la presenza di un modello organizzativo 231

Modelli di organizzazione e di gestione aziendale e applicazione del D.Lgs. 231 del 2001. Le caratteristiche dei modelli e le carenze che annullano il potenziale esimente dalla responsabilità amministrativa delle aziende.


Più volte il nostro giornale ha affrontato il rapporto tra il D.Lgs. 81/2008 e il D.Lgs. 231/2001 in relazione alla responsabilità amministrativa delle aziende e ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme antinfortunistiche.
Meno spesso abbiamo invece sottolineato quanto questi temi si ripercuotano sulle attività di indagine svolte quotidianamente dagli operatori PSAL delle ASL, per eventi infortunistici e per malattie professionali, specialmente laddove viene richiesto di verificare se esistano delle responsabilità a carico delle aziende in base al  D.Lgs. 231/2001.
 
Per parlare di responsabilità amministrativa con riferimento non solo alle caratteristiche dei modelli di organizzazione e gestione (MOG) ma anche a situazioni di verifica della loro efficacia, possiamo presentare gli atti di una serie di incontri formativi (4 e 11 giugno 2015) organizzati dall’ Azienda Sanitaria Locale di Milano con il titolo “Sistemi di gestione della sicurezza e articolo 30 D.Lgs. 81/08. Modelli di organizzazione e di gestione aziendale e applicazione del D.Lgs. 231 del 2001”.


Nell’intervento “Esperienza concreta di applicazione del D.Lgs 231 e individuazione dei soggetti responsabili”, a cura del Dr. Maurizio Ghezzi e del Dr. Andrea Matteo Basso, si ricorda innanzitutto che, con riferimento all’Art. 30 del D. Lgs. 81/2008, un modello di organizzazione e gestione “consente di avere efficacia esimente dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società … purché adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi a: 
1) il rispetto degli standard tecnicostrutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
2) le attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
3) le attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei RLS;
4) le attività di sorveglianza sanitaria, informazione e formazione dei lavoratori;
5) le attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza;
6) l’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
7) periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate”. 
Il documento agli atti, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta poi vari altri requisiti  e ricorda alcuni “punti di vista” e “difficoltà” di vari ruoli relativi alla gestione del MOG o alla verifica della sua efficace attuazione: consulente SGSSL, membro dell’Organismo di Vigilanza (OdV), consulente tecnico d’ufficio (CTU).
 
Veniamo brevemente ad un “case study” relativo ad una realtà produttiva “in cui si sono verificati 2 infortuni che hanno determinato gravi lesioni (amputazione di più dita della mano) in due diversi lavoratori, operanti nel medesimo reparto, a distanza di meno di 2 mesi l’uno dall’altro”.
 
In questo caso ci sono i potenziali elementi esimenti: “presenza di un MOG ex D. Lgs. 231/01 (costituito da codice etico, protocolli/procedure, sistema sanzionatorio); realtà strutturata; presenza di un Organismo di Vigilanza; previsione di procedere a certificare il SGSSL implementato in conformità alla norma BS OHSAS 18001:07”. 
Ma non sempre i “potenziali elementi esimenti” sono sufficienti per evitare la responsabilità amministrativa...
 
Nelle indagini a seguito degli infortuni il PM chiede al CTU di valutare se:
- “il MOG adottato è idoneo a prevenire i reati verificatisi;
- il MOG è efficacemente attuato anche in relazione ai poteri di disposizione, controllo e spesa desumibili dall'art. 30 del D. Lgs. 81/08 e dei requisiti richiesti da quest'ultima norma in relazione alla registrazione, le verifiche, l'articolazione di funzioni, idoneo sistema di controllo e quant'altro espressamente richiamato dalle disposizioni indicate;
- la presenza di interesse/risparmio di spesa”. 
 
Il relatore descrive nel dettaglio l’approccio operativo del CTU, gli elementi ricercati e quelli trovati in questo specifico caso ( codice etico, alcune procedure, OdV, sistema sanzionatorio, ...).
Tuttavia nella valutazione di diverse procedure si rileva in un caso “una incompleta attività di informazione e formazione del personale relativamente alle procedure relative alla gestione delle specifiche linee di produzione, peraltro risultate incomplete nei loro contenuti, in relazione alle evidenze emerse con gli infortuni”. In un altro caso si rileva “un’incompleta attività di analisi delle cause (richiamo al lavoratore e non intervento sulla causa radice nel primo evento) o peggio un’autodenuncia…(a protezioni installate, dopo il secondo evento, considerazioni sull’ostacolo alla produzione). In entrambi i casi, analisi eseguita violando le tempistiche imposte dalla procedura”. 
Insomma vi sono “insufficienti evidenze dell’avvenuta adozione ed efficace attuazione di un piano di formazione dei lavoratori in grado di rendere edotti i lavoratori sui rischi residui presenti e sui contenuti delle correlate specifiche procedure aziendali” e si ricorda, come indicato nell’articolo 30 del TU, che il MOG per avere efficacia esimente deve, ad esempio, “assicurare un idoneo sistema aziendale per adempiere agli obblighi giuridici di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti”.
 
