attività ispettiva in presenza di contratti certificati

nota n. 1981 del 4 marzo 2020

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha pubblicato la nota n. 1981 del 4 marzo 2020, ha fornito ulteriori istruzioni operative, ai propri ispettori, in merito al comportamento da tenere in caso di attività ispettiva in presenza di contratti certificati (sia di lavoro che di appalto), ai sensi degli artt. 75 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003.
L’Ispettorato, in particolare, fornisce alcuni chiarimenti rispetto a quanto già affermato con la circolare n. 9/2018 e approfondisce i seguenti argomenti:

Vizi concernenti la comunicazione dell’avvio del procedimento
Inefficacia delle certificazioni rilasciate da soggetti non abilitati
False certificazioni
Periodo non “coperto” dal provvedimento di certificazione
Contestazione giudiziale delle certificazioni

Al  fine  di  corrispondere ad  alcune  richieste  di  chiarimenti  provenienti  dagli  Uffici  del  territorio  si forniscono le seguenti indicazioni operative in relazione alla possibile interferenza tra le attività di vigilanza e quella di certificazione.
 
 
Preliminarmente, si richiamano le indicazioni già fornite da questo Ispettorato con la circ. n. 9/2018, con specifico riferimento alle ipotesi di accertamenti ispettivi iniziati prima o successivamente alla presentazione di una istanza di certificazione ai sensi degli artt. 75 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003, nonché riguardo la procedura di impugnazione della certificazione per vizi riconducibili all’erronea qualificazione del contratto ovvero alla difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.
 
 
La circ. n. 9, in particolare, ha già avuto modo di precisare che, laddove l’attività di accertamento abbia ad oggetto prestazioni lavorative dedotte in un contratto certificato, il verbale di contestazione va comunque adottato ma “…. deve recare, in relazione al disconoscimento dei contratti certificati (sia di lavoro che di appalto), l’espressa avvertenza che l’efficacia di tale disconoscimento (applicazione delle sanzioni ed eventuali altri effetti derivati) è condizionata al positivo espletamento del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la Commissione
di certificazione oppure, in caso la stessa non riuscisse, all’utile proposizione delle impugnazioni previste dall’art.80 del D.Lgs. n. 276/2003”. Conseguentemente, “(…) l’ufficio che ha condotto gli accertamenti deve procedere, una volta acquisito il regolamento interno di funzionamento della Commissione che ha disposto la certificazione, ad esperire presso quest’ultima il tentativo obbligatorio di conciliazione in conformità alle procedure indicate nel medesimo regolamento”.
 
 
Vizi concernenti la comunicazione dell’avvio del procedimento
A mente dell’art. 78, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 “le procedure di certificazione sono determinate all'atto di costituzione delle commissioni di certificazione e si svolgono nel rispetto dei codici di buone pratiche di cui al comma 4, nonché dei seguenti principi: a) l'inizio del procedimento deve essere comunicato alla Direzione provinciale del lavoro che provvede a inoltrare la comunicazione alle autorità pubbliche nei confronti delle quali l'atto di certificazione è destinato a produrre effetti. Le autorità pubbliche possono presentare osservazioni alle commissioni di certificazione”.
 
 
Al riguardo va rilevato che la comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro il più delle volte contiene esclusivamente informazioni relative all’avvio del procedimento, alla identità delle parti, alla tipologia di contratto e agli effetti richiesti con la certificazione.
 
 
Sul punto va tuttavia rilevato che il Ministero del lavoro, con nota n. 4340 del 7 marzo 2016 della Divisione V della ex Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali (ora D.G. rapporti di lavoro e relazioni industriali) ha in proposito chiarito che “l’art. 78, relativo all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, non può essere applicato in modo acritico o formalistico, ma deve essere inteso come strumento per garantire l’effettiva partecipazione degli enti pubblici al procedimento in questione, analogamente a quanto previsto dalle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/90”.
 
