Cassazione Penale, Sez. 4, 26 ottobre 2020, n. 29612 - Caduta dal tetto durante l'installazione di pannelli per impianto fotovoltaico

sentenze cassazione sicurezza lavoro
2020

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trani in funzione monocratica, pronunciata il 19.11.2014, riduceva la pena inflitta a L.G. e C.L. ad anni uno di reclusione e confermava per il resto la condanna nei confronti di P.C.D. e A.R., in relazione al reato di cui agli artt. 589 1 e 2 comma, 41 comma 1 e 113 cod. pen., per aver ciascuno, con condotte colpose indipendenti ma tutte concorrenti, caratterizzate da colpa generica e specifica, per inosservanza delle regole antinfortunistiche vigenti in materia, causato la morte di S.M., dipendente della ditta F.E.B.O. Tecnologies sas, che stava installando pannelli per impianto fotovoltaico sul tetto del capannone della ditta Da.Mar marmi; infatti, mentre il S.M. era sul tetto, a causa del cedimento di uno dei pannelli, cadeva da notevole altezza, decedendo sul colpo. In Trani il 23.12.2010.
Venivano revocate le statuizioni civili a seguito dell'avvenuto risarcimento del danno e della revoca della costituzione di parte civile .
2. La imputazione è così articolata:
2.1. P.C.D. e A.R., nella qualità il primo di socio accomandatario e legale rappresentante e il secondo di socio accomandatario nonché di preposto di fatto della F.E.B.O Tecnologies sas, datore di lavoro del S.M., non dotavano il lavoratore di alcun sistema di arresto caduta, guide o linee vita flessibili o rigide o dispositivi di trattenuta retrattili, o di un'imbracatura di sicurezza (art. 18 comma 1 lett. d e 115 Dlgs 81/08); né allocavano andatoie o passarelle che consentissero il movimento in sicurezza dei lavoratori sulle lastre in vetroresina di copertura del tetto, notoriamente a rischio sfondamento ( art. 130 Dlgs 81/08); omettevano di redigere un piano operativo di sicurezza (POS) riferito al cantiere oggetto dell'intervento e quindi contenente specifiche scelte progettuali e organizzative e prescrizioni operative tecniche e di sicurezza, idonee a rispettare le fasi critiche di costruzione e prevenire i rischi specifici connessi con le lavorazioni relative all' installazione dell'impianto fotovoltaico, tra cui la saldatura delle traversine in ferro (art. 17 comma 1 lett. a) del D.lgs 81/08); non redigevano alcun progetto esecutivo circa la fattibilità dell'impianto, né promuovevano la cooperazione e il coordinamento con la Ditta Da.Mar marmi né informavano e formavano il lavoratore dei rischi specifici inerenti le misure di prevenzione da adottare ( art. 19, 22, 26 comma 2, 37 comma 1 D.lgs 81/2008 ), con particolare riferimento alle zone che esponevano alla caduta dall'alto.
2.2. L.G., quale legale rappresentante della Da.Mar Marmi s.r.l., committente e C.L., quale progettista e direttore dei lavori, nominato dal committente nel contratto di appalto, rispettivamente il primo ometteva di fornire alla ditta appaltatrice F.E.B.O. Tecnologies sas dettagliate informazioni sui rischi specifici dell'ambiente di lavoro in cui operava, non rendendo disponibili i calcoli statici della struttura né promuovendo la cooperazione e il coordinamento necessario per l'elaborazione di un unico documento di valutazione dei rischi che indicasse le misure da adottare per eliminare o ridurre al minimo il rischio di interferenze ( art. 26 comma 1,2,3 D.lgs 81/2008); il secondo, pur non avendo effettuato né avendo a disposizione i calcoli statici della struttura oggetto di istallazione dell'impianto fotovoltaico da 100 Kwh, asseverava nella relazione tecnica del 19.11.2010 che le opere rispettavano le misure di sicurezza a tutela della salute dei lavoratori ( art. 22 del D.lgs 81/2008); rimaneva totalmente assente in sede di esecuzione dei lavori ( fai 23 sentenza di primo grado) omettendo di segnalare al committente il rischio di intervento su una superficie come quella del tetto, coperto da sottili lastre in fibrocemento e con limiti di resistenza prevedibili.
