dei luoghi di lavoro, è quella di installare gli apparati emettitori di CEM in aree di lavoro adibite ad uso esclusivo degli stessi e comunque ad una distanza adeguata dalle altre aree di lavoro ove stazioni personale non professionalmente esposto . 

E’ opportuno effettuare misurazioni per valutare il rischio CEM in ambienti di lavoro contenenti wi-fi?

Il D.lgs 159/2016  richiede  che nell’ambito della valutazione dei rischi si  identifichino e valutino i campi elettromagnetici emessi nel luogo di lavoro. Questo però non comporta necessariamente misurazioni poiché la normativa prevede che ai fini della valutazione del rischio e della conseguente attuazione delle appropriate misure di tutela possano essere utilizzate anche metodiche di calcolo oppure i  dati sui livelli di emissione e altri dati relativi alla sicurezza forniti dal fabbricante o dal distributore o reperibili dalle banche dati Regioni e INAIL. Soltanto se non è possibile utilizzare tali fonti ai fini della attuazione delle appropriate misure di tutela, sarà necessario  effettuare la valutazione dell’esposizione sulla base di misurazioni o calcoli.
Si fa presente che nel caso dei sistemi wi-fi la misurazione è  inutile ai fini della valutazione del rischio, in quanto tali sistemi sono già inclusi nella banca dati CEM  del Portale Agenti Fisici al seguente link:
http://www.portaleagentifisici.it/fo_campi_elettromagnetici_viewer_for_macchianario.php?lg=IT&objId=28876&page=0
Dalla consultazione della banca dati emerge che
I luoghi di lavoro contenenti Wi-Fi o Bluetooth comprendenti punti di accesso per WLAN non necessitano di valutazioni specifiche CEM. Nel caso di impiego dell'apparato da parte del portatore del dispositivo elettronico impiantato le eventuali restrizioni sono prescritte nel manuale di istruzioni dell'apparato, ai sensi della normativa di prodotto.
Inoltre la misurazione dell'emissione CEM per tali sistemi può anche essere fuorviante, e portare generalmente a risultati non rappresentativi ai fini della valutazione del rischio. Ciò in quanto i campionamenti effettuabili in campo non garantiscono l’individuazione dei picchi massimi espositivi, che rappresentano il parametro principale di interesse ai fini della valutazione del rischio CEM ai sensi del D.lgvo 159/2016 (prevenzione degli effetti biofisici diretti ed indiretti immediati); questi possono  essere misurati in maniera adeguata e con livelli di incertezza accettabili solo in condizioni di laboratorio,  come indicato dagli specifici standard di prodotto. Inoltre una semplice misurazione nelle immediate vicinanze dell’apparato, in assenza di uno specifico protocollo di rielaborazione dei dati, che tenga conto sia della geometria del sensore e che della geometria del campo emesso, è affetta da incertezza di misura inaccettabile.
In genere per i sistemi wi-fi  è  più affidabile valutare l’esposizione a CEM calcolando la stessa, a partire dai dati di targa forniti dal costruttore.
Pertanto le misurazioni su tali apparati ai fini della valutazione del rischio sono generalmente inutili o fuorvianti.

In quali casi è inutile e/o inappropriato effettuare misurazioni specifiche di esposizione ai fini della valutazione del rischio CEM?

