Redazione del POS per la mera fornitura di calcestruzzo

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nota 10 febbraio 2016, n. 2597 - Redazione del POS per la mera fornitura di calcestruzzo

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Pubblicata dal Ministero del Lavoro la Nota del 16 febbraio, n. 2597, in cui fa chiarezza su quali siano gli obblighi dei fornitori di calcestruzzo in cantiere, ossia quali siano i casi in cui debba fornire il POS al Coordinatore per la sicurezza in cantiere.

Redazione del POS per la mera fornitura di calcestruzzo.

 Con la presente nota si forniscono chiarimenti concernenti la redazione del Piano Operativo di Sicurezza (POS) da parte di aziende fornitrici di calcestruzzo nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all’articolo 89, comma 1, lettera a).

Il  d.lgs. n. 81/2008, negli artt. 26 e 96, ha preso in considerazione le mere forniture di materiali ed attrezzature. In particolare l’art. 96, comma 1, lett. g), del  d.lgs. n. 81/2008 ha stabilito che “i datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso m cui nel cantiere operi unii unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti: […] redigono il piano operativo di sicurezza di cui all’articolo 89, comma 1, lettera b)”.

 
Il successivo comma 1-bis del medesimo art. 96 ha precisato che “la previsione di cui al comma 1, lettera g), non si applica alle mere forniture di materiali o attrezzature. In tali casi trovano comunque applicazione le disposizioni di cui all'articolo 26” con il quale sono stati fissati gli obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione.

 
L’art. 26, comma 3-bis, del decreto in parola, ha stabilito che l’obbligo di redazione del DUVRI (di cui al precedente comma 3 dello stesso articolo) non si applica “ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature”.

Dalla lettura coordinata dei due articoli citati del  d.lgs. n. 81/2008 si desume che le imprese che effettuano una “mera fornitura di materiali o attrezzature” sono esonerate sia dall’obbligo di redazione del POS, per effetto dell’art. 96, comma 1 bis, sia dall’obbligo di partecipazione alla redazione del DUVRI, per effetto dell’art. 26, comma 3-bis. fermi restando comunque per tali aziende gli obblighi di cooperazione, coordinamento e condivisione delle informazioni relative alla sicurezza delle loro operazioni, con l’azienda appaltatrice ai sensi dell’art. 26, comma 2, del  d.lgs. n. 81/2008.


Premesso quanto sopra, in merito alle operazioni di fornitura di calcestruzzo preconfezionato nei cantieri temporanei o mobili, diversi operatori del settore hanno rappresentato la necessità di chiarire in quali casi la fornitura di calcestruzzo possa essere considerata una “mera fornitura di materiali”, tali da poter rientrare nel disposto di cui all’art. 96, co 1 bis, e quindi esonerare le imprese dalla redazione del POS.

 Per risolvere tale questione la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro è intervenuta con la redazione di una procedura per la fornitura in cantiere approvata il 19/01/2011 e diffusa con Lettera Circolare del 10/02/2011, con la quale sono fornite indicazioni operative relativamente alle “informazioni da scambiarsi in materia di sicurezza dei lavoratori coinvolti nelle diverse fasi in cui si articola il rapporto fra fornitore e impresa cliente” ed alle procedure da seguire in tali operazioni a garanzia della “sicurezza dei lavoratori coinvolti a partire dal momento in cui vi sia la richiesta di fornitura di calce struggo da parte dell’impresa edile fino alla consegna del prodotto nel cantiere di destinazione”.

 La citata  Lettera Circolare, inoltre, impartisce precise indicazioni sulle procedure di sicurezza che deve rispettare il lavoratore dell’impresa fornitrice che, nel caso di “mera” fornitura, “non deve partecipare in nessun modo alla posa in opera del calcestruzzo e non deve tenere e manovrare la benna o il secchione o il terminale in gomma della pompa” (cfr. 6.3.2 Scarico in benna o secchione e 6.4 Operazioni di pompaggio), cosicché, in caso contrario, si deve ritenere di essere in presenza di una fornitura e posa in opera.

 
Nell’ipotesi di fornitura di materiali e/o attrezzature, è pertanto necessario che l’ispettore verifichi precisamente se si tratti di una “mera” fornitura oppure di una vera e propria fornitura e posa in opera (in quest’ultima il fornitore partecipa alle lavorazioni che si svolgono in cantiere).