2.3. A tutti gli imputati si contestava inoltre il profilo di colpa generica, da imprudenza negligenza e imperizia, consistito nel fatto di aver consentito che il S.M. salisse sul tetto composto da lastre ondulate in fibrocemento con un ulteriore carico costituito da pannelli montati su travi di ferro, e quindi con un peso molto vicino al carico di rottura delle lastre medesime, essendo prevedibile che il pannello potesse rompersi e quindi determinare la caduta del lavoratore.
3. L'infortunio, secondo la ricostruzione in fatto concorde dei Giudici di merito, peraltro sostanzialmente non contestata dalle parti, era avvenuto nei seguenti termini:
- il 23.12.2010 presso il capannone della DA.Mar Marmi s.r.l., sito in Trani, S.M. dipendente di fatto dal 6.12.2010 della Ditta F.E.B.O. Tecnologies sas, che aveva stipulato il 30.09.2010 un contratto di appalto per la fornitura di un impianto fotovoltaico, della potenza di 100 KW, da installare sul capannone della Da.Mar, era deceduto a seguito del cedimento di una lastra di copertura del tetto, la cui altezza al colmo era pari a 9,40 m e, in corrispondenza di quella imposta, era pari a 7,40 m;
- era stato accertato che la copertura del tetto del capannone, su cui doveva installarsi l'impianto fotovoltaico, era realizzata in lastre di fibrocemento, intervallate da lastre ondulate in vetroresina, con funzioni di lucernari, il tutto fissato da viti filettate in acciaio zincato e trasversalmente a correnti metallici secondari che, a loro volta, poggiavano su capriate semicircolari con intelaiatura in tubolari di ferro e tirante metallico ( fol ?... e 3 sentenza di primo grado e fol sentenza impugnata);
- risultava dai rilievi dello Spesai Asi Bari che, al momento dell'infortunio, la struttura tubolare portante dei pannelli dell'impianto fotovoltaico era stata già realizzata e, per il lato destro, anche la copertura in fotovoltaico; erano in corso i lavori sul colmo del tetto e nella parte centrale del capannone; mancava ancora del tutto la copertura sul lato sinistro;
- era stato accertato, quale causa della caduta mortale del lavoratore, lo sfondamento di una lastra in fibrocemento, compresa tra due correnti metallici secondari e vicina ad una lastra translucida, a causa del peso e del movimento della vittima che con sè trasportava anche un pannello del fotovoltaico;
- era risultato che il lavoratore non aveva né imbracature né funi né casco; non erano presenti sul tetto andatoie su cui poter camminare in sicurezza, i dipendenti non erano stati informati della necessità dell'uso di cinture di sicurezza né vi erano punti di aggancio sicuri per fissare eventuali imbracature; non erano state montate reti salvavita; gli operai erano stati rassicurati sia dall'A.R. che anche dai rappresentanti della Da.Mar che i pannelli di copertura del tetto erano calpestabili (fai 11 e 12 sentenza di primo grado);
- gli accertamenti tecnici disposti in corso di istruttoria hanno evidenziato che le lastre ondulate in fibrocemento che costituivano la copertura del tetto se caricate con un peso concentrato pari a F 102 ( 80 peso corporeo e 22 pannello fotovoltaico) sono soggette a un movimento flettente molto prossimo alla rottura, e ciò considerando condizioni statiche e non dinamiche quali sono quelle proprie dell'attività lavorativa. In particolare la norma Uni 10636:1998, revisionata dalla norma Uni10638:2005, ha evidenziato che i carichi che potevano agire sulle coperture erano quelli usuali cioè oltre il carico proprio, quello della neve e l'azione del vento; espressamente al punto 6.1 si specificava che le lastre di spessore di 5 millimetri sono elementi sui quali non si può accedere direttamente ai lavori di montaggio riparazione manutenzione o pulizia e tutte le persone che devono transitare o sostare possono farlo solo dopo interposizione di idonei tavolati o scale da posatori; la norma Uni 8088 prevedeva che per una razionale esecuzione di lavori di montaggio e di manutenzione della copertura e comunque per l'accesso anche sporadico sulle stesse è indispensabile prevedere nella fase progettuale scale e passarelle fisse, agganci per reti di protezione e per cinture di sicurezza dispositivo di sostegno per parapetti provvisori .


