Radiazioni Ottiche Artificiali

Per radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100  nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse

Cosa Sono le  Radiazioni Ottiche 
  
Per radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100  nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse. Queste, ai fini protezionistici, sono a loro volta suddivise in:
Radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche di  lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 nm. La banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm);Radiazioni visibili : radiazioni ottiche di lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 nm;Radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche di lunghezza d'onda compresa tra 780 nm e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1400 nm), IRB (1400-3000 nm) e IRC (3000 nm-1 – 1 mm).
 Le sorgenti di radiazioni ottiche possono inoltre essere classificate in coerenti e non coerenti.

Le prime emettono radiazioni in fase fra di loro (i minimi e i massimi delle radiazioni coincidono), e sono generate da LASER, mentre le seconde emettono radiazioni sfasate e sono generate da tutte le altre sorgenti non LASER e dal Sole.

Tutte le radiazioni ottiche non generate dal Sole (radiazioni ottiche naturali)  sono di origine artificiale, cioè sono generate artificialmente  da apparati e non dal Sole.. Principali effetti dannosi della radiazione ottica sull’occhio e la pelle
 La tipologia di effetti associati all’esposizione a ROA dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità.

L’interazione della radiazione ottica con l’occhio e la cute può provocare conseguenze dannose come riportato nella Tabella  a seguito Lunghezza d’onda (nm) Tipo Occhio Pelle
100 - 280 UV C 
fotocheratite
foto congiuntivite
Eritema
(scottatura della pelle)
Tumori cutanei
Processo accelerato di invecchiamento della pelle
280 - 315 UV B 
315 - 400 UV A  cataratta fotochimica Reazione di foto sensibilità
400 – 780 Visibile lesione fotochimica e termica della retina Bruciatura della pelle
780 - 1400 IR A 
cataratta
bruciatura della retina

 

1400 - 3000 IR B 
cataratta,
bruciatura della cornea
3000 - 106 IR C bruciatura della cornea

Oltre ai rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni ottiche artificiali esistono ulteriori rischi indiretti da prendere in esame quali:

sovraesposizione a luce visibile: disturbi temporanei visivi, quali abbagliamento, accecamento temporaneo;
rischi di incendio e di esplosione innescati dalle sorgenti stesse e/o dal fascio di radiazione;

e ulteriori rischi associati alle apparecchiature/lavorazioni che utilizzano ROA quali stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica, di esplosioni od incendi come nel caso di impiego di LASER di elevata potenza etc.

 

La qualità degli effetti, la loro gravità, o la probabilità che alcuni di essi si verifichino dipendono dalla esposizione radiante, dalla lunghezza d’onda della radiazione e, per quanto riguarda alcuni effetti sulla pelle, dalla fotosensibilità individuale che è una caratteristica geneticamente determinata.

Considerati dal punto di vista del loro decorso temporale gli effetti prodotti sull’occhio e sulla pelle possono essere suddivisi in:

effetti a breve termine o da esposizione acuta con tempi di latenza dell’ordine di ore, giorni;
effetti a lungo termine o da esposizione cronica con tempi di latenza di mesi, anni.

In generale per ciascun effetto acuto è possibile stabilire “la dose soglia” al di sotto della quale l’effetto non si verifica. La maggior parte degli effetti a lungo termine (tumori:carcinoma cutaneo) hanno natura diversa dagli effetti acuti e la loro probabilità    è tanto maggiore quanto più è elevata la dose accumulata dall’individuo.

Effetti sull’occhio

Ai fini della visione, l’occhio deve essere necessariamente esposto alla luce.

Quasi sempre le sorgenti di luce visibile (il sole e le lampade per illuminazione) emettono anche radiazioni non visibili quali la radiazione infrarossa e in misura minore ultravioletta, che sono inefficaci ai fini della visione ma che, viceversa, possono rappresentare un rischio potenziale per l’occhio.