Nel primo caso, come detto, non si potrà esigere il POS o il DUVRI per effetto, rispettivamente, degli artt. 96, comma 1-bis, e 26, comma 3-bis, del  d.lgs. n. 81/2008, ma si dovrà verificare che sia stata data attuazione a quanto disciplinato dall’art. 26, comma 2, del medesimo  d.lgs.

La procedura per la fornitura di calcestruzzo, approvata dalla Commissione consultiva permanente ed emanata con lettera circolare di questo Ministero del 10/02/2011, dà applicazione al citato art. 26, comma 2.

 

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Viceversa, nel secondo caso (fornitura e posa in opera), l’ispettore dovrà verificare la presenza del POS, ai sensi dell’art. 96, comma 1, lett. g) del  d.lgs. n. 81/2008, e l’analisi dei rischi interferenti nel PSC o nel DUVRI.

VAI ALLA PROCEDURA ATECAP SULLA FORNITURA DEL CLS IN CANTIERE

Cassazione Penale, Sez. 4, 10 marzo 2017, n. 11739 - Autobetoniera con braccio estensibile entra in contatto con la linea elettrica. Infortunio mortale di un operaio e responsabilità nel cantiere

Al contrario di quanto finora lo stesso ministero del lavoro ha indicato,sono assoggettate agli obblighi delle imprese esecutrici anche le imprese che effettuano la fornitura e posa in opera di materiali nei cantieri quali la fornitura e il getto di calcestruzzo con l’autobetonpompa.

Lo dice ula sentenza di cassazione 10 marzo 2017, n. 11739 che riportiamo a seguire.

In pratica e sintetizzando sono assoggettate agli obblighi delle imprese esecutrici le aziende che forniscono il Cls nel caso venga posato, ad esempio con autopompa fornita.


Fatto
 
 
 
