Cassazione Penale, Sez. 4, 13 gennaio 2022, n. 822 - Amputazione di una mano durante la pulizia di un macchinario nella ditta di mangimi. Pericolosissima prassi di disincrostare i fori a macchina accesa

2022

Fatto


1.La Corte di appello di Caltanissetta l'11 febbraio 2020, in riforma parziale della sentenza con la quale il Tribunale di Enna, all'esito del dibattimento, il 29 novembre 2018 ha riconosciuto P.L.B. responsabile del reato di lesioni colpose gravissime, con violazione della disciplina antinfortunistica (capo A, fatto commesso il 18 ottobre 2013) e della violazione dell'art. 87, comma 2, lett. c), del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per non avere adempiuto alle prescrizioni in tema di sicurezza impartite dall'Ispettorato del lavoro (capo B, fatto commesso il 24 febbraio 2014), e, in conseguenza, lo ha condannato, con la continuazione, alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generica, a favore delle parti civili, ha dichiarato non doversi procedere per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione in relazione alla contravvenzione di cui al capo B) e ha, quindi, rideterminato, riducendola, la sanzione; con conferma quanto al resto.

2. Il fatto, in sintesi, come ricostruito concordemente dai giudici di merito.
P.L.B. è stato ritenuto responsabile, in veste di datore di lavoro (titolare della ditta "B. mangimi", che produce, appunto, mangimi per animali), di avere causato, per colpa, lesioni personali gravissime al dipendente G.B., il quale, mentre stava ripulendo il macchinario che confezionava mediante pressatura di balle di foraggio di animali, ha avuto la mano sinistra amputata.
Dall'istruttoria è emerso quanto segue:
G.B. era stato assunto nel 1989 quale addetto alle vendite;
dal 2008 era stato addetto all'imballaggio del foraggio mediante impiego della macchina detta "blocchiera imballaggi foraggi";
dallo stesso 2008 anno la ditta si era specializzata in foraggio per equini utilizzando anche melassa, melassa che spesso otturava i fori della testata della pressa, sicchè si rendeva necessario più volte ripulire tali fori: tale operazione, secondo quanto hanno accertato i giudici di merito, veniva svolta bloccando - sì - la macchina ma con la corrente elettrica attiva; inoltre, uno sportello metallico di sicurezza che serrava l'interno del meccanismo, sportello che era all'origine fissato con due bulloni, era stato smontato ed era stato anche manomesso l'apparato elettronico di sicurezza;
dal 2013 G.B. risultava formalmente addetto alla sicurezza dei lavoratori ma, in realtà, non era stato formato, tanto che nei documenti del corso di formazione apparentemente frequentato nella primavera del 2011 la firma del dipendente era stata, in realtà, apposta dall'imprenditore;
il 18 ottobre 2013, proprio mentre G.B. stava pulendo i fori della testata della pressa dalla melassa, la macchina, non essendo stata disattivata la corrente elettrica, era ripartita e gli aveva tranciato la mano sinistra di netto.
I profili di colpa riconosciuti sussistenti in capo all'imputato sono di tipo generico e specifico, in particolare per non avere osservato quanto prescritto dall'art. 71, comma 4, del d. lgs. n. 81 del 2008, secondo il quale il datore di lavoro deve far sì che le attrezzature di lavoro siano installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni di uso, essendo risultato l'imputato a conoscenza delle scorrette e pericolose modalità di pulizia del macchinario, e per non avere informato i dipendenti (anche, ma non solo, mediante cartelloni) dei rischi ai quali erano esposti a seguito delle modifiche del macchinario di cui si è detto.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale denunzia promiscuamente sia vizio di motivazione (per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, erronea valutazione delle prove, omesso esame di elementi a discarico) sia violazione di legge (sotto il profilo della omissione di motivazione e della mancanza nel caso di specie del nesso di causalità).
La giustificazione della sentenza impugnata, ad avviso del ricorrente, sarebbe mancante e, comunque, non esaustiva e basata su considerazioni di carattere meramente presuntivo, basandosi - si sostiene - sull'assunto ingiusto «che il datore di lavoro è "sempre" responsabile per gli infortuni occorsi al lavoratore» (così alla p. 3 del ricorso) e ciò malgrado la ventennale esperienza e l'alto grado di qualificazione professionale del dipendente.
P.L.B. assume che la Corte territoriale non avrebbe fornito spiegazione a proposito di due importanti censure articolate dal ricorrente:
una, attinente al menage lavorativo-familiare intercorrente tra l'imputato e la vittima, che era il genero del titolare e che era rimasto a lavorare in ditta con compiti di rilievo anche dopo la separazione dalla moglie, ciò che, in sostanza, aveva creato equilibri particolari ed aveva eliminato una rigorosa e netta differenziazione dei ruoli, menage in cui «può capitare che qualcuno firmi per l'altro» (così alla p. 4 del ricorso), circostanza che sarebbe stata male intesa e male valutata dalla Corte territoriale, anche perché il corso di formazione del 2011 aveva contenuto generico, il lavoratore aveva assistito alla fasi del montaggio e della spiegazione del macchinario in questione e, comunque, aveva conseguito rilevante formazione nel corso degli anni "sul campo" utilizzando con continuità la macchina per cinque anni; peraltro, era stata un'iniziativa della stessa persona offesa, d'intesa con un collega di lavoro (S.D., coimputato in primo grado), quella di modificare la blocchiera e di eliminare un bullone da sportello, in modo da poter inserire una mano nel macchinario, iniziativa della quale P.L.B. era stato messo al corrente; era presente in loco un cartello che proibiva di inserire la mano nel macchinario; la persona offesa era perfettamente a conoscenza del pericolo che correva infilando la mano nella macchina; la p.o. aveva firmato il documento di valutazione dei rischi; si sarebbe trattato solo di una tragica fatalità;
l'altra, attinente alla mancanza del nesso di causalità tra condotta ed evento, poiché giurisprudenza di legittimità che si stima pertinente (Sez. 4, n. 4970 del 27/02/2017) ha chiarito che il datore di lavoro non può garantire un ambiente di lavoro "a rischio zero" né può prevedere evenienze ragionevolmente impensabili quale, appunto, che i lavoratori puliscano i fori ostruiti con la corrente accesa; la sentenza di condanna si fonderebbe su una responsabilità di tipo oggettivo ed il datore di lavoro sarebbe il "capro espiatorio" (pp. 8-9 dei ricorso); nel caso di specie la condotta eccezionalmente imprudente del lavoratore, benché esperto e per anni vero e proprio "braccio destro" del titolare (p. 9 del ricorso), assorbirebbe totalmente il nesso eziologico; si richiamano le puntualizzazioni della Corte di legittimità circa il passaggio da un modello di sicurezza sul lavoro c.d. "iperprotettivo" ad un modello c.d. "collaborativo" in cui anche il dipendente è garante della sicurezza.
Sottolineato il rischio, in caso di reiezione del ricorso, di fallimento della ditta dell'imputato, si chiede l'annullamento della sentenza impugnata.
4. La difesa dell'imputato ha chiesto ritualmente la trattazione orale del processo.
La difesa della parte civile I.N.P.S. ha fatto pervenire una memoria datata 14 settembre 2021 con la quale chiede il rigetto del ricorso dell'imputato.
Il P.G. nelle conclusioni scritte del 25 settembre 2021 ha chiesto il rigetto del ricorso.
La parte civile nelle proprie conclusioni ha domandato ii rigetto del ricorso, con vittoria di spese.