 
Da ciò si desume la necessità per gli Ispettorati di avere la disponibilità, all’atto della comunicazione, di tutta  la  documentazione utile  (ovvero  la documentazione  allegata  all’istanza  di  certificazione,  in primis  il contratto da certificare) ai fini dell’esercizio della facoltà di presentare osservazioni.
 
 
Pertanto gli Uffici interessati, all’atto della ricezione di una comunicazione priva delle necessarie allegazioni, dovranno richiedere, nelle modalità indicate nel regolamento della Commissione, le integrazioni documentali necessarie a garantire l’effettiva partecipazione al procedimento certificatorio.
 
 
Peraltro, va segnalato che molti regolamenti facoltizzano le autorità pubbliche a partecipare, a titolo consultivo, alle sedute della Commissione unitamente alla possibilità di presentare osservazioni, in ossequio al citato art. 78, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003.
 
 
Anche alla luce di quanto sopra, appare quindi indispensabile procedere preliminarmente, così come già suggerito, ad una approfondita disamina del regolamento interno della Commissione procedente onde ricavarne ulteriori elementi utili a supportare possibili vizi del provvedimento di certificazione.
 
 
Allo stesso fine dovrà essere valutato il corretto invio della comunicazione di avvio del procedimento all’Ispettorato competente in ragione del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa secondo quanto già chiarito della nota del 19 aprile 2019, prot. n. 3861.
 
 
Nel caso in cui ciò non avvenga, l’Ufficio avrà cura di invitare la Commissione ad inoltrare la comunicazione  all’Ispettorato  territorialmente  competente,  evidenziando che  l’inosservanza  di  tale  onere integra un vizio procedurale.
 
 
L’assenza della comunicazione al competente Ispettorato nei termini previsti dal regolamento interno –
che peraltro dovrebbero essere compatibili con il principio di cui all’art. 78, comma 2 lett. b), del D.Lgs. n.
276/2003 secondo il quale “il procedimento di certificazione deve concludersi entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della istanza” – ovvero l’assenza della documentazione utile a valutare il contratto da certificare, costituisce un vizio di carattere procedurale che si riverbera evidentemente sulla idoneità del provvedimento stesso a produrre i suoi effetti e che va evidenziato alla Commissione di certificazione affinché sia valutata anzitutto l’emanazione di un provvedimento di ritiro in autotutela della certificazione.
 
 
Inefficacia delle certificazioni rilasciate da soggetti non abilitati
In sede di ricezione della comunicazione di avvio del procedimento, l’Ispettorato potrà verificare la sussistenza in capo all’organo di certificazione dei requisiti di legge, in base a quanto chiarito con circolare n.
4/2018 e successivamente con la nota prot. 3861 del 19 aprile u.s., secondo cui le certificazioni “… possono ritenersi del tutto inefficaci sul piano giuridico, in particolare laddove le stesse siano riconducibili ad enti bilaterali che non possono ritenersi tali”. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. h), del D. Lgs. n. 276/2003, infatti, detti enti sono esclusivamente gli “organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative". Pertanto, ove sia rilevata tale criticità, è opportuno che l’Ufficio eccepisca la carenza dei requisiti previsti ex lege, evidenziando la conseguente inefficacia provvedimento di certificazione eventualmente adottato (cfr. fac-simile Allegato 1).
 
 
Se tali circostanze sono rilevate in sede di accertamento ispettivo, si ritiene necessario che nel verbale di contestazione siano chiarite le ragioni che hanno portato a ritenere del tutto inefficaci i provvedimenti di certificazione, facendo appunto riferimento all’assenza dei requisiti prescritti dalla legge (ad es. il requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi delle associazioni che hanno costituito l’ente bilaterale certificatore).
 