1. In data 19 gennaio 2016, la Corte d'appello di Genova ha riformato, unicamente quoad poenam, la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Savona, Sezione distaccata di Albenga, in data 13 novembre 2009, nei confronti di F.B., E.DF., E.B. e C.T., imputati del delitto di omicidio colposo con cooperazione colposa in violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (artt. 113, 589, commi 1 e 2, cod.pen.), commesso in Loano il 26 luglio 2006.
1.1. Oggetto del giudizio é l'infortunio nel quale rimaneva vittima F.C., lavoratore alle dipendenze della ditta individuale F.B., facente capo all'omonimo imputato; l'incidente si verificava in un cantiere edile allestito da quest'ultima impresa, ove era in corso la realizzazione di alcune unità abitative, durante una gettata di calcestruzzo per la realizzazione di una soletta fuori terra, operazione che veniva eseguita mediante l'impiego di un'autobetoniera fornita dalla ditta ICOSE S.p.A. ; tale apparecchiatura era munita di una pompa estensibile per il getto, telecomandata a cura di E.B., dipendente della ICOSE, mentre il F.C. aveva il compito di indirizzare il getto di calcestruzzo posizionando il terminale del braccio. Durante l'operazione, il F.C., nell'accingersi a procedere a un nuovo getto, veniva investito da una fiammata, causata dal contatto del braccio estensibile con la linea elettrica che correva sopra l'area ove si stavano svolgendo i lavori. La fiammata provocava la morte del F.C..
1.2. Il reato é contestato al F.B., datore di lavoro della vittima, il quale assisteva all'operazione, per avere tollerato che i lavori si svolgessero in prossimità di una linea elettrica (in violazione dell'art. 11, d.P.R. 164/1956); al C.T., quale coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, per essersi limitato a prescrivere quanto disposto dall'art. 11, d.P.R. 164/1956, senza eseguire alcun accertamento su come e con quali mezzi si sarebbero svolti i lavori; al E.DF., legale rappresentante della ICOSE, é contestato di non aver redatto il piano operativo di sicurezza (POS), cui era tenuto poiché la sua ditta non si limitava a fornire materiali o attrezzature, ma partecipava a varie fasi lavorative con propri mezzi e proprio personale; infine, al E.B. (dipendente della ICOSE) é contestato di avere eseguito le operazioni in luogo e con modalità rischiose e di non avere segnalato la situazione di pericolo.
1.3. La Corte distrettuale ha evidenziato che sono pacifiche le cause del decesso, mentre era contestata dagli appellanti la riconducibilità dell'evento mortale a colpa di ciascuno di costoro; sul punto, nel confermare l'affermazione di penale responsabilità degli imputati, il Collegio d'appello ha ridotto la pena nei loro confronti, stabilendola per tutti nell'identica misura di otto mesi di reclusione, restando ferma per tutti la sospensione condizionale della pena, sul rilievo che ciascuno di loro ha contribuito in egual misura al decesso della vittima.
2. Avverso la prefata sentenza ricorrono F.B. (con atto personalmente sottoscritto), E.DF. ed E.B. (con unico atto per entrambi sottoscritto dal loro difensore di fiducia) e C.T. (anch'egli per il tramite dei suoi difensori di fiducia).
3. Muovendo dal ricorso del F.B., esso si articola in due motivi.
3.1. Con il primo l'esponente lamenta violazione di legge in riferimento alla sua posizione di garanzia: deduce il F.B. di essersi attenuto alle indicazioni di soggetti professionalmente qualificati, presenti sul cantiere: egli aveva redatto il piano operativo di sicurezza (nel quale veniva indicato come direttore dei lavori l'arch. D, e come coordinatore per la sicurezza l'ing. C.T.), si era attenuto alle prescrizioni di un professionista appositamente incaricato che aveva autorizzato lo svolgimento dei lavori, si era affidato a una ditta (la ICOSA) che aveva eseguito il lavoro con propri mezzi e con personale qualificato. Fu l'ing. C.T., secondo quanto documentalmente provato, ad autorizzare la costruzione del solaio in attesa dello spostamento dei cavi elettrici; era costui a dover individuare, analizzare e valutare i rischi, ma omise di farlo. Quanto alla ditta ICOSE, fu la stessa a scegliere ove collocare la beton pompa, senza fornire la configurazione del braccio snodabile, mentre l'esponente si limitò a verificare che il mezzo fosse a debita distanza dai cavi elettrici: a fronte di ciò, la causa dell'incidente fu la manovra maldestra e imprevedibile dell'operatore della ditta ICOSE nell'azionare e movimentare il braccio snodabile.