Il D.lgs 159/2016  richiede  che i datori di lavoro valutino i rischi derivanti dai campi elettromagnetici cui sono esposti i propri dipendenti sul luogo di lavoro. Nell’ambito della valutazione dei rischi i datori di lavoro devono identificare e valutare i campi elettromagnetici nel luogo di lavoro. Questo però non comporta necessariamente l’effettuazione di misurazioni, che in alcune situazioni possono essere del tutto inutili  ai fini della valutazione del rischio e della messa in atto delle appropriate misure di tutela, oppure possono non essere appropriate ai fini della valutazione del rischio, in relazione alle specifiche caratteristiche della sorgente e/o delle modalità espositive. La normativa prevede in proposito che ai fini della la valutazione del rischio CEM possano essere usati i dati relativi alle emissioni CEM ed alla sicurezza forniti dal fabbricante o dal distributore della sorgente  - laddove disponibili - oppure possano essere utilizzati i dati  reperibili dalle banche dati delle Regioni e dell’INAIL, disponibili sul Portale Agenti Fisici. Prima di decidere se effettuare o meno specifiche misurazioni è pertanto in primo luogo da valutare se siano reperibili dati dalle sopracitate fonti idonei ai fini della attuazione delle appropriate misure di tutela nello specifico contesto operativo. Qualora tali dati non siano reperibili, sarà necessario valutare se sia più indicato, date le caratteristiche della sorgente in esame, intraprendere misurazioni specifiche oppure valutare l’esposizione mediante calcolo, come peraltro previsto dalla normativa. E’ infatti da tener presente  che  non sempre la misurazione porta a risultati “veritieri” e plausibili ai fini della valutazione del rischio CEM: ad esempio qualsiasi esposizione che implichi il diretto contatto del corpo con la sorgente CEM (esempio cavi di saldatura avvolti alla spalla del lavoratore)  non può che essere valutata mediante calcoli dosimetrici ad hoc; nella maggior parte dei casi non ha senso effettuare tali calcoli:  tali modalità espositive vanno prevenute con l’adozione di appropriate modalità operative individuate nell’ambito della valutazione dei rischi. Un altro esempio è la stima di esposizione a CEM prodotta da sorgenti di piccole dimensioni: una semplice misurazione nelle immediate vicinanze dell’apparato, in assenza di uno specifico protocollo di rielaborazione dei dati, che tenga conto della geometria del sensore e del campo emesso, è affetta da incertezza di misura inaccettabile e non è idonea ai fini della valutazione del rischio. Ad esempio nel caso di luoghi di lavoro contenenti apparati di comunicazione senza fili es. Wi-Fi o Bluetooth con punti di accesso WLAN è del tutto inutile procedere all’effettuazione di misurazioni di esposizioni a CEM in quanto tali sistemi sono già inclusi nella banca dati CEM del Portale Agenti Fisici al seguente link:
http://www.portaleagentifisici.it/fo_campi_elettromagnetici_viewer_for_macchianario.php?lg=IT&objId=28876&page=0
Dalla consultazione della banca dati emerge che:
I luoghi di lavoro contenenti Wi-Fi o Bluetooth comprendenti punti di accesso per WLAN non necessitano di valutazioni specifiche CEM.
Nel caso di impiego dell'apparato da parte del portatore del dispositivo elettronico impiantato le eventuali restrizioni sono prescritte nel manuale di istruzioni dell'apparato, ai sensi della normativa di prodotto
Si fa presente che nel caso dei sistemi wi-fi la misurazione oltre che essere inutile ai fini della valutazione del rischio è anche fuorviante e in genere produce risultati non rappresentativi ai fini della valutazione del rischio. Ciò in quanto i campionamenti effettuabili in campo non garantiscono  l’individuazione certa  dei picchi massimi espositivi, che rappresentano il parametro principale di interesse ai fini della valutazione del rischio CEM ai sensi del D.lgvo 159/2016 (prevenzione degli effetti biofisici diretti ed indiretti immediati). Questi possono essere misurati in maniera adeguata e con livelli di incertezza accettabili solo in condizioni di laboratorio,  come indicato dagli specifici standard di prodotto. Inoltre, come già  precedentemente espresso, una semplice misurazione nelle immediate vicinanze dell’apparato, in assenza di uno specifico protocollo di rielaborazione dei dati, che tenga conto della geometria del sensore e del campo emesso, è affetta da incertezza di misura inaccettabile e non è idonea ai fini della valutazione del rischio.

Cosa si intende per eventuali effetti a lungo termine dei CEM e perché questi sono esclusi dall’ambito di applicazione del D.lgs 159/2016?