4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore, P.C.D. e A.R., chiedendo l'annullamento della sentenza e articolando i seguenti motivi.
4.1. Violazione di legge in relazione alla posizione di garanzia di A.R. quale datore di lavoro delegante nonchè quale datore di lavoro che aveva proceduto alla nomina del RSPP ai sensi dell'art. 17 lett. B del Dlgs 81/2008.
Deduce che A.R., privo di competenze professionali in materia di sicurezza, pur conservando il titolo di datore di lavoro ha delegato tutti gli incombenti in materia di sicurezza al socio P.C.D., affidandogli anche l'incarico di RSPP (consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro seppure privo di effettivo potere decisionale); conseguentemente doveva essere esclusa la responsabilità di A.R. il quale non ha rivestito il ruolo di preposto di fatto proprio per carenza di capacità professionali; l'A.R. si limitava a dare indicazioni tecniche sui lavori operando nella stessa situazione altamente rischiosa dei lavoratori dipendenti.
4.2. Vizio di motivazione in relazione alla commisurazione della pena conseguente alla mancata distinzione delle posizioni di garanzia; violazione di legge per contraddittorietà della motivazione. Lamenta che la Corte territoriale ha ridotto la pena per i coimputati L.G. e C.L. perché meno direttamente coinvolti nell'evento mortale e ha confermato la pena irrogata dal Giudice di primo grado per i ricorrenti, nonostante poi abbia evidenziato il comportamento colposo del L.G. committente che, se avesse ottemperato agli obblighi informativi di cui all'art. 26, avrebbe evitato che gli operai della F.E.B.O. operassero sul tetto e sulla superficie non calpestabile del capannone nelle condizioni di assoluta insicurezza accertate. Così come per il C.L. I Giudici del merito avevano sottolineato il comportamento colposo omissivo consistito nel non segnalare al committente l'impossibilità del camminamento diretto sul tetto. Deduce quindi la contraddittorietà della motivazione e lamenta la mancata riduzione della pena a fronte del risarcimento dei danni operato dagli imputati ricorrenti.

5. L.G., a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso deducendo i seguenti motivi.

5.1. Violazione di legge con particolare riferimento alla ritenuta mancanza di informazioni dettagliate sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui erano destinati a lavorare i dipendenti della F.E.B.O.. Evidenzia la contraddittorietà della motivazione intanto, da un lato, si afferma che le caratteristiche delle lastre e il loro spessore era percepibile ad occhio nudo, dall'altro, si addebita al L.G. la responsabilità nella causazione dell'evento mortale per non aver fornito informazioni specifiche circa il materiale che ricopriva il tetto che costituiva la superficie su cui andava realizzato l'impianto stesso oggetto dell'appalto. La società appaltatrice doveva prevedere il rischio caduta e parametrare l'intervento da eseguire, nessuna omissione rilevante vi è stata da parte del committente.
5.2. Vizio di motivazione ed erronea valutazione di elementi di prova con riferimento alla ritenuta sussistenza di obblighi di garanzia gravanti sul committente e sulla percepibilità da parte di quest'ultimo della mancata adozione o dell'inadeguatezza delle misure di prevenzione adottate dalla FEBO Technologies. Non sono state adeguatamente valutate le dichiarazioni dei testi B., L.G. , M., le fotografie scattate in quota e la relazione del consulente della difesa.

Lamenta che la mancanza o inadeguatezza delle misure di prevenzione non fosse percepibile dal committente e che il contratto di appalto affidava direttamente all'appaltatore l'esecuzione dei lavori le misure di sicurezza.