3.2. Con il secondo motivo l'esponente lamenta carenza di motivazione in relazione alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna ex art. 175 cod.pen., benché esso fosse stato espressamente richiesto.
4. Il ricorso presentato per conto degli imputati E.DF. e E.B. consta di quattro motivi: i primi due relativi alla sola posizione del E.DF., il terzo relativo alla sola posizione del E.B., il quarto comune ai due ricorrenti.
4.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge (ma, di fatto, anche vizio di motivazione) in riferimento alla ritenuta responsabilità del E.DF. per non avere redatto il P.O.S. sebbene non fosse esclusivamente fornitore di materiali: si rileva a contrario che in realtà, nella disciplina applicativa vigente all'epoca dei fatti, di cui alla Circolare del Ministero del Lavoro prodotta in atti e allegata al ricorso, non si distingue a tal fine tra "fornitori" e "meri fornitori", distinzione intervenuta soltanto con l'entrata in vigore dell'art. 96, comma 1 -bis, del testo unico di cui al d.Lgs. 81/2008. In difetto di una violazione della normativa prevenzionistica, a tutto voler concedere, non poteva scattare il raddoppio del termine di prescrizione e il reato doveva essere perciò dichiarato estinto.
4.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione al fatto che il P.O.S. viene redatto in seguito alla redazione del P.S.C. e deve uniformarsi ad esso; ma il P.S.C. redatto dalla ditta individuale del F.B. a cura dell'ing. C.T. non prevedeva alcun rischio di elettrocuzione.
4.3. Con il terzo motivo, relativo come si é detto alla posizione del E.B., si denuncia violazione di legge in riferimento al fatto che egli non aveva ricevuto né formazione, né istruzioni su come svolgere il lavoro in sicurezza, e che incombeva alla committenza fornirgli; né aveva assunto alcuna posizione di garanzia, posizione che investiva invece la responsabilità datoriale e del dirigente.
4.4. Con il quarto motivo si denuncia difetto di motivazione con riferimento al diniego, sia al E.B. che al E.DF., del beneficio della non menzione della condanna, in modo sovrapponibile a quanto già visto nel ricorso F.B..
5. Il ricorso dell'imputato C.T. consta a sua volta di quattro motivi, preceduti da una premessa nella quale si contestano alcuni punti della ricostruzione fattuale recepita nell'impugnata sentenza.
5.1. Con il primo motivo l'esponente lamenta violazione di legge in ordine alla questione della redazione del P.S.C.: premesso che, in realtà, la società committente dei lavori era la SIED, si sottolinea che il P.S.C. conteneva indicazione dell'esatta posizione della linea elettrica e della distanza da osservare rispetto ad essa. Spettava poi alla committenza, al direttore dei lavori e all'impresa appaltatrice - e non all'esponente - definire le modalità di esecuzione dei lavori e trasferirle nel P.O.S..
5.2. Con il secondo motivo l'esponente denuncia violazione di legge in riferimento alla ritenuta responsabilità dell'ing. C.T., quale coordinatore per la sicurezza, laddove egli aveva un dovere di alta vigilanza, puntualmente esercitato impartendo specifiche disposizioni con riferimento al rischio poi concretizzatosi (disposizioni tutte disattese dall'impresa F.B. e dalla ICOSE), e non un dovere di presenza e di vigilanza costanti.
5.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge con riferimento al fatto che la ICOSE, quale ditta fornitrice di calcestruzzo, non era in alcun modo tenuta a redigere il P.O.S. e, quindi, non vi era in capo all'ing. C.T. il dovere di esigerlo e di verificarlo.
5.4. Con il quarto e ultimo motivo, l'esponente deduce violazione di legge in ordine al fatto che la Corte di merito ha escluso che la condotta degli altri imputati nelle rispettive qualità, e della stessa persona offesa, avesse interrotto il nesso causale tra le negligenze contestate al C.T. (il quale non poteva, né aveva il compito di rappresentarsi le altrui condotte colpose) e l'evento mortale.
 