Rispetto alla propagazione della radiazione attraverso le strutture oculari l’occhio può essere schematizzato come un sistema di filtri sovrapposti ciascuno con una particolare trasmissione spettrale (banda passante) e perciò in grado di assorbire e “filtrare” specifiche lunghezze d’onda.

Gli effetti biologici prodotti dalla RUV su ogni singola struttura,  dipendono:

a) dalla dose assorbita che, a sua volta, è legata anche alle proprietà filtranti delle strutture precedenti le quali possono assorbire completamente la radiazione di determinate lunghezze d’onda;

b) dalle caratteristiche intrinseche di assorbimento della struttura considerata;

c) dalla suscettibilità dei tessuti interessati all’assorbimento della RUV;

d) dalla capacità di riparare il danno prodotto.

La trasmissione spettrale del cristallino, varia progressivamente con l’età e ciò può influire sia sulla natura sia sul livello del rischio. La rimozione del cristallino e la sua sostituzione con una protesi artificiale, nel trattamento chirurgico della cataratta, può alterare notevolmente la trasmissione dell’occhio nella regione spettrale UV-A e aumentare l’esposizione della retina.

Gli effetti dannosi più significativi che possono manifestarsi sulle strutture dell’occhio non protetto esposto alla RUV e le regioni spettrali in cui essi si manifestano sono:

 

1) la fotocheratocongiuntivite (180÷330 nm);

2) i danni al cristallino che possono accelerare l’insorgenza della cataratta  (290÷340 nm);

3) il danno retinico di natura fotochimica negli individui afachici (300÷550nm).

 

La fotocheratocongiuntivite

E’ provocata da esposizioni brevi ed intense alla RUV della regione spettrale precedentemente indicata. E’ un effetto caratterizzato da lesioni superficiali che interessano la congiuntiva e la cornea, dovute alla morte e progressiva perdita di cellule epiteliali con conseguente messa a nudo delle numerose terminazioni nervose superficiali che vengono in contatto con il velo lacrimale. Lo stato infiammatorio risultante ha carattere transitorio e reversibile ma è accompagnato da dolore acuto, fotofobia e una fastidiosa  “sensazione di sabbia” negli occhi. Lo spettro d’azione della fotocheratite presenta un massimo di efficacia biologica fra 265÷275 nm. La prevenzione può essere facilmente realizzata mediante l’uso di occhiali idonei o maschere con visiera provvista di filtro.

 




La cataratta

Il cristallino è funzionalmente una lente a focale variabile e, per definizione, deve essere trasparente nella banda del visibile. Il termine cataratta definisce uno stato patologico caratterizzato da una più o meno accentuata opacità del cristallino, a cui corrisponde una diminuita trasmissione della luce verso la retina ed un aumento della componente diffusa.

La cataratta è prevalentemente una patologia multifattoriale dell’età avanzata, legata a processi di invecchiamento molecolare e cellulare.

La Radiazione UV è tuttavia in grado di accelerare detti processi e quindi deve essere considerata un fattore causale specifico. Numerose indagini epidemiologiche dimostrano questa associazione ed anche gli esperimenti condotti su vari animali evidenziano l’effetto catarattogenico della RUV.

Il contributo all’induzione della cataratta attribuibile all’esposizione alla RUV è un effetto di notevole rilevanza sanitaria sia per la gravità della patologia sia per i suoi costi sociali. Le lesioni microscopiche che contribuiscono ad accelerare l’insorgenza della cataratta sono di natura fotochimica. Esse dipendono sostanzialmente dalla dose di RUV assorbita dal cristallino che, anche a causa dei processi di riparazione molto lenti, si accumulano nel tempo.

Per quanto riguarda l'esposizione a radiazione Infrarossa, emessa ad esempio da corpi incandescenti quali vetro o metalli fusi,  fin dagli inizi del 1900, numerosi studi di rassegna ed epidemiologici hanno evidenziato  un significativo incremento di incidenza di cataratte tra lavoratori addetti a lavorazioni  del  vetro o di metalli alle temperature di fusione

Nel caso di esposizione oculare a luce visibile o Infrarosso A (I.R. - A) , la cataratta è associata all’assorbimento della radiazione nell’iride: l’energia termica viene quindi trasferita per conduzione diretta al tessuto epiteliare del cristallino.

