rischi di una prolungata esposizione ai fumi da bitume

La valutazione dell’esposizione lavorativa a fumi di bitume

La valutazione dell’esposizione lavorativa a fumi di bitume
rischi di una prolungata esposizione ai fumi da bitume
Fonte: AUSL Toscana Centro
L’indicazione normativa di valutare tutti i rischi derivanti dall’impiego di agenti chimici per i lavoratori, impone un lavoro rigoroso ed in grado di utilizzare in modo efficace e efficiente un mix di strumenti, per giungere a risultati che garantiscano le migliori condizioni di ‘controllo’ e gestione del rischio.

Lo strumento di riferimento per la valutazione del rischio chimico, nel rispetto del dettato normativo è rappresentato dalla scheda dati di sicurezza, così come ribadito dalle Linee Guida ECHA e dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro Comitato 9 – Sottogruppo “Agenti Chimici”; ci sono però alcuni casi in cui tale strumento risulta insufficiente, come per esempio l’esposizione a conglomerato bituminoso ed al possibile sviluppo dei cosiddetti idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA).

Tra i principi più importanti del D.Lgs 81/08 e s.m.i. appare rilevante l’istituzione di un
“sistema” di prevenzione attraverso la valutazione di tutti i rischi [rich. Cass. pen., sez. IV, 13
giugno 2014, n. 25222, in http://olympus.uniurb.i t, “le scelte generali di politica aziendale, dalle
quali possono derivare carenze strutturali, e l’organizzazione della sicurezza, di cui l’elaborazione
del documento di valutazione dei rischi costituisce l’architrave”]. La previsione normativa di
valutare tutti i rischi per i lavoratori derivanti dall’impiego di agenti chimici, impone un lavoro
rigoroso ed in grado di utilizzare in modo efficace e efficiente un mix di strumenti, per giungere a
risultati che garantiscano le migliori condizioni di ‘controllo’ e gestione del rischio. Una buona
valutazione del rischio è più conveniente ed al contempo più efficace dell’installazione di misure
precauzionali generiche, ‘a buon senso’ (o casuali) che possono rivelarsi inefficaci e costose. E’
ormai acclarata la multifattorialità dei determinanti del rischio chimico dove l’esposizione, non si
manifesta solo in presenza di agenti chimici pericolosi, bensì anche a seguito di specifiche
lavorazioni. Per contro dall’utilizzo appropriato delle diverse tecniche di valutazione possono
emergere interessanti sinergie e seri programmi di miglioramento delle condizioni di lavoro
valorizzando sinergicamente le risorse utilizzate.
 
Lo strumento di riferimento per la valutazione del rischio chimico, nel rispetto del dettato
normativo è rappresentato dalla scheda dati di sicurezz a, così come ribadito dalle Linee Guida
ECHA e dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro Comitato
9 – Sottogruppo “Agenti Chimici”; ci sono però alcuni casi in cui tale strumento risulta insufficiente,
come per esempio l’esposizione a conglomerato bituminoso ed al possibile sviluppo dei cosiddetti
idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA). Due sono i principali campi che caratterizzano la gestione
del rischio chimico legato all’esposizione a bitume: da un lato quello delle conoscenze scientifiche e
delle possibilità tecniche e, dall’altro, quello della percezione del rischio.
Le conoscenze scientifiche sul rischio qualificano il grado di certezza, o sarebbe meglio
dire di incertezza sulla situazione in corso e sulle prospettive.  Soprattutto in Italia, pur essendo le
conoscenze teoriche e le disponibilità tecniche ampie, sono pochi i dati sperimentali ed i risultati
delle indagini su campo, a fronte della gravità dei rischi in gioco, che può essere rilevante. Ma che
cos’è il conglomerato bituminoso e quanto è rischioso per gli operatori che ne effettuano la stesura.
 
Anche se nel linguaggio comune termini come “bitume”, “catrame” o “asfalto” sono
spesso usati indifferentemente, essi hanno significati diversi e devono essere usati con precisione.
Un ulteriore, se non il principale, motivo di confusione è dovuto al fatto che, fra i diversi Paesi,
esistono differenze sostanziali nel significato attribuito allo stesso termine. Per esempio, il bitume
da petrolio è chiamato “asphalt” negli USA, mentre in Europa (e quindi in Italia) “asfalto” è la
miscela di bitume e inerti (conglomerato bituminoso) usata per la pavimentazione stradale.  

(*)BITUME: è un materiale di colore bruno o nerastro, solido o semisolido a temperatura
ambiente, con comportamento termoplastico. Si ricava dalla lavorazione del petrolio grezzo, e
chimicamente è una combinazione complessa di composti organici ad alto peso molecolare, con
prevalenza di idrocarburi con numero di atomi di carbonio maggiore di C25 e alto valore del
rapporto C/H. Oltre a piccole quantità di zolfo, azoto e ossigeno, contiene inoltre tracce di metalli quali nickel, ferro e vanadio. Praticamente non volatile a temperatura ambiente, insolubile in acqua e solubile in alcuni solventi. 

(*)ASFALTO: si tratta di una miscela di bitume con materiali inerti (pietrisco, sabbia ecc.). 
Negli USA è pratica comune utilizzare questo termine per riferirsi al bitume. Rocce
impregnate di bitume naturale si trovano negli Stati Uniti, nel Canada, in Francia, in Svizzera ed in
Italia, come ad esempio in Abruzzo ed in Sicilia. 

(*)CATRAME: materiale con aspetto simile al bitume, ma del tutto diverso per origine e
composizione, si presenta a temperatura ambiente come un liquido, più o meno viscoso, di colore
variabile fra bruno e nero. E’, infatti, ottenuto industrialmente dalla distillazione distruttiva del
carbon fossile. Le sostanze organiche presenti in maggiore quantità sono gli idrocarburi alifatici e i
composti aromatici e, in proporzioni minori, altre sostanze contenenti S, O, N.  La sua
composizione, comunque, varia, entro certi limiti, a seconda del carbone usato e delle modalità di
distillazione. 
 
Il catrame grezzo si può usare direttamente come combustibile, per spalmare cartoni per
tettoie, per fabbricare il nerofumo e antisettici vari, ma per lo più, opportunamente disidratato, viene
sottoposto a distillazione frazionata per ottenere oli leggeri , medi, pesanti e gli oli di antracene,
mentre il residuo costituisce la pece. 
 
Volendo entrare nel particolare, questo materiale, rispetto al bitume, mostra un contenuto
molto più elevato di IPA, oltre che numerosi altri composti contenenti ossigeno, azoto e zolfo. Il
catrame contiene principalmente idrocarburi aromatici, mentre il bitume idrocarburi paraffinici.
Data la natura del materiale di origine, il catrame è costituito da una miscela di numerosi compositi
organici. Fra gli idrocarburi in esso contenuti si ricordano il benzene, il toluene, la naftalina,
l’antracene. Esso contiene inoltre composti ossigenati come fenolo, cresoli, ilenoli, naftoli e
composti azotati come piridina, picolina, clinoline.. La composizione del catrame dipende, in primo
luogo, dalla temperatura cui è stato prodotto e secondariamente dal tipo di carbone che si è usato. In genere i catrami ottenuti ad alta temperatura (circa 1000 °C) nei forni a coke, sono pesanti e più
ricchi di prodotti aromatici; quelli ottenuti a bassa temperatura (600-700 °C) contengono prodotti
aromatici in minore quantità.  



La valutazione dell’esposizione lavorativa a fumi di bitume, di Lisanna Billeri (Tecnico della Prevenzione, UF Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro zona Valdinievole, AUSL Toscana Centro).





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