6. C.L. mezzo del proprio difensore ha presentato ricorso deducendo i seguenti motivi.
6.1. Violazione dell'art. 40; contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta che dapprima è stato affermato che la responsabilità penale del C.L. deriva dalle omissioni della relazione tecnica poi che l'evento è stato provocato dai comportamenti omissivi dei responsabili della società appaltatrice. La Corte territoriale non ha colto la valutazione probabilistica delle conseguenze della condotta di C.L. in netto contrasto con la certezza del nesso causale tra le condotte degli appaltatori e l'evento letale. Le condotte del datore di lavoro della vittima hanno avuto una efficienza causale esclusiva rispetto all'evento infortunio e interrompono il labile nesso causale tra l'omessa segnalazione del rischio ipotizzata a carico del C.L. e la caduta dell'operatore.



Diritto




1. I ricorsi sono infondati, al limite dell'inammissibilità, in quanto reiterano doglianze prospettate in appello cui la Corte territoriale ha dato specifica ed esauriente risposta attraverso una motivazione logica e coerente con le risultanze istruttorie, già ampiamente argomentate anche dal primo Giudice.
2. Alcune considerazioni di premessa giovano ad una più spedita trattazione dei motivi di ricorso appena riassunti.
2.1. Il sistema di sicurezza aziendale si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica riguarda anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a singole imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno dell'azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito del ciclo produttivo dell'azienda medesima.
Grava sul datore di lavoro, committente, l'obbligo di predisporre il documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contestualmente all'interno di un'area (Sez. 4 n.14167 del 12.03.2015 Marzano,rv. 263150).
Grava specularmente sugli stessi datori di lavoro, ai quali sono stati appaltati segmenti dell'opera complessa, l'obbligo di collaborare all'attuazione del sistema prevenzionistico globalmente inteso, sia mediante la programmazione del rischio specifico della singola attività in ordine alla quale la posizione di garanzia rimane a carico del singolo datore di lavoro, sia mediante la cooperazione nella prevenzione dei rischi generici derivanti dall' interferenza tra le diverse attività rispetto a cui la posizione di garanzia si estende a tutti i datori di lavoro ai quali siano riferibili le plurime attività coinvolte nel processo causale che ha dato origine all'infortunio (Sez. 4 n. 30557 del 7.06.2016 rv. 267686-0l; Sez. 4 n. 5420 del 15.12.2011: sez. 4 n. 36605 del 5.05.2011 ; sez. 4 n. 32119 del 25.03.2011 ).
Nel caso di specie, luogo dell'infortunio è la copertura del capannone di proprietà della DA.Mar; i lavori di manutenzione straordinaria affidati alla F.E.B.O. volti alla realizzazione di un impianto fotovoltaico sul lastrico solare del fabbricato erano iniziati il 23.11.2010, secondo la comunicazione del direttore dei lavori C.L.; in una prima fase erano stati predisposti i quadri elettrici a servizio dell'impianto, successivamente erano iniziati i lavori per la copertura, cui era addetto il dipendente S.M., consistenti nell'allestimento della intelaiatura in ferro, quale base d'appoggio e sostegno per i pannelli.
Giova richiamare a tal proposito che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che, se sono più i titolari della posizione di garanzia, come nel caso di specie, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia (Sez.4 n. 46849 del 3.11.2011 rv 252149; Sez. 4 n.8593 del 22.01.2008 rv.238936).
E, ancora, che, quando l'obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen. ( Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015 rv 263733-0l;sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012 rv 254368-01; sez. 4 n.1194 del 15.11.2013 rv 258232).
2.2. Si è poi precisato che, ai fini della attività di valutazione di coordinamento e cooperazione connessa al rischio interferenziale (art. 26 D.lgs 81/08 ), occorre avere riguardo inoltre, non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro -contratto di appalto, d'opera o di somministrazione-, ma all'effetto che da tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza e coesistenza di più organizzazioni, che genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni ( sez. 4 n. 44792 del 17.06.2015 rv 264957-01).
Tale coinvolgimento, funzionale nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non esclude poi la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi specifici, a meno che non risultino inefficaci o dannose ai fini della sicurezza dell'ambiente di lavoro (Sez. 4 n.18200 del 7.01.2016 rv 266640-01).
L'assolvimento di tali obblighi risponde all'esigenza antinfortunistica - avvertita come primaria anche dal legislatore europeo - di gestire preventivamente tale categoria di rischio.
La vigente tutela penale dell'integrità psicofisica dei lavoratori risente, infatti, della scelta di fondo del legislatore di attribuire rilievo dirimente al concetto di prevenzione dei rischi connessi all'attività lavorativa e di ritenere che la prevenzione si debba basare sulla programmazione globale del sistema di sicurezza aziendale, nonché su un modello collaborativo e informativo di gestione del rischio da attività lavorativa, dovendosi così ricomprendere nell'ambito delle omissioni penalmente rilevanti tutti quei comportamenti dai quali sia derivata una carente programmazione dei rischi.
La identificazione dell'area di r:ischio e dei soggetti deputati alla sua gestione serve ad arginare la potenziale espansività della causalità condizionalistica, consentendo di imputare il fatto solo a coloro che erano chiamati a gestire il rischio concretizzatosi.
La Corte territoriale ha fatto corretta e coerente applicazione dei principi giuridici sopra esposti, avendo considerato nella individuazione del determinismo causale le condotte omissive delle doverose misure di prevenzione, facenti capo ai titolari delle posizioni di garanzia descritte in premessa.