Nel caso di esposizione oculare a radiazione Infrafrossa, con componenti spettrali dominanti nelle regioni IR-B, IR-C, la radiazione è invece assorbita dalla cornea:  l’energia termica si propaga  quindi  al cristallino mediante conduzione termica attraverso i tessuti oculari adiacenti (cornea-umor acqueo).

Radiazione visibile e la radiazione I.R. sono ambedue in grado di indurre cataratta, producendo entrambe, sia pure con meccanismi diversi, un riscaldamento del cristallino. Nel caso della cataratta dei vetrai questa dovrebbe essere associata essenzialmente all’esposizione ad IR-B o IR-C.

Sulla base della localizzazione dell’opacità si distinguono tre forme principali di cataratta:

1) la cataratta nucleare caratterizzata da un progressivo ingiallimento delle proteine nucleari e dalla formazione di aggregati macromolecolari che aumentano la diffusione della luce;

2) la cataratta subcapsulare posteriore nella quale l’opacità è provocata daun’aggregazione di cellule degenerate ed anormali sulla superficie posteriore del cristallino;

3) la cataratta corticale caratterizzata da piccoli vacuoli che si riempiono d’acqua e frammenti corticali.

 

Il danno retinico da luce blu

In un individuo adulto normale la retina non è raggiunta dalla RUV esclusa una piccolissima frazione di UV-A di più bassa energia. La funzione complessiva di filtro (passabanda perché trasmette saltando il visibile e l’infrarosso A) è svolta dalle strutture oculari che precedono la retina. In età giovanile, tuttavia, l’occhio presenta una maggiore trasparenza alla RUV ed anche negli individui afachici (cristallino naturale sostituito da una protesi) la trasmissione nella regione UV-A può risultare notevolmente aumentata.

Sino a non molti anni fa si riteneva che i danni prodotti dalla radiazione ottica sulla retina fossero sostanzialmente di natura termica. Poi è stato dimostrato che la radiazione della regione spettrale compresa fra 300 e 550 nm può indurre sulla retina danni di natura fotochimica . Secondo alcuni, tali danni potrebbero concorrere ad accelerare il manifestarsi della degenerazione maculare senile.

 

Effetti sulla pelle

Gli effetti più rilevanti che possono manifestarsi sulla pelle a seguito di esposizione acuta e/o cronica alla RUV sono:

a) la fotoelastosi, effetto associato con il fotoinvecchiamento della pelle (220÷440 nm);

b) la fotocancerogenesi cutanea (270÷400 nm);

c) l’eritema (200÷400 nm);

d) le reazioni fototossiche e fotoallergiche (280÷400 nm);

e) l’immunosoppressione da RUV (250÷400 nm);

f) la vera pigmentazione adattativa (abbronzatura) (200÷400 nm).

 

L’eritema

L’eritema da esposizione alla RUV è la risposta biologica più studiata e forse più nota della pelle. L’effetto è facilmente osservabile soprattutto negli individui di pelle chiara. La reazione eritemigena si evidenzia con un arrossamento della pelle, indice di vasodilatazione periferica, raggiunge il massimo dopo 12-14 ore, e si risolve in 3-4 giorni.

Nel campo della protezione dagli effetti nocivi della RUV sulla pelle,  l’eritema riveste una notevole importanza perché:

1) fra tutti gli effetti prodotti dalla RUV l’eritema è quello che forse più di ogni altro corrisponde alla definizione di effetto deterministico;

2) la risposta eritemigena, sia in termini di spettro d’azione sia di dose-risposta, è il fenomeno macroscopico più rappresentativo della fotosensibilità cutanea individuale)

 

Fotoinvecchiamento cutaneo

L’invecchiamento cutaneo è un fenomeno complesso e multifattoriale ed è la risultante dell’invecchiamento cronologico e del fotoinvecchiamento provocato dall’esposizione complessiva alla RUV. Il fotoinvecchiamento si manifesta in misura più o meno accentuata nelle aree maggiormente fotoesposte, braccia, viso, collo ed è caratterizzato da secchezza cutanea, epidermide generalmente ispessita , rugosità, perdita di elasticità, pigmentazione irregolare.