 

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Diritto
 

1. A fronte delle censure contenute in ciascuno dei ricorsi, nella parte in cui esse tendono a stornare dai singoli ricorrenti le responsabilità dell'accaduto e a individuare altri soggetti qualificabili come titolari di posizione di garanzia, va in primo luogo ricordato il pacifico principio in base al quale, in tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno é per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica é addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (ex multis vds. Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253850).
1.1. Ciò posto, e con particolare riguardo al primo motivo del ricorso F.B., il suindicato principio é stato declinato dalla giurisprudenza di legittimità anche con specifico riguardo alla posizione del datore di lavoro: si é infatti affermato che, in caso di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle relative misure di prevenzione, la responsabilità del datore di lavoro non é esclusa dal comportamento di altri destinatari degli obblighi di prevenzione che abbiano a loro volta dato occasione all'evento, quando quest'ultimo risulti comunque riconducibile alla mancanza od insufficienza delle predette misure e si accerti che le stesse, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del verificarsi di quell'evento (Sez. 4, n. 43966 del 06/11/2009, Morelli, Rv. 245527).
Si é ulteriormente e significativamente affermato in giurisprudenza che, in materia di normativa antinfortunistica, il datore di lavoro é titolare di una posizione di garanzia e di controllo dell'integrità fisica anche dei lavoratori dipendenti dell'appaltatore e dei lavoratori autonomi operanti nell'impresa, poiché, ai sensi dell'art. 7, D.Lgs. n. 626 del 1994, é tenuto, tra l'altro, a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione ed a fornire alle imprese appaltatrici ed ai lavoratori autonomi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro (Sez. 4, n. 13917 del 17/01/2008, Cigalotti, Rv. 239591).
1.2. E' perciò del tutto infondato il motivo addotto dal F.B. in ordine al fatto che egli avrebbe consentito l'impiego dell'autobetoniera in zona attraversata da linee elettriche in quota sulla base delle rassicurazioni di soggetti qualificati: nella sua qualità, il F.B., avendo assunto un appalto di opere edili nell'ambito di un cantiere situato in un'area caratterizzata dalla presenza di cavi elettrici di alta tensione, era comunque nelle condizioni di prevedere che ciò comportava un rischio significativo per la sicurezza e l'incolumità dei lavoratori, specie ove si consideri che in detta area sarebbe stato impiegato un mezzo meccanico munito di braccio, come quello affidato al E.B. (dipendente di altra ditta) e presso il quale prestava la sua opera il F.C. (che dipendeva dal F.B.): un mezzo che, se manovrato in modo non corretto, avrebbe potuto entrare in contatto con i cavi elettrici e cagionare gravi danni alle persone, come in effetti accadde. Ciò imponeva al F.B. di adottare cautele adeguate, al fine di impedire il concretizzarsi di detto rischio: cautele che certo il F.B. era in grado di indicare anche nell'occasione in cui si verificò l'incidente, atteso che egli era presente.
Sul punto si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo la quale l'appaltatore risponde per la mancata adozione di misure atte a prevenire il rischio di infortuni, le quali vanno individuate in ragione delle peculiarità della sede di lavoro e progressivamente adattate in ragione del mutamento dello stato dei luoghi, determinato dai lavori in corso (Sez. 4, n. 3774 del 09/10/2014, dep. 2015, Coco, Rv. 262123). In una fattispecie per alcuni versi analoga a quella oggetto del presente giudizio, la Corte ha stabilito che non può andare esente da colpa il datore di lavoro, che facendo svolgere l'abituale attività lavorativa in un luogo oggettivamente pericoloso, a causa del rischio di contatto tra cavi dell'alta tensione e le funi metalliche per il sollevamento di oggetti mediante gru, non ponga in essere ogni tipo di comportamento atto a contenere il rischio stesso, sia attivandosi per lo spostamento o l'interramento della linea elettrica sia esercitando una costante ed effettiva vigilanza sull'attività posta in essere dal lavoratore (Sez. 4, n. 48573 del 03/12/2009, Quiriconi, Rv. 245800).
1.3. Né può affermarsi che la condotta del E.B. e dello stesso F.C. nel manovrare il braccio dell'autobetoniera, benché sicuramente negligente, fosse caratterizzata dalla c.d. abnormità, ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva del nesso di causalità fra la condotta eventualmente omissiva del garante in tema di sicurezza e l'evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza apicale della Corte regolatrice, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sla "eccezionale" ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto). Dunque non può ravvisarsi in alcun modo la descritta condizione di "eccentricità" del comportamento dei suddetti lavoratori sia rispetto alle mansioni cui essi erano stati assegnati, sia rispetto alla tipologia di rischio affidato alla gestione del F.B., nella sua posizione datoriale.
