Cassazione Penale, Sez. 4, 17 febbraio 2020, n. 5946 - Cedimento di un impalcato e caduta al suolo: per valutare la responsabilità del committente occorre verificare l'incidenza della condotta nell'eziologia dell'evento

sentenze cassazione sicurezza lavoro
2020

Fatto


1. Con sentenza del 26.9.2017 la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato F.F. responsabile del reato di lesioni colpose oggetto di imputazione.
L'addebito nei confronti della prevenuta è quello di aver cagionato colposamente gravi lesioni al lavoratore B.J., dipendente della S.r.l. "Restauri Edili", il quale cadeva al suolo a causa del cedimento di una parte dell'impalcato sul quale stava lavorando.
In particolare, si addebita alla F.F., quale committente dei lavori, di avere omesso di designare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e di verificare l'idoneità tecnica della ditta "Restauri Edili" S.r.l.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della F.F., lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge in relazione all'art. 90, comma 9 lett. a), d.lgs. n. 81/2008.
Deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto la ricorrente responsabile della omessa verifica dell'idoneità tecnica della società appaltatrice (Restauri Edili), con particolare riferimento al documento di valutazione dei rischi (DUV).
Infatti, l'art. 90 cit. non prevede la predisposizione del DUV, ma richiede solo che il committente o il responsabile dei lavori, verifichi l'idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie in relazione alle funzioni o ai lavori affidati. Nella specie, trattandosi di cantiere la cui entità presunta era inferiore a 200 uomini-giorno e la cui lavorazione non comportava rischi particolari, il requisito di cui sopra si considera soddisfatto solo con la presentazione da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, corredato da una autocertificazione.
Il giudicante ha fondato la penale responsabilità della ricorrente ritenendo che la stessa avesse nominato Direttore dei Lavori (D.L.) un soggetto privo dei requisiti previsti dall'art. 90 cit., ma sul punto il collegio ha confuso la figura del D.L. (Geom. B.T.) con la società incaricata "Restauri Edili"; inoltre, il D.L. non è stato nominato dalla prevenuta (amministratrice del condominio) ma dall'assemblea condominiale del 18.5.2009, per cui la F.F. non assume neppure la qualifica di committente.
È stato, inoltre, provato che l'unica società che doveva essere presente nel cantiere era la "Restauri Edili", stante la mancata previsione nel contratto della facoltà di alcun tipo di subappalto.
La F.F. non era a conoscenza della presenza di più imprese nel cantiere, circostanza non comunicata neppure dal Direttore dei Lavori.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 40 cod. pen.
Sostiene che la F.F. non fosse né il responsabile dei lavori né tanto meno la committente dei lavori nel fabbricato. La sentenza impugnata ha sancito nel caso di specie una responsabilità oggettiva, conseguente alla mera posizione e/o qualifica formale rivestita dalla F.F., senza verificare l'esistenza del nesso di causalità tra le presunte violazioni (solo documentali) e l'evento di danno patito dalla parte civile.