Si ritiene che dette manifestazioni di danno siano prodotte, in parte dall’azione diretta e prolungata della radiazione UV-B e UV-A sulle cellule cutanee ed in parte dall’azione mediata da radicali liberi fotoindotti  (superossido e idrossile) (Ayala, 1993).

Il fotoinvecchiamento cutaneo è un effetto ritardato che si manifesta in misura più accentuata negli individui di pelle chiara.

 

Esposizione a Radiazione UV e Tumori della pelle

E’ noto che la RUV è in grado di produrre vari danni sul DNA quali:

mutazioni geniche, scambi cromatidici, aneuploidia, etc. e che questi effetti sono o possono essere connessi con la cancerogenesi.

Tra gli effetti sanitari a lungo termine l’induzione di tumori cutanei è di grande rilevanza per numero e gravità.

L’analisi delle più recenti evidenze scientifiche mostra che la radiazione ultravioletta (UV) è uno dei fattori causali maggiori per i carcinomi della pelle (carcinoma spinocellulare e carcinoma basocellulare) e per il melanoma cutaneo, provoca l’invecchiamento precoce della pelle ed effetti nocivi per la salute. A carico dell’occhio, la radiazione UV può comportare lesioni e  danni alla retina ed al cristallino.

Lo IARC classifica lo spettro solare della  radiazione UV e le lampade abbronzanti come “cancerogeni per l’uomo” (gruppo 1 A ): a tale gruppo appartengono sostanze ed agenti per cui è accertata la cancerogenicità sull'uomo.

Per quanto concerne l'uso dei solarium si riportano al riguardo  le constatazioni dello IARC (International Agency for Research on Cancer) nel documento Sunbed use in youth unequivocally associated with skin cancer  del 29 Novembre 2006 (scaricabile su questo portale in PDF):

''I dati mostrano un marcato aumento del rischio di melanoma per chi utilizzi apparecchiature solarium prima dei trent'anni: è stato calcolato un incremento del 75% di probabilità di contrarre il melanoma per questi utilizzatori, mentre questo incremento nel totale della popolazione anche se non statisticamente significativo, risulta comunque non trascurabile. L'abbronzatura artificiale non è efficace contro la carenza di vitamina D. Inoltre, dati scientifici mostrano una diminuita risposta immunitaria della pelle in coloro che fanno uso di  solarium''.

A tale riguardo l'ICNIRP raccomanda che ''Se sono utilizzate apparecchiature per l'abbronzatura artificiale, dovrebbero essere applicate specifiche raccomandazioni: non dovrebbero essere formulate affermazioni di effetti benefici sulla salute.''

 

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO-OMS) nel documento Fact Sheet N°287 Interim Revision April 2010 afferma quanto segue:

''L'esposizione a raggi UV, siano essi naturali o artificiali da sorgenti quali lampade per abbronzatura artificiale, è un riconosciuto fattore di rischio per tumori della pelle. I raggi UV-B sono considerati cancerogeni in esperimenti in vivo, ed esiste crescente  evidenza che i raggi UV-A usati nei solarium, data la loro maggiore capacità di penetrazione contribuiscono ad indurre il cancro. Uno studio condotto in Norvegia e Svezia mostra un incremento di rischio di melanoma maligno tra donne che abbiamo usato regolarmente solarium. […] Ad esclusione dell'abbronzatura, molte persone asseriscono che l'utilizzo di solarium li aiuti ad essere più rilassati ed a provare una sensazione di benessere. E' difficile quantificare queste asserzioni. (...)

