Lavori su coperture 

Lavori su coperture: classificazione e valutazione dei rischi

Indicazioni per migliorare la classificazione delle coperture, la valutazione dei rischi e ridurre i rischi per i lavoratori. L’inclinazione e la praticabilità delle coperture, i rischi prevalenti, concorrenti e susseguenti, la resistenza dei materiali.


Nell’intervento dal titolo “ La classificazione delle coperture”, a cura di Luigi Cortis (INAIL-DTS), si indica che la valutazione dei rischi (“punto di vista da cui partire”) è “alla base di un corretto approccio al problema della classificazione delle coperture e conseguentemente alla sicurezza dei lavori sulle stesse”. In questo senso e applicando questo punto di vista di partenza, la classificazione delle coperture deve essere intesa solo come “copertura sicura” e “copertura non sicura”, dove quest’ultima “deve essere ricondotta alla prima”.

In particolare la classificazione investe un vario complesso di fattori, determinati in relazione ai pericoli. E i “principali pericoli (rischi interni) nei lavori in copertura, in relazione al lavoro in quota, sono:
- caduta dall’alto all’esterno o all’interno dell’edificio;
- caduta sulla copertura (per perdita dell’equilibrio);
- sfondamento della copertura”.
Inoltre si aggiungono altri pericoli (copertura isolata/non isolata) legati al:
- “rischio verso la copertura causato da fattori derivanti dall’esterno;
- rischio verso l’esterno causato da fattori derivanti dalla copertura”.
Sono escluse, in questa presentazione, invece considerazioni concernenti tutti gli altri rischi propri delle lavorazioni specifiche, che tuttavia “devono essere comunque presi in debita considerazione per una analisi completa”.

La classificazione di una copertura non è semplice e “deve considerare necessariamente la sovrapposizione di diversi fattori riguardanti, ad esempio:
- l’inclinazione;
- la praticabilità della copertura (fragilità);
- le protezioni dei bordi perimetrali;
- l’interferenza da o verso le zone perimetrali;
- la geometria;
- l’accesso dall’interno o dall’esterno;
- la dislocazione degli elementi strutturali; ecc.”.
Insomma la classificazione per la sua completezza non può mai essere legata ad un solo fattore e, se derivata da una corretta e completa impostazione della valutazione dei rischi, può condurre alla “individuazione di adeguate misure di protezione collettiva e/o di adeguati sistemi di ancoraggio contro le cadute dall’alto e/o idonei sistemi di accesso e di percorso”.

Rimandandovi alla lettura completa dell’intervento agli atti, vediamo brevemente alcuni dei fattori che riguardano la classificazione.

Ad esempio per classificare è necessario definire l’inclinazione:
- “superficie di lavoro orizzontale: superficie in cui il lavoratore, in piedi o camminando in ogni direzione su di essa, non è soggetto al rischio di scivolamento e/o di rotolamento, mantenendo l’equilibrio nella posizione iniziale;
-superficie di lavoro a debole pendenza: superficie in cui il lavoratore, in piedi o camminando in ogni direzione su di essa, pur potendo mantenere l’equilibrio della posizione iniziale, è soggetto ad un rischio lieve di scivolamento, di rotolamento;
-superficie di lavoro a forte pendenza: superficie in cui il lavoratore pur potendo stare in piedi o camminare in ogni direzione su di essa è soggetto ad un rischio elevato di scivolamento, di rotolamento;
- superficie di lavoro a fortissima pendenza: superficie in cui il lavoratore non può stare in piedi o camminare in ogni direzione su di essa senza scivolare, rotolare”.
La pendenza può non essere tuttavia il solo parametro efficace a definire il concetto di “pendenza sicura”; in tal caso – continua il relatore - occorre introdurre il concetto della possibile “altezza di caduta prevedibile”.
A questo proposito si può fare riferimento:
- “alla norma UNI EN 13374 (Parapetti provvisori) il cui annesso A (informativo) fornisce delle ‘informazioni’ sull’uso (classe) dei parapetti provvisori, in rapporto all’angolo di inclinazione della copertura e dell’altezza di caduta;
- “alla norma UNI EN 795 (Dispositivi di ancoraggio)”;
- alla norma UNI 8088:1980 (Lavori inerenti le coperture dei fabbricati)”.