Diritto




1. I motivi di ricorso sono fondati.
2. La motivazione della sentenza impugnata è carente e illogica, in quanto, in primo luogo, addebita alla ricorrente di aver nominato un direttore dei lavori privo dei requisiti previsti dall'art. 90, comma 9, lett. a), d.lgs. 81/2008, norma che, in realtà, non attiene alla nomina del direttore dei lavori ma riguarda la verifica della idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie dei lavori da parte del committente (o del responsabile dei lavori).
Su tale ultimo aspetto, la sentenza impugnata osserva che la F.F. «ometteva di valutare l'idoneità tecnica e professionale della ditta appaltatrice (Restauri Edili s.r.l., n.d.r.) acquisendo il documento di valutazione dei rischi non venendo nominato coordinatore dei lavori posto che più ditte ebbero a lavorare nei condominio e il F.F. presentava un documento di valutazione dei rischi non conforme alle prescrizioni di legge. Diverso sarebbe stato - e la condotta della F.F. sarebbe stata incensurabile - se la prevenuta avesse acquisito il documento di valutazione dei rischi e lo avesse, diligentemente, valutato positivamente confidando nella correttezza della predisposizione dello stesso da parte del F.F.. Tuttavia, così non è stato».
Si tratta di considerazioni che appaiono lacunose e carenti, in quanto non prendono in considerazione la possibilità che la fattispecie rientrasse nell'ipotesi del cantiere "la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari", ove la valutazione di idoneità tecnico-professionale demandata al committente si considera soddisfatta mediante presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII (vedi art. 90, comma 9, lett. a-, d.lgs. 81/2008). Tale aspetto non è stato in alcun modo esaminato dalla sentenza impugnata, che dà per scontata la ricorrenza della sola prima parte dell'Ipotesi normativa dianzi richiamata, senza spiegare le ragioni di esclusione della seconda.
3. E' comunque assorbente il rilievo che la motivazione della Corte territoriale non spende alcuna parola in ordine al presunto nesso eziologico fra l'omissione addebitata e l'infortunio, non potendosi desumere l'inidoneità tecnica dell'impresa appaltatrice, e quindi la culpa in eligendo contestata alla ricorrente, dalla sola verificazione dell'Infortunio; non è stato specificamente argomentato in sentenza quale sia stato il difetto di diligenza della prevenuta nella scelta della impresa appaltatrice; né risulta spiegato l'effettivo contributo causale della ravvisata condotta omissiva nella realizzazione dell'evento.
Invero, la posizione di responsabilità viene desunta sulla base di un profilo meramente formale, come si ricava dal passaggio argomentativo della sentenza impugnata ove si sostiene che la condotta della F.F. sarebbe stata incensurabile «se la prevenuta avesse acquisito il documento di valutazione dei rischi e lo avesse, diligentemente, valutato positivamente confidando nella correttezza della predisposizione dello stesso da parte del F.F.». Il che equivale a dire che la ricorrente si sarebbe potuta limitare ad acquisire il DUV, e per il resto avrebbe potuto confidare nella professionalità dell'appaltatore, senza alcuna necessità di compiere la necessaria verifica prescritta per legge: conclusione chiaramente frutto di una interpretazione eccessivamente formalistica della lettera delle legge.
Ma ciò che conta, ai fini che qui rilevano, è che in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico - professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, dovendosi, peraltro, escludere che la non idoneità possa essere ritenuta per il solo fatto dell'avvenuto infortunio, in quanto il difetto di diligenza nella scelta dell'impresa esecutrice deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice (Sez. 4, n. 37761 del 20/03/2019, Andrei, Rv. 27700801; vedi anche Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Heqimi, Rv. 26497501).
Sul punto della non idoneità dell'impresa, pertanto, l'insegnamento della Corte di cassazione, che va qui ribadito, è nel senso che per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio sul lavoro, occorre verificare in concreto l’incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangio e altri, Rv. 25267201).
Nulla di tutto questo è stato valutato nella sentenza impugnata, sicché ricorre il vizio motivazionale denunciato dalla ricorrente.
4. A questo punto della trattazione va considerato che il reato oggetto di imputazione è ormai estinto per intervenuta prescrizione. Il fatto-reato risale, infatti, al 11.6.2010, ed il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi risulta scaduto in data 11.12.2017, in epoca successiva a quella di emissione della sentenza oggetto di ricorso (26.9.2017).
Da ciò discende che, agli effetti penali, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione, non emergendo dagli atti elementi evidenti e palmari di irresponsabilità del condannato, per una pronuncia nel merito più favorevole ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
Il ricorso va, invece, accolto, ex art. 578 cod. proc. pen., ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, stante la fondatezza dei motivi addotti dalla ricorrente, con rinvio, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello.




P.Q.M.




Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 18 dicembre 2019


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