Per quanto concerne la produzione di vitamina D l'OMS asserisce che  per la maggior parte della popolazione l'esposizione occasionale alla luce solare, combinata con una normale alimentazione, è sufficiente a fornire  adeguato apporto di  vitamina D.

 

 

La cancerogenesi fotoindotta dalla RUV a carico delle cellule cutanee è un processo multifattoriale di lungo periodo che coinvolge l’organismo attraverso risposte locali e sistemiche fra le quali anche la risposta immunitaria locale e sistemica.

I carcinomi della pelle (basalioni e spinalioni) sono tumori molto frequenti nell’uomo e si manifestano soprattutto in età avanzata e nelle aree maggiormente fotoesposte.

La dose radiante accumulata dal singolo individuo correla con la probabilità che l’evento neoplastico si verifichi ma non influenza sostanzialmente la sua gravità.

Il melanoma cutaneo è una forma molto pericolosa di cancro la cui incidenza, come mostrano indagini condotte soprattutto in Australia e Israele, è legata all’esposizione alla RUV.

In generale, gli individui più a rischio sono quelli di razza bianca che presentano pelle ed occhi chiari, in particolare, i biondi e i rossi di capelli con lentiggini e numerosi nei.

Il melanoma, a differenza dei carcinomi cutanei, presenta una scarsa correlazione con l’esposizione radiante accumulata dall’individuo nel corso della vita :episodi saltuari di intensa esposizione che producano eritema, scottature e vesciche, soprattutto se avvenuti in età giovanile, sono considerati fattori causali che aumentano considerevolmente il rischio di insorgenza di questa neoplasia.

 

Radiazione UV e sistema immunitario

La pelle è un organo molto complesso e non una semplice barriera di separazione fra l’ambiente esterno ed il corpo. In essa ha sede e svolge la sua funzione una parte importante del “braccio periferico” del sistema immunitario.

Si è osservato che l’esposizione alla RUV altera la risposta immunitaria a livello locale e sistemico deprimendo sia la risposta umorale mediata dai linfociti B sia quella cellulare mediata dai linfociti T.

Non è raro che a seguito di una intensa esposizione alla radiazione solare in alcuni individui compaiano, in particolare sulle labbra, lesioni tipiche provocate dal virus dell’herpes simplex. Si ritiene che l’esposizione alla RUV deprima temporaneamente il sistema immunitario permettendo al virus, presente in forma latente, di moltiplicarsi.

 

Effetti fototossici e fotoallergici

L’esposizione alla RUV e la contemporanea assunzione di alcuni composti chimici può provocare, in alcuni individui, delle reazioni di fotosensibilizzazione che si manifestano con tipiche reazioni cutanee. Le reazioni cutanee da fotosensibilizzazione sono prodotte da:

1) effetti fotoallergici

oppure

2) effetti fototossici.

Molti sono i prodotti di sintesi (ad esempio i principi attivi contenuti nei farmaci) e naturali (estratti di piante, sostanze cosmetiche, profumi) che possono produrre i suddetti effetti. E’ importante sottolineare che la RUV di lunghezza d’onda maggiore, in particolare la radiazione UV-A, è più efficace nell’indurre reazioni fototossiche e fotoallergiche, perché penetra più in profondità e quindi è in grado di interagire più facilmente con molecole fotoattive (cromofori) assunte per via sistemica e presenti nel microcircolo periferico

 

 

I laser

Il  laser è un dispositivo che consente di generare radiazione ottica  monocromatica, costituita cioè da un’unica lunghezza d’onda, estremamente direzionale e di elevata intensità. Tali caratteristiche non sono generalmente ottenibili con l’impiego di sorgenti di luce incoerente (es. lampade ad incandescenza, LED, a scarica di gas o ad arco).