2. Riservando al prosieguo la trattazione del secondo motivo di ricorso del F.B., i cui contenuti sono sovrapponibili all'ultimo motivo di ricorso articolato per conto degli imputati E.DF. e E.B., può procedersi alla disamina dei primi tre motivi contenuti in quest'ultimo ricorso.
2.1. Il primo, attinente alla posizione del E.DF. e all'addebito dell'omessa redazione del P.O.S. da parte sua, é infondato. La ICOSE S.p.A., di cui il E.DF. era legale rappresentante, non si limitò alla fornitura di calcestruzzo e dell'autobetoniera, ma, come si evince dalla sentenza impugnata, mise a disposizione anche due dipendenti e, in particolare, un lavoratore esperto (il E.B.) con l'incarico di azionare la macchina e di comandare a distanza il braccio snodabile: un'operazione ben precisa che comportava un contributo tecnico ed esecutivo, da parte di personale della ditta, sicuramente eccedente la fornitura di materiale e attrezzature. A ben vedere, anche la lettura della stesa circolare del 2007 del Ministero del Lavoro prevede l'obbligo di redazione del P.O.S. in capo alle ditte che partecipino in maniera diretta all'esecuzione di lavori di costruzione in muratura rientranti (come sicuramente nella specie) fra quelli elencati nell'allegato 1 dell'allora vigente D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494.
2.1. In ordine alla configurabilità delle suddette prestazioni come appalto d'opera piuttosto che, ad esempio, come "nolo a caldo" (riferito cioè al noleggio di un macchinario con messa a disposizione di un operatore), la motivazione resa dalla Corte distrettuale in ordine all'incidenza delle opere per le quali si era fatto ricorso alla ICOSE rende evidente che l'intervento di quest'ultima ditta si contraddistingueva per la partecipazione a diverse fasi lavorative con propri mezzi e proprio personale; inoltre, i giudici del merito hanno evidenziato che, in base alle Linee guida del coordinamento tecnico interpretative del decreto legislativo n. 494/1996, erano assoggettate agli obblighi delle imprese esecutrici (fra i quali rientra la redazione del P.O.S.) anche quelle che forniscono fornitura e posa in opera di materiali (fornitura e getto di calcestruzzo con autobetonpompa) (pp. 8-9 sentenza impugnata); del resto, il E.DF. doveva ben sapere che il macchinario richiestogli era destinato ad essere impiegato in luogo caratterizzato dalla presenza di linee elettriche in quota, e perciò egli assumeva precisi obblighi di garanzia in quanto anch'egli gestore del rischio connesso alle dette opere.
2.2. Parimenti infondato é il secondo motivo di ricorso, sempre nell'interesse del E.DF..
Non risponde infatti a verità che il P.S.C. redatto dalla ditta individuale del F.B. a cura dell'ing. C.T. non prevedesse alcun rischio di elettrocuzione: al contrario, ad esso si fa espresso e testuale riferimento nella decisione impugnata (pag. 6 sentenza), e ciò oltretutto conferma quanto si é appena detto, ossia che il E.DF. era a conoscenza delle condizioni di rischio che caratterizzavano il cantiere ove il mezzo doveva essere impiegato, a cagione della presenza dei cavi elettrici; e che di tanto egli assumeva la piena responsabilità, in considerazione del fatto che la decisione di operare quale appaltatore della fornitura e del getto di calcestruzzo, con un mezzo meccanico avente le caratteristiche di quello affidato al E.B. in un sito caratterizzato dalla presenza di cavi elettrici dell'alta tensione, non può che rientrare nelle scelte gestionali di fondo, i cui rischi rientrano nella sfera di governabilità assegnata al soggetto titolare dell’impresa appaltatrice.
2.3. Infondato é pure il terzo motivo di ricorso, attinente alla sola posizione del E.B..
Riguardo a quest'ultimo, la motivazione resa dalla Corte distrettuale é puntuale e adeguata sia con riferimento alla norma prevenzionistica da lui violata, sia con riguardo alla formazione che egli aveva ricevuto ai fini delle manovre con la beton pompa.
Sul punto, é sufficiente richiamare la giurisprudenza di legittimità in base alla quale, in materia di infortuni sul lavoro, il lavoratore, per effetto di quanto previsto dall'art. 5, commi primo e secondo, lett. b), del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, é garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri colleghi di lavoro o di altre persone presenti, quando si trova nella condizione di intervenire per rimuovere le possibili cause di pericolo, in ragione di una posizione di maggiore esperienza (Sez. 4, n. 36452 del 15/05/2014, Rizzolo e altro, Rv. 262090).
2.4. E' invece fondato il quarto motivo di ricorso, comune al E.B. e al E.DF., così come fondato é l'identico, secondo motivo di ricorso del F.B.. Invero, vi é mancanza grafica di ogni motivazione, da parte della Corte distrettuale, circa le ragioni della mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna sul certificato del casellario giudiziale: sul punto, opina il Collegio - in ciò aderendo al prevalente e qui condiviso indirizzo della giurisprudenza di legittimità - che la decisione impugnata vada annullata con rinvio alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione, non potendo la Corte di cassazione operare un giudizio, necessariamente anche di fatto, circa la concedibilità o meno agli imputati del suddetto beneficio (in tal senso vds. ad es. Sez. 5, Sentenza n. 41006 del 13/05/2015, Fall, Rv. 264823).
