Cassazione Penale, Sez. 4, 06 ottobre 2020, n. 27581 - Reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (caporalato)

sentenze cassazione sicurezza lavoro
2020

1.Il Tribunale per il riesame di Reggio Calabria, adito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., il 31 gennaio - 28 febbraio 2020 ha confermato l'ordinanza con cui il G.i.p. del Tribunale di Palmi il 20 dicembre 2019 ha applicato a Y.K., indagato per il reato di "capolarato" (art. 603-bis cod. pen.: intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), nei mesi di novembre­ dicembre 2018, la misura cautelare della custodia in carcere.

2. Ricorre per la cassazione dell'ordinanza l'indagato, tramite difensore di fiducia, affidandosi a due motivi, con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e difetto di motivazione: il Tribunale, ad avviso del ricorrente, avrebbe omesso di confrontarsi in maniera congrua con le argomentazioni svolte dalla difesa ed avrebbe sovvertito alcuni dati fattuali.

3. Con il primo motivo Y.K. lamenta nullità del provvedimento impugnato per violazione degli artt. 125 e 192 cod. proc. pen. e 603-bis cod. pen. e per mancanza e, comunque, difetto della giustificazione, avendo i giudici di merito trascurato - si assume - le osservazioni contenute nella memoria difensiva depositata in udienza in relazione al confronto proposto dalla difesa tra i profili indicativi della condizione di sfruttamento ed il contratto di lavoro relativo all'attività agricola, limitandosi a ribadire il ragionamento svolto dal G.i.p.
Richiamate le fonti di prova utilizzate dal Tribunale (videoriprese; esiti degli accessi dell'Ispettorato del lavoro; dichiarazioni delle persone offese; contatti telefonici tra l'indagato e l'imprenditore agricolo V.; intercettazioni telefoniche) e gli indici dello sfruttamento dei lavoratori dallo stesso valorizzati (retribuzioni palesemente difformi dai· contratti relativi al settore agricolo; reiterate violazioni delle norme concernenti gli orari di lavoro, i riposi e le ferie; condizioni di lavoro non conformi alle norme; richiesta di pagamento per il servizio di trasporto dalla tendopoli in cui alloggiano le persone offese al luogo di lavoro), si sottopone il tessuto argomentativo del provvedimento a censura per non avere fatto corretta applicazione dell'art. 603-bis, cod. pen., come modificato dall'art. 1 della legge 29 ottobre 2016, n. 199.
La portata precettiva della norma è stata puntualizzata - sottolinea il ricorrente - da più sentenze della S.C. (richiama al riguardo Sez. 5, n. 16737 del 2016 e Sez. 4, n. 49781 del 2019), che hanno posto in luce come le condotte vietate vanno al di là della semplice violazione delle disposizioni sulla interposizione e somministrazione di manodopera, integrando un vero e proprio sfruttamento, che si desume non già dalla mera irregolarità del rapporto di lavoro o dalla condizione di disagio e bisogno del lavoratore ma dall'eclatante pregiudizio per il lavoratore o dalla rilevante soggezione dello stesso desumibili o dai profili contrattuali retributivi (reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dai contratti collettivi) o dai profili normativi del rapporto di lavoro (orario di lavoro, ferie, aspettativa e congedo) o dalla violazione delle norme in tema di sicurezza e igiene sul lavoro o dalla sottoposizione ad umilianti o degradanti condizioni in materia di lavoro.
Assume il ricorrente che i giudici di merito avrebbero trascurato le emergenze istruttorie rappresentate dall'effettivo contenuto delle dichiarazioni dei lavoratori extracomunitari e dall'esito degli accessi dell'Ispettorato del lavoro, effettuato in due sole occasioni, su richiesta della polizia giudiziaria, il 3 e 1'11 ottobre 2018, trovando alcuni lavoratori extracomunitari ed elevando solo nella prima occasione verbale di contravvenzione amministrativa per non avere consegnato copia del contratto di assunzione, benché regolarmente stipulato, comunque senza verbalizzazione di condizioni di lavoro degradanti o insicure .
Sottolinea il ricorrente la breve durata del rapporto di lavoro al momento del primo accesso dell'Ispettorato (undici giorni), durata che impedirebbe di configurare in concreto una situazione di sfruttamento, la non chiarezza del concetto di "tasse " da trattenersi sulla paga, la durata della giornata lavorativa effettiva, a suo avviso non più lunga di sei ore e trenta minuti, esclusa la pausa pranzo di un'ora: confrontando tali circostanze con il contratto collettivo applicabile, assume essere rispettate nel caso concreto la durata della giornata lavorativa, di regola di sei ore e trenta, eccezionalmente aumentabili, però, in caso di lavori stagionali, quale è la raccolta degli agrumi, cui erano adibiti, e la sostanziale non incongruità della retribuzione corrisposta agli stessi.
Anche i fotogrammi comproverebbero un'attività di accompagnamento da parte di Y.K. durata solo dieci giorni, mentre i contatti telefonici tra lo stesso e l'imprenditore agricolo consisterebbero unicamente in quindici telefonate in circa un mese e mezzo.
Si tratterebbe di circostanze favorevoli alla difesa, in quanto significative dell'assenza di uno sfruttamento giuridicamente rilevante e tuttavia non considerate dal Tribunale, che avrebbe reso una motivazione carente ed illogica.