Pur differenti per le tecnologie adottate tutti i laser sono basati sul medesimo principio fisico: l’amplificazione coerente dell’intensità luminosa tramite emissione stimolata di radiazione (in inglese Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, da cui l’acronimo LASER) e sono tipicamente costituiti da un materiale attivo, le cui proprietà fisiche determinano la lunghezza d’onda della radiazione laser, racchiuso in un contenitore cilindrico le cui basi sono due specchi piani.

Esiste attualmente una grande varietà di sorgenti laser (a stato solido, a gas, a coloranti organici, ad eccimeri) che coprono un intervallo di lunghezze d’onda che comprende la radiazione visibile l’infrarosso e l’ultravioletto. Accanto ai laser in continua (CW), esistono laser che emettono impulsi di grande intensità e breve durata (anche ben al di sotto del picosecondo).

Criteri di classificazione dei laser

Un concetto importante per definire il rischio da esposizione a un’apparecchiatura laser è quello di LEA (Accessible Emission Limit), che è definito come il livello di radiazione massimo di una sorgente cui può accedere un operatore e determina la pericolosità di un apparato laser

Attraverso lo studio della soglia di danneggiamento per l’occhio e la cute in funzione della lunghezza d’onda e della durata dell’esposizione alla radiazione laser, sono stati dedotti i criteri che, in base alla lunghezza d’onda e al LEA, cioè alla potenza accessibile da parte dell’operatore, collocano un laser in una certa classe di pericolosità.

La norma tecnica CEI EN 60825-1,riguardante la sicurezza degli apparecchi laser, è stata recentemente aggiornata e con essa è stata rivista la classificazione delle apparecchiature. La classificazione delle sorgenti laser deve essere effettuata dal costruttore; dalla data 01/07/2005 gli apparecchi nuovi che vengono immessi sul mercato devono essere  necessariamente conformi all'aggiornamento citato (nuova classificazione).

 

Sia per la vecchia che per la nuova classificazione, le classi sono stabilite sulla base dei  LEA  (Limite di Emissione Accettabile ) che descrive i livelli di radiazione emergente da un sistema laser, la cui valutazione permette la  collocazione dell’apparecchio nell’opportuna categoria di rischio. La determinazione del LEA deve essere effettuata  da parte del costruttore nelle condizioni più sfavorevoli ai fini della sicurezza. La classificazione dei Laser indica  in ordine crescente il loro  grado di pericolosità, e le  opportune misure preventive e protettive.

E’ responsabilità del costruttore o del suo agente fornire la corretta classificazione di un apparecchio laser. Se la modifica da parte dell’utilizzatore di un apparecchio già classificato influenza un aspetto qualunque delle prestazioni dell’apparecchio o delle sue funzioni, la persona o l’organismo che effettua tale modifica ha la responsabilità di assicurare la riclassificazione  e la nuova targatura dell’apparecchio laser.

Pertanto nota la classificazione è possibile  stimare  il rischio associato alla installazione ed impiego dell’apparato.

Procedura di calcolo per la valutazione del rischio associato a sorgenti per illuminazione generale


Questa procedura consente di valutare il rischio da esposizione a radiazioni ottiche artificiali in presenza di sistemi per l’illuminazione generale, siano essi per uffici o per ambienti di dimensioni maggiori come capannoni industriali. In tutti questi casi la radiazione emessa è sostanzialmente luce bianca, anche se di diverse tonalità e la fissazione delle sorgenti non rientra nel compito visivo degli operatori presenti.

In linea di principio tali sorgenti, in quanto destinati all'illuminazione dell'ambiente, non dovrebbero mai rappresentare un rischio per i soggetti esposti. Tuttavia, il rapido sviluppo a cui si è assistito in questi ultimi anni nel campo delle tecnologie innovative per l’illuminazione, ed in particolare dei sistemi LED ed Alogenuri Metallici, ha fatto emergere il problema del rischio fotobiologico associato alle emissioni di luce blu potenzialmente lesiva per la retina. In particolare le sorgenti potenzialmente nocive sono costituite da sistemi di illuminazione a LED e ad Alogenuri Metallici. Tutti gli altri sistemi di illuminazione non presentano alcun rischio fotobiologico e conseguentemente possono essere considerati "giustificabili" nell'ambito della valutazione del rischio.