3. Venendo infine ai motivi di ricorso presentati nell'interesse dell'Imputato C.T., i primi due possono congiuntamente trattarsi in quanto riferiti entrambi alla responsabilità del ricorrente quale coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori.
3.1. Ad avviso del Collegio, ambedue i motivi sono infondati.
Si premette che il coordinatore per la progettazione, ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. n. 494 del 1996, ha essenzialmente il compito di redigere il piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che contiene l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi, e le conseguenti procedure, apprestamenti ed attrezzature per tutta la durata dei lavori; il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai sensi dell'art. 5 stesso D.Lgs., ha i compiti: (a) di verificare, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, l'applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza; (b) di verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS), piano complementare di dettaglio del PSC, che deve essere redatto da ciascuna impresa presente nel cantiere; (c) di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, di vigilare sul rispetto del piano stesso e sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni. Trattasi di figure le cui posizioni di garanzia non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza sul lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell'incolumità dei lavoratori (ex multis vds. Sez. 4, n. 18472 del 04/03/2008, Bongiascia, Rv. 240393).
Orbene, come si evince dalla motivazione dell'impugnata sentenza (pagg. 6-7), il C.T. cumulava sulla sua persona ambedue le anzidette posizioni e le connesse responsabilità, ivi comprese quelle di indicare non solo il rischio elettrico presente in zona, ma anche i modi di evitarlo; e, soprattutto, ivi comprese le responsabilità connesse all'obbligo di verifica dell'applicazione delle norme antinfortunistiche e di vigilanza sulla esatta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza. A fronte di ciò, ed a parte i due sopralluoghi eseguiti dal C.T., egli ha sostanzialmente omesso di verificare quali fossero le caratteristiche del macchinario destinato ad essere usato in un cantiere caratterizzato dalla presenza di un elettrodotto in quota, e se l'impiego di detto macchinario potesse o meno entrare in contatto con i cavi dell'alta tensione.
Il fatto che allo stesso C.T. spettasse l'alta vigilanza sull'esecuzione dei lavori, se non significa (come riconosciuto dalla stessa Corte di merito) che egli dovesse essere costantemente presente in cantiere, non lo esimeva dai compiti sopra richiamati e specificamente indicati dalla normativa (per un caso affine si veda Sez. 4, n. 32142 del 14/06/2011, Goggi, Rv. 251177).
3.2. Il terzo motivo di ricorso é infondato, per le assorbenti ragioni già esaminate a proposito del dovere della ditta subappaltatrice ICOSE S.p.A. di redigere il P.O.S., con conseguente obbligo, in capo al C.T., di esigerne la redazione e di verificarne la conformità al P.S.C..
3.3. E', infine, infondato anche il quarto e ultimo motivo di ricorso del C.T.. Premesso, infatti, che la figura di coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione" attribuiva al ricorrente un'autonoma e concorrente posizione di garanzia, e che pertanto egli concorreva nella gestione del rischio presente sul cantiere (rischio di cui egli era del resto chiaramente a conoscenza), la prevedibilità che tale rischio si concretizzasse é testimoniata dalla stessa considerazione da lui riservata alla presenza di cavi elettrici in quota sul cantiere nel redigere il P.S.C.; a fronte di ciò, e delle già viste negligenze nel vigilare sulle modalità esecutive delle prescrizioni in tema di sicurezza e di prevenzione degli infortuni, egli non può certo invocare una presunta - e del tutto insussistente - portata interruttiva del nesso causale delle condotte negligenti e/o omissive poste in essere dagli altri garanti e dagli stessi lavoratori rispetto alle proprie: invero, nessuna di quelle condotte si pone in termini di "eccentricità" rispetto al rischio da governare, né può dirsi caratterizzata da imprevedibilità e da inevitabilità.
4. Per le ragioni che precedono, l'impugnata sentenza va impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Genova, limitatamente al punto concernente il beneficio della non menzione della condanna nei riguardi dei ricorrenti F.B., E.DF. e E.B..
Nel resto i ricorsi vanno rigettati, con condanna del ricorrente C.T. al pagamento delle spese processuali; va affermata, ex art. 624 cod.proc.pen., l'irrevocabilità della penale responsabilità di tutti i ricorrenti.
 
 
P.Q.M.
 

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Genova, limitatamente al punto concernente il beneficio della non menzione della condanna nei riguardi dei ricorrenti F.B., E.DF. e E.B.; rigetta nel resto i ricorsi dei predetti.
Rigetta il ricorso di C.T., che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara irrevocabilei'affermazione di penale responsabilità degli imputati. Così deciso in Roma il 10 febbraio 2017.

Fonte sentenza: Olympus


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