L’esempio poi riporta alcune violazioni normative in relazione alla conformità delle macchine.
Invitando alla lettura completa degli atti, ne riportiamo alcuni stralci : “ciascuna calandra, sulla quale hanno avuto luogo gli infortuni, fa parte di una linea di produzione (‘raffreddatore’), costituita da calandra, raffreddatore mobile a nastro e frantumatore rotante…” e la dichiarazione di conformità di uno dei raffreddatori, “riporta esplicitamente la dicitura che ‘la macchina non può essere messa in funzione prima che la macchina in cui deve essere incorporata o con cui deve essere assemblata sarà stata dichiarata conforme con la Direttiva Macchine’. Inoltre… la Ditta costruttrice scrive che la ‘linea di raffreddamento’ viene fornita cieca, per quanto concerne ‘la feritoia necessaria per consentire l’alimentazione del prodotto e l’alloggiamento della testata dell’estrusore’, lasciando di fatto all’utilizzatore l’onere e la responsabilità di realizzare l’ ‘insieme’ costituito da estrusore e ‘raffreddatore’ con la conseguente necessità di garantire le misure di natura antinfortunistica”. E le feritoie di accesso ai rulli delle calandre “sono state dotate in maniera definitiva delle necessarie e identiche protezioni solo a seguito di entrambi gli eventi infortunosi e del ricevimento delle prescrizioni ASL”.
 
Si ha quindi:
- “violazione normative di legge;
- MOG privo di procedure in grado di fornire adeguati criteri operativi per assicurare le necessarie certificazioni di legge e la garanzia dei requisiti di sicurezza di impianti ed attrezzature, prima del loro inserimento nei reparti e relativa messa in funzione (pertanto idonee a prevenire i reati)”;
- “inadeguata valutazione e gestione dei rischi a seguito della messa in esercizio delle linee di produzione (senza protezioni)”.
 
Dopo aver riportato informazioni su quanto rilevato in relazione all’adeguatezza dei controlli (operatori, Direzione, OdV, ...) e alle deleghe con autonomia di spesa per il Responsabile HSE, si riporta il parere del CTU.
 
Riguardo all’idoneità del modello organizzativo il parere segnala:
- “MOG delineato ma non idoneo, al momento del manifestarsi degli eventi infortunosi, a prevenire la commissione dei reati ascritti. Principali carenze riconducibili alla mancata adozione di idonee procedure atte a regolare in modo efficace le attività di acquisto dei macchinari di produzione (…), nonché di valutazione dei rischi residui (…) prima della loro effettiva messa in funzione;
- complesso delle procedure presenti, prescindendo dal giudizio relativo alla loro completezza ed efficacia, di fatto non esplicitamente ricompreso in modo organico nell’insieme degli elementi costitutivi del MOG, rendendolo di fatto incompleto”. 
 
E per quanto concerne l’assetto procedurale prevale dunque la “mancata/inadeguata adozione” rispetto alla non efficace attuazione. E in merito alle deleghe ed al potere di spesa “si rileva che pur in presenza di una specifica delega con autonomia di spesa, al momento del primo infortunio non è stata attuata nessuna azione di segregazione delle parti pericolose”.
 
Per finire, in risposta ai quesiti posti dal PM, il CTU riporta anche indicazioni relative alla presenza di interesse/risparmio:
- “risparmio di spesa scaturente dal mancato adeguamento dei macchinari considerabile di modesta, se non trascurabile entità (< 1.000,00 euro), di fatto non in grado ragionevolmente di costituire un vantaggio per l’Ente”; 
- “diversamente si può intendere e quantificare l’interesse per l’Ente, laddove si consideri che la mancata installazione o, peggio, la rimozione delle protezioni sia stata realizzata al fine di ovviare a inconvenienti di funzionamento dei macchinari e quindi allo scopo di migliorare l’efficienza produttiva. Si ritiene pertanto realistico ipotizzare, con un giudizio ex ante, una scelta imprenditoriale (quella di non installare o peggio rimuovere le protezioni delle parti pericolose delle linee di produzione) connessa a miglioramenti produttivi. È quindi verosimile che l'interesse dell'Ente si configuri in una valutazione ex ante di maggiore efficienza produttiva del reparto, ricollegabile alla rimozione delle barriere protettive delle macchine da cui sono derivati gli infortuni”.
E riguardo, infine, alla connotazione oggettiva del vantaggio, si “ritiene che anche se di difficile quantificazione, questo sia comunque rilevabile ex post nella riduzione dei tempi di lavorazione associati alla riduzione/eliminazione degli interventi di rimozione del materiale estruso bloccato dalle protezioni, e quindi nella maggiore produttività delle linee di produzione, a cui è ragionevole attribuire una consistenza di natura economica”.
 



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