Diritto



1. Il ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
Si tratta, a ben vedere, della mera reiterazione dei medesimi temi già posti con l'atto di appello e già tutti adeguatamente disattesi nella sentenza impugnata, temi peraltro rappresentati in maniera aspecifica, carente di un effettivo confronto con la sentenza impugnata, e costruiti in fatto (ad esempio, mediante il reiterato richiamo del rapporto di famiglia), su soggettive supposizioni («può capitare che qualcuno firmi per l'altro», p. 4 del ricorso) e tramite la riproposizione di tesi, incentrate sulla pretesa "ingiustizia" della condanna, già adeguatamente disattese nelle sentenze di merito.
In particolare, le due sentenze di merito hanno accertato, in punto di fatto, che il datore di lavoro era a conoscenza della pericolosissima prassi di disincrostare i fori a macchina accesa e delle modifiche apportate alla stessa e che ciò ha tollerato, consentendo che la macchina fosse usata in maniera difforme da come previsto nel libretto d'uso in assenza di avvertimenti circa la pericolosità della situazione creatasi (pp. 7-8 della sentenza impugnata e pp. 8-9 di quella di primo grado), nonostante la prevedibilità proprio di quel tipo di evento in effetti occorso (p. 8 della sentenza impugnata e p. 9 di quella del Tribunale): donde la colpa stimata grave (p. 10 della sentenza impugnata).
E' stata, inoltre, motivatamente esclusa la lamentata interruzione del nesso causale (pp. 9-10 della sentenza impugnata e p. 10 di quella di primo grado).
Si tratta di passaggi argomentativi con i quali il ricorso evita il confronto.
2. Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo, siccome conforme a diritto ed equa, in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Inail, da liquidarsi in complessivi 3.000,00 euro e della parte civile G.B. Giuseppe, da liquidarsi in complessivi 3.500,00 euro, oltre accessori come per legge.



P.Q.M.




Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Inail che liquida in complessivi euro 3000 e della parte civile G.B. che liquida in complessivi euro 3.500 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 14/10/2021.


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