Un altro fattore in gioco nella classificazione è relativo alla praticabilità della copertura:
- “copertura praticabile: copertura sulla quale è possibile l’accesso ed il transito di persone, anche con attrezzature portatili, senza predisposizione di particolari mezzi e/o misure di sicurezza, in quanto non sussistono rischi di caduta di persone e/o di cose dall’alto, né rischi di scivolamento in condizioni normali (UNI 8088);
-copertura non praticabile: copertura sulla quale non è possibile l’accesso ed il transito di persone, senza predisposizione di particolari mezzi e/o misure di sicurezza, contro il pericolo di caduta di persone e/o di cose dall’alto e contro i rischi di scivolamento (UNI 8088)”.
E per quanto concerne la praticabilità, in relazione ai carichi di esercizio applicabili alle coperture (copertura portante), è bene riferirsi al D.M. 14.01.2008 (Norme tecniche per le costruzioni)”.

Ricordando che nell’analisi del rischio i rischi possono essere distinti in rischi prevalenti, rischi concorrenti, rischi susseguenti e rischi legati all’attività lavorativa, nell’intervento “ Valutazione del rischio per i lavori su coperture” - a cura di Luca Rossi (INAIL-DTS) – si indicano come rischi prevalenti nei lavori su copertura:
- “il rischio di caduta dall’alto derivante da: lavorazioni in quota; sfondamento della copertura; montaggio/smontaggio dei DPC;
- il rischio di urto contro i DPC derivante da: caduta da superfici a debole pendenza; caduta da superfici a forte pendenza;
- il rischio di caduta sulla copertura dovuto a: perdita di equilibrio;
- il rischio verso la copertura causato da fattori derivanti dall’esterno quali: linee elettriche aeree; caduta di materiali dall’alto;
- il rischio dalla copertura con effetti verso l’esterno dovuto a: caduta di materiali verso il basso”.

La valutazione dovrà tenere in considerazione l’eventuale esposizione e la successiva riduzione di altri rischi, i rischi concorrenti:
- “il rischio innescante la caduta derivante da: inadeguata capacità portante della copertura; insufficiente aderenza delle calzature; insorgenza di vertigini; abbagliamento degli occhi; abbagliamento degli occhi; scarsa visibilità; colpo di calore o di sole; rapido abbassamento della temperatura;
- il rischio di natura atmosferica derivante da: vento, pioggia, umidità o ghiaccio sulla copertura”.

La valutazione deve tenere conto anche dei rischi susseguenti alla caduta e connessi all’eventuale utilizzo dei DPI contro le cadute dall’alto (rischio prevalente): “oscillazione del corpo con urto contro ostacoli (‘effetto pendolo’); arresto del moto di caduta per effetto delle sollecitazioni trasmesse dall’imbracatura sul corpo; sospensione inerte del corpo dell’utilizzatore che resta appeso al dispositivo di arresto caduta e da tempo di permanenza in tale posizione; non perfetta adattabilità del DPI; intralcio alla libertà dei movimenti causata dal DPI; inciampo su parti del DPI”.

Infine segnaliamo l’intervento di Paolo Folloni dal titolo “ Aspetti relativi ai materiali costituenti le strutture di copertura”, intervento che affronta diversi temi relativi ai materiali, ad esempio con riferimento a:
- linea vita con torrette indeformabili;
- forze in gioco sulla linea vita di classe C;
- calcolo delle forze trasferite agli ancoraggi;
- linea vita deformabile;
- ripartizione dei carichi di ancoraggio.

Ad esempio si ricorda che (UNI EN 795/02) per i “dispositivi che utilizzano linee di ancoraggio orizzontali realizzati con corde di fibra, cinghie o funi metalliche, la resistenza minima alla rottura della corda o della cinghia deve essere almeno il doppio della tensione massima applicata a detta corda o cinghia nel momento dell'arresto della caduta previsto per tale dispositivo e verificato per mezzo di prove o di calcolo. Tutti gli altri elementi portanti inseriti nella linea di forza della linea di ancoraggio flessibile (per esempio pali di ancoraggio strutturale, piastre portanti, bulloni, ecc.) e che fissano la linea di ancoraggio alla struttura portante principale devono essere progettati in modo da resistere al doppio della forza generata dalla massima tensione del supporto al momento dell'arresto della caduta o del trattenimento applicata su tali elementi o componenti (i calcoli devono essere eseguiti da un ingegnere qualificato)”.


“ La classificazione delle coperture” di Luigi Cortis - INAIL-DTS (formato PDF, 2.01 MB).
 
“ Valutazione del rischio per i lavori su coperture” di Luca Rossi - INAIL-DTS (formato PDF, 119 kB).
 
“ Aspetti relativi ai materiali costituenti le strutture di copertura” di Paolo Folloni - Libero professionista (formato PDF, 7.43 MB).