 
Tale indicazione, ancorché assente nel verbale, si ritiene vada esplicitata anche nel corpo dell’ordinanza ingiunzione. Conseguentemente, in caso di impugnazione del verbale, la difesa non solo contesterà l’ammissibilità del ricorso proposto avverso l’atto non definitivo ma, in via gradata, dovrà altresì sostenere la legittimità dell’adozione del verbale sulla scorta della carenza dei requisiti di legge in capo all’organo certificatore.
 
 
False certificazioni
Risulta altresì possibile che vengano esibiti atti di certificazione “falsi”, riferibili ad organi di certificazione abilitati o meno al rilascio delle certificazioni secondo quanto appena chiarito, ciò in quanto si sono registrati casi
in cui tali organi, opportunamente interessati dagli Uffici, hanno disconosciuto gli atti come propri.

Pertanto, ove si coltivino dubbi in ordine all’autenticità degli atti prodotti, il personale ispettivo – ovvero, qualora già fosse superata la fase ispettiva, gli Uffici legali – provvederanno a richiedere alle Commissioni un riscontro in merito all’instaurazione e alla conclusione della procedura di certificazione esplicitando, allo stesso tempo, che resta impregiudicata, ove ne ricorra il caso, ogni ulteriore valutazione in ordine alla legittimità dell’organo di certificazione.
 
 
Ferma restando, ove ne siano verificati i presupposti, la segnalazione all’Autorità giudiziaria di un reato di falso, sarà cura del personale ispettivo e del personale degli Uffici legali, fare espressa menzione all’interno del verbale e successivamente nell’ordinanza ingiunzione di tali circostanze, ad ulteriore sostegno delle ragioni che hanno condotto a non tener conto della certificazione ai fini della contestazione degli illeciti.
 
 
Periodo non “coperto” dal provvedimento di certificazione
Da ultimo occorre precisare, rispetto a quanto già oggetto della citata nota del 19 aprile 2019 n. 3861, in ordine al periodo “coperto” dal provvedimento di certificazione, che in assenza di una esplicita menzione nel provvedimento di certificazione del carattere retroattivo dei suoi effetti, questi ultimi potranno decorrere esclusivamente dall’adozione dello stesso.
 
 
Pertanto, a titolo esemplificativo, rispetto ad un contratto di appalto da ritenersi illecito e certificato quando era già in corso di esecuzione sarà sempre possibile adottare e ritenere efficaci eventuali provvedimenti sanzionatori rispetto al periodo non coperto dal provvedimento certificativo.
 
 
Contestazione giudiziale delle certificazioni ai sensi dell’art. 80 e ss.gg. del D.Lgs. n. 276/2003.
Nei casi in cui gli atti di certificazione possano considerarsi comunque efficaci l’Ufficio, ove riscontri l’erronea qualificazione del contratto o la difformità nell’esecuzione dello stesso, valuterà l’impugnazione della certificazione secondo la procedura prevista dall’art. 80 del D.Lgs. n. 276/2003.
 
 
Al riguardo, si ritiene utile fornire alcune indicazioni al fine di orientare meglio l’attività defensionale dell’Amministrazione nella redazione del ricorso, allegando anche apposita modulistica.
 
 
Come noto il ricorso deve essere preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione (cfr. fac-simile Allegati 2 e 3) da espletarsi ai sensi del comma 4 dell’art. 80 presso la sede dell’organo di certificazione secondo le modalità indicate nella circolare n. 9/2018; tale adempimento costituisce condizione di procedibilità della successiva azione giudiziaria, anche in ragione di quanto previsto al comma 3 dello stesso art. 80 ai sensi del quale “il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla commissione di certificazione potrà essere valutato dal giudice del lavoro ai sensi degli art. 9, 92 e 96 c.p.c.”.
 
 
In tale contesto, attesa la probabile connessione oggettiva delle questioni che riguardano l’atto certificato, sembra opportuno notiziare dell’intenzione di attivare il procedimento di conciliazione  le altre autorità pubbliche nella cui sfera giuridica l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti (in particolare INPS ed INAIL), trasmettendo la documentazione utile anche alla corretta individuazione delle imprese interessate.

