Cassazione Penale, Sez. 4, 12 marzo 2021, n. 9822 - Caduta del lavoratore per il cedimento di un asse di un tavolato. Motivazione carente e prescrizione del reato

2021

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, ha confermato la sentenza messa dal Tribunale di Bolzano con la quale U.G. era stato giudicato responsabile del reato di cui all'art. 590 cod. pen. e condannato alla pena ritenuta equa.
La vicenda oggetto dei giudizi di merito attiene all'infortunio sul lavoro occorso a H.N., che mentre svolgeva l'attività di lavoro presso un cantiere della Bau s.r.l., della quale l'U.G. era legale rappresentante, cadeva da un'altezza di 2,5 metri per il cedimento di un asse di un tavolato. Siffatto tavolato si trovava nella fase dello smontaggio e contestualmente ad essa non era stato installato un ponteggio.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'U.G. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Meinhard D., deducendo vizio della motivazione in relazione ai motivi dedotti con l'atto di appello, essendo mancata l'esplicazione delle ragioni del loro rigetto; l'omessa motivazione ed il travisamento della prova in quanto entrambi i giudici di merito hanno omesso di valutare le prove dalle quali discende che l'U.G. aveva fornito i parapetti, nominato un competente preposto, dotato di adeguata formazione, alla cui sola decisione si deve la eliminazione della cassaforma senza previa installazione dei parapetti; la violazione di legge per non esser stato considerato che, in un modello collaborativo, come definito dalla giurisprudenza di legittimità, il comportamento del lavoratore che viola le disposizioni impartitegli è causa da sola sufficiente dell'evento; vizio della motivazione, in relazione alla mancata spiegazione della omessa considerazione delle prove che dimostrano l'esperienza dell'infortunato, la non necessità di transitare sulla cassaforma e le disposizioni dategli.


Diritto

3. Il ricorso non è inammissibile. All'inverso, appare effettivamente carente la motivazione, per non esser stata data risposta ai rilievi che l'imputato aveva avanzato con l'atto di appello e che potevano essere potenzialmente decisivi. In particolare, non è manifestamente infondato il rilievo concernente la messa a disposizione nel cantiere di ogni provvidenza necessaria, ed in particolare dei parapetti per circondare le aperture lasciate nei solai, sì che la loro mancata messa in opera era da ricondursi alle figure responsabili della gestione del cantiere (che il ricorrente indica nel coordinatore per la sicurezza e in un capocantiere).
Tanto implica che va data rilevanza alla circostanza che la commissione del reato risale al 22.7.2011 e che, risultando pari a sette anni e sei mesi il termine massimo di prescrizione del reato, anche considerando 111 giorni di sospensione di detto termine, esso è decorso ( cfr. Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266818).
Va pertanto dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.


P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19/11/2020.


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