Le norme di sicurezza IEC/CEI specifiche per i sistemi di illuminazione sono in corso di adeguamento al fine di introdurre per ciascuna tipologia di sorgente specifici limiti di emissione che ne garantiscano un utilizzo sicuro in relazione al rischio per l'apparato oculare, ma al momento non sono fornite dai produttori informazioni idonee a garantire la sicurezza fotobiologica per i lavoratori e per le persone del pubblico dei sistemi in vendita. Considerata quindi l’attuale carenza normativa, che non consente a priori di stimare il rischio effettivo dei sistemi disponibili in commercio, e considerata la potenziale nocività degli stessi, è stata sviluppata la presente procedura, idonea a valutare l’effettivo rischio associato alle sorgenti di illuminazione LED e Alogenuri Metallici presenti in un ambiente, sulla base delle caratteristiche illuminotecniche e di installazione delle sorgenti stesse.

Il risultato è espresso su 3 livelli di rischio: basso, medio ed alto, secondo il seguente criterio:

Basso: Non presenta rischio fotobiologico. Sorgente “Giustificabile” ai sensi del D.lgvo 81/08

Medio: Compatibile con valori limite associati al Gruppo 1 (CEI EN 62471:2009: nessun rischio fotobiologico nelle normali condizioni di impiego). Potrebbe comportare rischio se fissata per tempi superiori a 100 secondi cumulati nell'arco della giornata.

Alto: Esposizioni maggiori delle massime ammissibili per il Gruppo 1 (CEI EN 62471:2009). Presenza di rischio anche per tempi di fissazione inferiori a 100 secondi.



Il risultato del calcolo dovrebbe sempre portare ad una situazione di rischio “basso”, in quanto un sistema destinato all’illuminazione generale deve poter essere scelto in modo che le sue emissioni ottiche comportino un rischio trascurabile dal punto di vista della sicurezza fotobiologica.

Se il rischio risulta “ medio” si dovrebbero individuare soluzioni alternative di installazione.

Se il rischio risulta “alto“ vi è un utilizzo improprio delle sorgenti, in quanto il rischio fotobiologico non è trascurabile. In questo caso è necessario individuare soluzioni alternative nella scelta delle sorgenti e/o nelle modalità di installazione.



Dal confronto tra i risultati ottenuti mediante la procedura di calcolo e i risultati delle misure sperimentali effettuate in laboratorio è emerso che la procedura ivi presentata è uno strumento idoneo a valutare l'effettivo rischio associato alle sorgenti di illuminazione LED e Alogenuri Metallici, a partire dalle principali caratteristiche illuminotecniche delle stesse. Si tratta di uno strumento di semplice impiego, che consente di effettuare la stima del rischio anche in assenza di conoscenze di tipo specialistico, viceversa richieste qualora la valutazione dovesse essere effettuata con misurazioni specifiche delle grandezze radiometriche.



Le metodiche dettagliate e gli algoritmi usati sono descritti in dettaglio nell'allegato documento. (scarica PDF). Essi si basano sui metodi definiti nel rapporto tecnico IEC/TR 62778 ed 1.0 (2013) Application of IEC 62471 for the assessment of blue light hazard to light sources and luminaires.

fonte: Portaleagentifisici PAF


Scarica procedura dettagliata LED

Scarica procedura dettagliata Alogenuri Metallici

quali sono i rischi per la salute e la sicurezza che si vogliono prevenire?

In generale “i rischi che il legislatore intende prevenire sono quelli per la salute e la sicurezza che possono derivare dall'esposizione o dal loro impiego durante il lavoro, con particolare riguardo agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute, inoltre non bisogna dimenticare il rischio di incendio e di esplosione, stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica ecc”...

Dato poi che l'art. 28 del Testo Unico impone la valutazione di ‘... tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori’ si comprende dunque “come il Datore di lavoro debba intervenire in azienda per verificare la necessità o meno di svolgere studi approfonditi”.