Norma EN 795:2012: equipaggiamento personale anticaduta


DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2015/2181 DELLA COMMISSIONE del 24 novembre 2015 sulla pubblicazione con limitazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del riferimento alla norma EN 795:2012 «Equipaggiamento personale anticaduta — dispositivi di ancoraggio» a norma del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio

La norma EN 795:2012 riguarda sia i punti di ancoraggio fissi sia quelli mobili. Tuttavia, solo i punti di ancoraggio mobili (vale a dire trasportabili e temporanei), non fissati in modo permanente a una struttura, rientrano nel campo di applicazione della direttiva 89/686/CEE.




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I dispositivi di ancoraggio oggetto della norma EN 795:2012 sono di 5 tipi, in base alle loro caratteristiche:

Tipo A: Dispositivi di ancoraggio con uno o più punti di ancoraggio fissi e con la necessità di ancoraggi strutturali o di elementi di fissaggio da fissare alla struttura;

Tipo B: Dispositivi di ancoraggio con uno o più punti di ancoraggio fissi senza la necessità di ancoraggi strutturali o elementi di fissaggio da fissare alla struttura;

Tipo C: Dispositivi di ancoraggio che utilizzano linee di ancoraggio flessibili orizzontali;

Tipo D: Dispositivi di ancoraggio che utilizzano linee di ancoraggio rigide orizzontali;

Tipo E: Dispositivi di ancoraggio per uso su superfici orizzontali in cui la prestazione si basa esclusivamente sulla massa e sul suo attrito con la superficie (ancore a effetto inerziale).


Dopo aver esaminato la norma EN 795:2012, la Commissione ha stabilito che solo i dispositivi di ancoraggio di tipo B ed E sono da considerarsi ancore mobili non destinate a rimanere permanentemente fissate alla struttura, e sono pertanto DPI disciplinati dalla direttiva 89/686/CEE.


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P.O.S (Esempio di Piano operativo di sicurezza editabile in word)l Il POS è il piano operativo di sicurezza che tutte le imprese devono presentare prima di entrare in un cantiere edile, ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni, nuovo Testo unico sicurezza sul lavoro (T.U.S.L.).

Il presente Piano operativo di sicurezza (in sigla POS) costituisce assolvimento all'obbligo, posto in capo ai datori di lavoro delle imprese esecutrici, dell'art. 17 del D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i..

Il POS è conforme a quanto disposto dall'allegato XV del D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i.. Esso contiene la valutazione dei rischi, ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. n. 81/08 e s.m.i., relativamente ai lavori eseguiti direttamente da questa/e impresa/e e propone le scelte autonome di carattere organizzativo ed esecutivo, in osservanza delle norme in materia di prevenzione infortuni e di tutela della salute dei lavoratori.

Il POS che ne risulta è idoneo ad essere accettato dai coordinatori e dagli organi di controllo.

Il Piano contiene l’individuazione, l’analisi e la valutazione dei rischi e le conseguenti procedure, gli apprestamenti e le attrezzature atti a garantire, per tutta la durata dei lavori, il rispetto delle norme per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute dei lavoratori.

Il piano è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell’opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione.

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Il presente Piano di sicurezza e coordinamento ( PSC) è redatto ai sensi dell'art. 100 , c. 1, del D.Lgs. n. 81/08 in conformità a quanto disposto dall'all XV dello stesso decreto sui contenuti minimi dei piani di sicurezza. 
L'obiettivo primario del PSC è stato quello di valutare tutti i rischi residui della progettazione e di indicare le azioni di prevenzione e protezione ritenute idonee, allo stato attuale, a ridurre i rischi medesimi entro limiti di accettabilità. 


Il piano si compone delle seguenti sezioni principali:

identificazione e descrizione dell'opera

individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza

analisi del contesto ed indicazione delle prescrizioni volte a combattere i relativi rischi rilevati;

organizzazione in sicurezza del cantiere, tramite:

relazione sulle prescrizioni organizzative;

lay-out di cantiere; (da inserire a vostra cura)

analisi ed indicazione delle prescrizioni di sicurezza per le fasi lavorative interferenti;
coordinamento dei lavori, tramite:

pianificazione dei lavori (diagramma di GANTT da inserire a vostra cura) secondo logiche produttive ed esigenze di sicurezza durante l'articolazione delle fasi lavorative;

prescrizioni sul coordinamento dei lavori, riportante le misure che rendono compatibili attività altrimenti incompatibili;

stima dei costi della sicurezza;

organizzazione del servizio di pronto soccorso,antincendio ed evacuazione qualora non sia contrattualmente affidata ad una delle imprese e vi sia una gestione comune delle emergenze.

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