3. Ricorso P.C.D., A.R.:
3.1. Il primo motivo è infondato.
Tra l'altro la doglianza non tiene conto e non si raffronta con la ricostruzione fattuale operata dai Giudici di merito ( cd. doppia conforme ); vorrebbe semplicisticamente individuare il soggetto titolare delle posizioni di garanzia solo nel P.C.D., in quanto titolare di una delega come responsabile della sicurezza sul lavoro, sottoscritta il 27.01.2020 dallo stesso P.C.D. e dall'altro socio accomandatario A.R., senza considerare che entrambi gli imputati in quanto soci accomandatari avevano poteri di responsabilità dell'impresa, cioè di gestione e di spesa ed assumevano perciò la posizione di datori di lavoro; l'A.R., inoltre, impartiva le direttive e gli ordini sul posto di lavoro, assumendo anche la funzione del preposto, e il P.C.D. che, si occupava prevalentemente della parte amministrativa, aveva assunto anche la funzione dì responsabile della sicurezza. E' evidente, come argomentato dai Giudici di merito, che il verificarsi dell'infortunio è ricollegato proprio al venir meno delle procedure di sicurezza e delle pratiche di formazione e informazione dei dipendenti che attengono alla sfera gestionale del vertice societario oltre che, per quanto riguarda l'A.R., alla responsabilìtà del preposto in relazione alla concreta esecuzione dell'attività lavorativa e, per quanto riguarda il P.C.D., alla individuazione dei rischi connessi all'attività lavorativa mediante le opportune indicazioni tecniche nella qualità di delegato RSPP.
Va ribadito, peraltro, che la responsabilità penale del datore di lavoro, nel caso di specie di entrambi gli imputati A.R. e P.C.D., non è affatto esclusa per il solo fatto che sia stato designato uno dei soci amministratori quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione trattandosi di soggetto che in quanto tale agiva come ausiliario del datore di lavoro che perciò rimane direttamente obbligato ad assumere le iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio ( cfr. Sez. 4 - , n. 11708 del 21/12/2018 Ud. (dep. 03/2019) Rv. 275279 - 01).