Una volta esaurita tale fase, si procederà alla redazione del ricorso che, nella sua parte introduttiva, dovrà dare atto dell’espletamento del tentativo di conciliazione e del relativo esito; anche dell’iniziativa giudiziale si ritiene opportuno ulteriormente notiziare le sedi territorialmente competenti di INPS e INAIL.
 
 
Per quanto riguarda l’oggetto dell’impugnazione occorre ricordare come l’art. 80 faccia espressamente riferimento all’atto di certificazione specificando che è nei confronti di quest’ultimo che le parti o i terzi possono proporre ricorso.
 
 
È del pari opportuno precisare che nell’instaurando giudizio di impugnazione saranno da chiamare in causa le parti del contratto certificato che, atteso l’interesse che hanno al giudizio, sono da qualificare come litisconsorti necessari.
 
 
Per quanto riguarda la parte contenutistica del ricorso è fondamentale, dopo aver puntualmente indicato il motivo di impugnazione (erronea qualificazione del contratto o difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione), ripercorrere gli elementi di fatto raccolti in sede ispettiva richiamando il contenuto del verbale ispettivo da cui emergono le risultanze degli accertamenti condotti e la documentazione acquisita. Ciò in quanto, soprattutto nel caso di impugnazione per difformità tra programma negoziale e sua successiva attuazione, la contestazione nel merito potrebbe non riguardare l’atto di certificazione tout court, ma unicamente l’oggetto di quest’ultima, vale a dire il contratto e le susseguenti modalità di esecuzione.
 
 
In altri termini, gli eventuali vizi della procedura di certificazione, rimessi ordinariamente alla giurisdizione del TAR – quali ad esempio quelli attinenti alla violazione degli obblighi di comunicazione o delle altre disposizioni del regolamento interno – potranno essere posti in evidenza incidenter tantum, anche innanzi al giudice ordinario nella complessiva rappresentazione di una vicenda giuridica che presenti vizi di merito inerenti la difformità tra contratto certificato e la sua esecuzione ma anche vizi procedurali consistenti, in particolare, nella violazione di norme poste a presidio della corretta partecipazione delle autorità pubbliche.
 
 
Nel caso di erronea qualificazione del contratto l’Ufficio dovrà porre particolare attenzione agli elementi istruttori raccolti, atteso che la volontà delle parti, espressa con la stipula del contratto e consolidata dal provvedimento di certificazione, potrà essere confutata solo da elementi probatori di chiaro ed evidente segno contrario. Va peraltro sottolineato che, data la formulazione dell’art. 80, comma 1, è consentito solo alle parti del contratto impugnare il provvedimento di certificazione per vizi del consenso.
 
 
Come sopra, anticipato, infine, il provvedimento di certificazione può essere impugnato, in via esclusiva, dinanzi al TAR competente per territorio per vizi attinenti al procedimento o per eccesso di potere, nel consueto termine decadenziale di 60 giorni.
 
 
In tale contesto, come già anticipato, alla luce dell’art. 78, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 e delle integranti disposizioni di regolamento interno, potranno essere sollevati vizi relativi all’intera fase certificatoria (es. in relazione alla composizione della commissione, ai requisiti dell’istanza, alla ritualità delle comunicazioni all’ITL, alla validità delle delibere, alla carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione del provvedimento
di certificazione ecc..).
 
 L’eventuale accoglimento del ricorso ex art. 80 comporta la possibilità da parte dell’Ufficio di dare seguito al verbale già adottato sub condicione dell’espletamento della procedura di contestazione della certificazione, anche in relazione ai conseguenti effetti sul piano previdenziale e assicurativo la cui esecuzione sarà curata da INPS e INAIL, previa trasmissione di tutti gli atti utili.


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Fonte: Ispettorato Nazionale del Lavoro


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