Il  D.lgs 159/2016 ha recepito in Italia la  direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da campi elettromagnetici.  La Direttiva Europea non affronta le ipotesi di effetti a lungo termine derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici, dal momento che non sono  attualmente disponibili  evidenze scientifiche consistenti dell’esistenza di una relazione causale. Tuttavia, nel caso in cui emergano prove scientifiche certe, la Commissione europea valuterà quali siano gli strumenti più appropriati per affrontare tali effetti, inclusa una possibile revisione dei valori limite di esposizione.
Per effetti a lungo termine si intendono gli eventuali effetti connessi ad esposizioni prolungate a campi elettrici, magnetici o elettromagnetici, anche  di intensità inferiore alle soglie di insorgenza degli effetti biofisici diretti e degli effetti indiretti presi in considerazione dalla Direttiva 2013/35/UE.
Per quanto riguarda i campi a bassa frequenza, alcuni  studi epidemiologici condotti principalmente su popolazioni residenti in prossimità di elettrodotti, hanno evidenziato un incremento del rischio di insorgenza di alcuni tipi di neoplasie - ed in particolare di leucemie infantili - correlabile ad esposizioni croniche ai campi magnetici a 50/60Hz.  Il fatto che ci si riferisse a sorgenti esterne e ad esposizioni all’interno delle abitazioni ha portato ad escludere il campo elettrico in quanto, a differenza del campo magnetico, questo risulta efficacemente schermato dalle pareti degli edifici. In base a tali studi l’incremento di rischio si verificherebbe per esposizioni a campi magnetici superiori alla soglia di 0,4 microtesla e crescerebbe in funzione dell’intensità dell’esposizione. L’insieme di questi studi è al momento oggetto di analisi più approfondite e di accurata revisione, al fine di valutare in dettaglio, e con criteri omogenei, l’associazione tra esposizione a campi magnetici ELF e rischio di neoplasie, mediante indagini che presentino la necessaria ripetibilità e accuratezza metodologica indispensabili per individuare una relazione dose-risposta attendibile. Questa problematica riveste particolare importanza anche in considerazione del fatto che a 50 Hertz il livello di riferimento per la popolazione definito nelle linee guida ICNIRP del 1998 è pari a 100 microtesla e cioè 250 volte più grande della soglia di 0,4 microtesla individuata nei succitati studi epidemiologici.
Un’altra tipologia di possibili effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici  a bassa frequenza, in corso di studio, è rappresentata dalle malattie neurodegenerative ed in particolare dalla sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e dal morbo di Alzheimer. Tra le popolazioni lavorative maggiormente di interesse per tali studi rientrano i saldatori ed i manutentori delle linee elettriche, considerate le elevate esposizioni a CEM a basse frequenze che si riscontrano spesso per tali lavorazioni. La difficoltà nell’eseguire studi epidemiologici su questi effetti è dovuta anche all’assenza di registri nazionali di tali patologie, contrariamente a quanto avviene per i tumori. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o World Health Organization, WHO in inglese) evidenzia alcune questioni ancora aperte riguardo effetti sanitari diversi dalle patologie oncologiche, come ad esempio disordini neurodegenerativi, differenze nei tempi di rilascio della melatonina, alterazioni nel controllo autonomico del cuore e variazioni nel numero delle cellule “natural killer”.