4. Con il secondo motivo il ricorrente censura la violazione degli artt. 125 e 274, lett . b), cod . proc. pen., per avere il Tribunale omesso di motivare in ordine alla attualità delle esigenze cautelari e per avere desunto il pericolo di fuga da una circostanza che sarebbe, in realtà, smentita documentalmente ossia l'assenza di una fissa dimora da parte dell'indagato.

Le valutazioni sulla esistenza e sulla intensità delle esigenze cautelari sarebbero affidate a mere affermazioni generiche, assertive e tautologiche, in realtà prive di contenuto. Non si spiegherebbe la inidoneità delle misure meno afflittive al carcere.
Inoltre, il Tribunale avrebbe gravemente errato nel ritenere (pp. 6 ed 8) che l'indagato viva nella baraccopoli con le persone offese, da ciò desumendo la mancanza di una fissa dimora che giustificherebbe l'individuazione del pericolo di fuga: tale valutazione sarebbe il frutto di un vero e proprio travisamento, in quanto dalla memoria difensiva e dagli allegati alla stessa si desumerebbe che Y.K. vive in Italia da venti anni e lavora come dipendente presso un'azienda agricola diversa da quella ove sono stati controllate le pp.oo., abitando invece, a titolo di comodato, in un'immobile annesso a tale azienda alla Contrada Laccari, diversa da C.da Testa dell'Acqua, ove è la tendopoli degli stranieri. Ove i giudici di merito avessero avuto esatta percezione di ciò, avrebbero dovuto trarne le necessarie conseguenze in tema di sussistenza di esigenze cautelari. Peraltro, la penosa situazione di alloggio dei lavoratori sarebbe elemento estraneo rispetto alla posizione dell'indagato e neutro, «esula[ndo] dal rapporto lavorativo presso la azienda V. e che - peraltro - investe responsabilità politiche ed istituzionali» (così alla p. 5 del ricorso).
Infine, si segnala avere il Tribunale trascurato il rilievo da attribuirsi al "tempo silente" intercorso tra i fatti (fine 2018) e l'emissione della misura (dicembre 2019), ciò che avrebbe dovuto comportare un maggior onere motivazionale, onere che si ritiene non essere stato assolto dal Tribunale.
Si chiede, dunque, l'annullamento dell'ordinanza impugnata.


5. Il 15 settembre 2020 è pervenuta alla Cancelleria della S.C. dichiarazione di rinunzia al ricorso basata sulla sopravvenuta mancanza di interesse, essendo stato nel frattempo l'indagato liberato da parte del G.i.p.

6. Consegue, dovendo fare applicazione nel caso di specie del principio di diritto puntualizzato da Sez. 1, n. 5711 del 18/11/1998, dep. 1999, Vitale ed altri, Rv. 212665-01, la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, per mancanza di interesse da parte del ricorrente, con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, in dispositivo.

7. Motivazione semplificata, applicandosi nel caso di specie di principi giuridici già più volte affermati dalla S.C. e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente n. 84 dell'8 giugno 2016.




P.Q.M.




Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/09/2020.


ReCaptcha

Questo servizio Google viene utilizzato per proteggere i moduli Web del nostro sito Web e richiesto se si desidera contattarci. Accettandolo, accetti l'informativa sulla privacy di Google: https://policies.google.com/privacy

Google Analytics

Google Analytics è un servizio utilizzato sul nostro sito Web che tiene traccia, segnala il traffico e misura il modo in cui gli utenti interagiscono con i contenuti del nostro sito Web per consentirci di migliorarlo e fornire servizi migliori.

YouTube

I video integrati forniti da YouTube sono utilizzati sul nostro sito Web. Accettando di guardarli accetti le norme sulla privacy di Google: https://policies.google.com/privacy

Google Ad

Il nostro sito Web utilizza Google Ads per visualizzare contenuti pubblicitari. Accettandolo, si accetta l'informativa sulla privacy di Google: https://policies.google.com/technologies/ads?hl=it