3.2. Il secondo motivo riguardante la commisurazione della pena e la contraddittorietà della motivazione, in relazione alla diminuzione accordata agli altri coimputati, è inammissibile oltre che per genericità, perché richiede una valutazione di merito non consentita in questa sede a fronte di una motivazione compiuta ed articolata dal parte della Corte distrettuale, che ha confermato il giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche con la contestata aggravante, alla luce delle condotte poste in essere da tutti gli imputati in totale dispregio delle norme antinfortunistiche, e, quanto al P.C.D., ha indicato come rilevante anche un precedente specifico, mentre per l'A.R. ha evidenziato la condotta post delictum, concretizzatasi nel tentativo di inquinare il corso delle indagini, inducendo i testi S.M. e B., operai che stavano svolgendo il lavoro della intelaiatura insieme all'infortunato, sul tetto del capannone, a dichiarare il falso ai Carabinieri, in particolare a negare la Circostanza che il Michele S.M. fosse di fatto alle dipendenze della Ditta F.E.B.O.( fol 38).
4. Ricorso L.G.
4.1. I motivi, che possono essere congiuntamente trattati, sono infondati e non si confrontano con le compiute argomentazioni che, con riguardo alla posizione di garanzia assunta al committente L.G., la Corte territoriale ha svolto da fol 28 a 34, facendo corretta applicazione dei principi giuridici che attengono agli obblighi del committente e a quelli connessi alla sussistenza di rischio interferenziale che attiene, non solo al contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nel medesimo luogo di lavoro, ma anche alla coesistenza, in un medesimo contesto, di più organizzazioni che genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni (cfr ex plurimis Sez. 4, n. 44792 del 17/06/2015 Ud. (dep, 09/11/2015 ) Rv. 264957 - 01 rv 264957).
In caso di affidamento di lavori in appalto o a lavoratori autonomi, l'obbligo di redazione de' documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contemporaneamente grava sul datore di lavoro committente, cioè su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo (Sez. 4 - n. 12876 del 08/02/2019 Ud. (dep. 25/03/2019 ) Rv. 275649 - 01); Sez. 4, n. 14167 del 12/03/2015 Ud. (dep. 08/04/2015 ) Rv. 263150 - 01.
Nel caso di specie il L.G., era rappresentante della Da.Mar marmi, società committente, proprietaria dell'immobile sul quale dovevano operare i lavoratori per l'installazione dell'impianto fotovoltaico e aveva a tal fine anche nominato il Direttore di cantiere; aveva perciò non solo l'obbligo di predisporre il documento unico di valutazione dei rischi, cui non ha adempiuto, ma altresì l'obbligo, del tutto pretermesso di fornire informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro cui i lavoratori della F.E.B.O. erano destinati ad operare. In particolare doveva fornire le schede tecniche delle lastre che coprivano il tetto che in quanto molto sottili rion potevano prevedibilmente sopportare il peso delle persone che trasportavano pannelli per l'installazione; avrebbe dovuto impedire l'uso improprio del tetto, stante anche l'assoluta mancanza, visibile ad occhio nudo, di dispositivi di protezione anticaduta dall'alto.

5. Ricorso C.L..
5.1.II motivo è infondato e non si confronta con la ricostruzione dei fatti esposta dai Giudici di merito e con le compiute argomentazioni giuridiche espresse nella sentenza impugnata a fol 34 e ss che ha svolto un analitico esame della posizione di garanzia assunta dal C.L., quale progettista che, nella relazione tecnica indirizzata al Comune di Trani il 19.11.2010, asseverava che le opere erano conformi alle prescrizioni urbanistiche e rispettavano le norme di sicurezza e igienico sanitarie, nonostante la piena consapevolezza che si trattava della installazione, sulla copertura in fibrocemento, di una struttura portante di 432 moduli fotovoltaici; il C.L. non segnalò al committente l'impossibilità di camminamento diretto sul tetto in relazione ai lavori programmati né fu valutò in alcun modo la situazione di rischio in relazione alla caratteristiche di staticità della copertura né evidenziò la necessità che in fase di esecuzione fossero previste opere provvisionali necessarie ai fini della tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori. ( fol 36,37 sentenza impugnata).

6. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna al pagamento delle spese processuali.




P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali Così deciso il 14.10.2020


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