Per quanto riguarda i campi ad alta frequenza (radiofrequenze e microonde)  gli studi si sono recentemente concentrati sulla valutazione dei potenziali effetti cancerogeni legati all’uso dei telefoni senza fili (cellulari e cordless), a partire da quelli relativi alla insorgenza di tumori del cervello, come il glioma. Le attuali conclusioni del gruppo di lavoro IARC si sono basate su diversi studi, principalmente retrospettivi, ed in particolare sullo studio multicentrico interphone, che ha coinvolto anche l'Italia. Si è ritenuto che i risultati emersi, non potessero essere dovuti solo a distorsione presente negli studi (i quali, essendo di tipo retrospettivo, risentono di problemi di selezione dei soggetti e di raccolta delle informazioni sulla esposizione, etc.) e che invece indicassero una possibile relazione causale fra glioma e uso del cellulare, in particolare per gli utilizzatori da più lungo tempo o tra coloro che ne fanno uso intensivo.  Ugualmente si è ritenuta non accertata ma da indagare ulteriormente - e dunque "possibile"-  la relazione tra esposizione a CEM e l'insorgenza di un altro tra i tumori cerebrali più studiati, cioè il neurinoma acustico. Pertanto in sede internazionale lo  IARC classifica attualmente sia i campi magnetici ELF (basse frequenze) che i campi a radiofrequenza non nella fascia di “probabile cancerogeno” (classe 2A), classe  in cui è ad esempio sono inclusi anche  il consumo di carne rossa, nitriti e nitrati,  ma nella fascia per cui la cancerogenicità e ancora molto dubbia e di incerta definizione, la Classe 2B: “possibile cancerogeno”, classe in cui ad esempio sono inclusi anche l’assunzione di caffé e l’estratto di  foglie di aloe.  Si ricorda che la classificazione IARC parte dalla fascia  1A “cancerogeno certo” in cui sono classificati ad esempio l’amianto, tutte le sostanze radioattive e le radiazioni ionizzanti,  le radiazioni ultraviolette  solari ed artificiali e tutti gli agenti e i fattori espositivi riconosciuti come certamente cancerogeni in relazione alle evidenze sperimentali ed epidemiologiche scientificamente accertate.
Anche le conclusioni dell’ultimo rapporto SCENIHR del 2015 concordano con tali conclusioni sostenendo che “Overall, the epidemiological studies on mobile phone RF EMF exposure do not show an increased risk of brain tumours. Furthermore, they do not indicate an increased risk for other cancers of the head and neck region. Some studies raised questions regarding an increased risk of glioma and acoustic neuroma in heavy users of mobile phones. The results of cohort and incidence time trend studies do not support an increased risk for glioma while the possibility of an association with acoustic neuroma remains open. Epidemiological studies do not indicate increased risk for other malignant diseases, including childhood cancer.” La letteratura sul tema è comunque in continuo e costante aggiornamento.
Sulla base di tali considerazioni i possibili  “effetti a lungo termine” attualmente in fase di studio ed approfondimento non possono essere presi in considerazione dagli attuali standard radioprotezionistici internazionali e conseguentemente dalle normative di prevenzione e protezione, essendo di fatto impossibile individuare –allo stato attuale delle conoscenze- eventuali  valori limite di esposizione ed essendo ancora da individuare appropriati  parametri valutativi del rischio e le appropriate metriche espositive da impiegare al fini di garantire l'effettuazione di studi epidemiologici e sperimentali consistenti. Bisogna considerare in merito che per qualsiasi fattore di rischio i  valori  limite di esposizione possono essere stabiliti solo se sono noti con accettabile grado di incertezza e sono accertati con il dovuto rigore scientifico  i meccanismi di azione, i valori di soglia, i metodi valutativi  e le plausibili relazioni dose-risposta. Allo stato attuale delle conoscenze sull’esposizione umana a CEM ciò è possibile solo per gli effetti biofisici diretti e per gli effetti indiretti presi in considerazione dalla vigente normativa.
Nel seguito si riporta l’attuale classificazione IARC per i campi elettrici e magnetici.