In particolare cosa deve fare l'azienda?

Innanzitutto è necessario fare il censimento delle sorgenti di emissione. Nelle slide dell’intervento sono indicati vari esempi di radiazioni ottiche artificiali nelle attività lavorative.

Inoltre è necessario “verificare la disponibilità in azienda di:

- dati forniti dai fabbricanti;

- documenti tecnici/dati di letteratura che trattano analoghe sorgenti;

- norme tecniche specifiche riguardanti la classificazione delle sorgenti”.

E si deve passare poi alla identificazione delle modalità espositive:

- “le modalità di impiego (es. ciclo chiuso);

- i locali in cui sono adoperati;

- i tempi di esposizione dei lavoratori”.



E in quali casi si può ritenere giustificato il non procedere ad una valutazione dettagliata (...che non significa non fare la Valutazione...)?

Il relatore indica che “costituisce esperienza condivisa che talune sorgenti di radiazioni ottiche, nelle corrette condizioni di impiego, non danno luogo ad esposizioni tali da presentare rischi per la salute e la sicurezza; in questi casi è giustificato non dover procedere ad una valutazione del rischio più dettagliata. Sono giustificabili tutte le apparecchiature che emettono radiazione ottica non coerente classificate nella categoria 0 secondo lo standard UNI EN 12198:2009 così come le lampade anche a led classificate nel gruppo Esente dalla norma CEI EN 62471:2009 (esempi di sorgenti di gruppo esente sono l'illuminazione standard per uso domestico e di ufficio, i monitor dei computer, i display, le fotocopiatrici, le lampade e i cartelli di segnalazione luminosa); tutte la sorgenti laser classificate nelle classi 1 e 2 secondo Io standard IEC 60825”.

E per le sorgenti di ROA classificate come “giustificabili" “non è necessario effettuare la valutazione del rischio, ma è obbligatoria la redazione del documento che attesti il censimento e la classificazione delle stesse”.



E in quali casi si deve procedere ad una valutazione dettagliata?



Il relatore indica che “l'approfondimento della valutazione del rischio dovrà essere comunque realizzato nei seguenti casi:

- laser di categoria 1M, 2M 3R, 3B e 4 (nella nuova classificazione) o nelle classi 3A, 3B e 4 nella vecchia classificazione;

- saldatura elettrica ad arco;

- utilizzo di plasma per il taglio e la saldatura;

- lampade germicide;

- sistemi LED per fototerapia;

- lampade abbronzanti;

- lampade ad alogenuri metallici;

- corpi incandescenti (metalli o vetro liquido);

- apparecchi con sorgenti IPL per uso medico od estetico”.



E quando e' necessario attivare la sorveglianza sanitaria?

Sicuramente “per quei lavoratori che sulla base della valutazione del rischio, debbano indossare DPI degli occhi o della pelle in quanto potrebbero risultare esposti a livelli superiori ai valori limite”.



i passi da seguire indicati nella relazione:

- censire le proprie attrezzature
identificando quelle che possono emettere ROA;
- se presenti, recuperare la documentazione del costruttore”;

- nel caso siano sorgenti ROA giustificabili “non e' necessario eseguire una valutazione di dettaglio ma andrà comunque integrato il documento di valutazione dei rischi, per cui assieme al consulente si provvederà ad aggiornare celermente la documentazione essendo un adempimento già in vigore (26 aprile 2010)”;

- nel caso siano sorgenti ROA non giustificabili “è quindi necessario procedere ad una valutazione di dettaglio, forse di tipo strumentale”. In tal caso – indica infine la relazione – si suggerisce “una riunione ad hoc con il consulente per valutare i passi da seguire


“ Radiazioni ottiche artificiali”, a cura dello Studio tecnico Associato Elettroprogetti, intervento al seminario “Campi elettromagnetici negli ambienti di lavoro” (formato PDF, 2.93 MB).
 


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