Come deve essere strutturata e che cosa deve riportare la Relazione Tecnica di supporto al documento di valutazione del rischio CEM ?

Si fornisce di seguito uno schema di riferimento per la stesura della Relazione Tecnica nel rispetto delle indicazioni previste dalle norme CEI 211-6 e 211-7,  dallo standard EN 50499 e dalla Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici.
Premessa
•  Obiettivo della valutazione
•  Luogo e data della valutazione /Professionisti responsabili della valutazione
•  Caratterizzazione del luogo di lavoro con individuazione degli apparati in grado di emettere campi elettromagnetici e delle posizioni di lavoro (layout)
•  Definizione delle principali caratteristiche delle sorgenti di campo e in particolare potenza e frequenza di emissione
•  Lista degli eventuali standard riferibili agli apparati
•   Descrizione delle condizioni di utilizzo dell’apparato: processi di lavoro, tempi di esposizione, posizioni  dei lavoratori rispetto all’apparato durante le fasi che comportano esposizione ai CEM;
Indicazioni inerenti le misure di tutela e le precauzioni da mettere in atto tratte da:
o Banca dati CEM del Portale Agenti Fisici  (allegare stampe pertinenti): queste devono essere prese in esame se presenti
o Manuale di istruzioni ed uso del costruttore (allegare estratto):
N.B. le indicazioni fornite dal costruttore - qualora presenti nel manuale-  devono necessariamente essere prese in esame ai sensi del D.lgs 159/2016
o Qualora non siano effettuate misurazioni o calcoli passare al punto 4
1.  Nel caso siano effettuate misurazioni:
• Caratteristiche della strumentazione di misura e riferimenti dell’ultima taratura;
• Posizioni di misura
• Condizioni della sorgente durante la misura: Le misure devono essere effettuate nelle condizioni di utilizzo della macchina più sfavorevoli tra quelle operative, e laddove ciò non sia possibile nelle diverse modalità operative. In ogni caso le condizioni in cui sono state prese le misure (posizione dell’operatore, posizione degli altri lavoratori oltre l’operatore, tempo speso nelle postazioni, operazioni, manutenzione e riparazione a distanze dalle sorgenti inferiori a quelle raccomandate dalle istruzioni delle ditte fabbricanti, ecc.) devono essere descritte con il massimo dettaglio.
• Durata delle misure
2. Nel caso vengano effettuate valutazioni tramite calcolo:
Nel caso di valutazioni dosimetriche:  Software e data-base anatomico utilizzato; Condizioni della sorgente nella modellizzazione
Nel caso di stime di esposizione CEM irradiati nell’ambiente: Parametri descrittivi della sorgente; condizioni di funzionamento; formule usate per la stima dei campi emessi; geometria espositiva utilizzata ai fini del calcolo
3. Risultati delle misure/dei calcoli
Valori misurati e/o calcolati con indicazione dell’incertezza di misura
Indicazione della natura della grandezza misurata o calcolata (es: picco ponderato; indici percentuali;  valori rms, media spaziale/temporale, ecc. )
In relazione al tipo di sorgente ed alla utilizzazione dei risultati, può essere opportuno elaborare questi ultimi in modo da poterli presentare in termini di: Andamenti temporali dei valori globali a banda larga in funzione del tempo e/o della distanza dalla sorgente; Spettri in frequenza
Risultati di analisi puntuali in ambienti/locali particolari (es. sorgenti di piccole dimensioni e/o  campi molto variabili etc.)
4.  Conclusioni con indicazione delle misure di prevenzione e protezione
Sono qui da riportare i livelli di rischio identificati ed in particolare:
La zonizzazione con indicazione delle distanze di rispetto per i lavoratori NON professionalmente esposti  (ZONA 0) e professionalmente esposti (ZONE 1 – 2)
La descrizione della segnaletica da apporre ai fini della zonizzazione
 
Zonizzazione (distanze di sicurezza)                                         metri
Zona 0 è la zona all’interno della quale i livelli di esposizione sono sicuramente inferiori ai livelli di riferimento per la popolazione (conformità alla Raccomandazione 199/519/CE): zona ad accesso libero per tutti i lavoratori e le persone del pubblico
 
Zona 1 è la zona all’interno della quale i livelli di esposizione superano i livelli di riferimento per la popolazione generale  ma sono inferiori o uguali ai valori di azione stabiliti dal D.lgvo 159/2016. L’accesso a tali aree è da regolamentare e precludere ai soggetti sensibili, in particolare donne in gravidanza e portatori di dispositivi elettronici impiantatbili attivi
 
Zona 2 è la zona nella quale i livelli di esposizione superano i livelli di azione o VLE stabiliti dal D.lgvo 159/2016: L'accesso a tali aree va regolamentato e vanno specificati specifici regolamenti  per operare in tali aree in sicurezza.
 
Si raccomanda di indicare:
a)  I dati di esposizione individuali per i soggetti professionalmente esposti;
b) Le modalità di lavoro da adottare nelle differenti condizioni operative per:
•      i lavoratori professionalmente esposti ai fini del  rispetto dei VA/VLE
•      i lavoratori non professionalmente esposti ai fini di garantire per detti lavoratori il  rispetto dei livelli di riferimento per la popolazione generale;
c) Le eventuali situazioni in cui è riscontrabile il superamento dei  VA e/o  VLE e le modalità operative da adottare per prevenire che ciò accada anche sulla base di quanto riportato nel manuale di istruzioni ed uso del macchinario e/o  nella banca dati CEM del Portale Agenti Fisici;
 d) Gli interventi suggeriti (strutturali e/o procedurali) ai fini della riduzione e controllo del rischio CEM anche sulla base di quanto riportato nel manuale di istruzioni ed uso del macchinario e/o nella banca dati CEM del Portale Agenti Fisici;
Il Documento redatto a conclusione della valutazione del rischio sulla base della Relazione Tecnica deve essere datato e contenere quanto indicato all’art.28 comma 2 ed in particolare il piano delle azioni per la riduzione del rischio. 



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