Cassazione Penale, Sez. 3, 09 marzo 2021, n. 9343 - Designazione del datore di lavoro nella Pubblica amministrazione: differenze con la delega di funzione ex art. 16, D. Lgs. 81/08

2021

1. Con sentenza del 10 luglio 2020 il tribunale di Gela condannava Z.P.A. in relazione ai reati di cui agli artt. 46 comma 2 Dlgs. 81/2008, 43 comma 2 lett. b) Dlgs. 81/2008, 36 comma 1 Dlgs. 81/2008, 37 comma 1 Dlgs. 81/2008, 37 comma 10 dlgs. 81/2008, 63 comma 1 Digs. 81/2008, 86 comma 1 Dlgs. 81/2008, 163 comma 1 Dlgs. 81/2008. 174 comma 1 Dlgs. 81/2008, 28 comma 2 lett. a) Dlgs.81/2008.

2. Ha proposto ricorso per cassazione Z.P.A., a mezzo del proprio difensore, avverso la suindicata sentenza della corte di appello, deducendo sei motivi di impugnazione.

3. Con il primo, ha dedotto il vizio ex artt. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione dell'art. 2 lett. b) 16 lett. b) c) d) ed e) 17 e 299 Dlgs. 81/2008, circa la qualifica di datore di lavoro in materia di sicurezza in capo alla ricorrente. Si premette che alla luce dell'art. 2 lett. b) Dlgs. 81/2008 l'attribuzione da parte dell'organo di vertice di una pubblica amministrazione, nei confronti di un funzionario o dirigente, dei poteri di gestione in materia di prevenzione e protezione della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, deve riguardare un soggetto tecnicamente competente come prescrive l'art. 16 lett. b) Dlgs. 81/2008 in materia di delega, e come desumibile dallo stesso art. 2 citato. Come indicato dal citato art. 16 inoltre, la delega deve essere accettata dal delegato, e ai sensi degli artt. 2 e 16 citati a quest'ultimo vanno conferiti poteri di gestione, intendendosi con tale termine i poteri di autonomia decisionale e di spesa nella specifica materia della prevenzione. In particolare, avendo riguardo alle contestazioni, un dirigente comunale, come la ricorrente, può dirsi dotato di poteri di gestione quando abbia a disposizione specifici capitoli di bilancio da dedicare alla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, alla gestione delle emergenze e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici comunali. L'assenza di tali poteri sarebbe dimostrata da atti processuali che evidenziano come, all'epoca dell'ispezione degli organi deputati in materia di sicurezza sul lavoro, il Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi, con i relativi capitoli di spesa era incardinato presso il settore Lavori Pubblici. In particolare, con provvedimento del 2015, il servizio di prevenzione e protezione dai rischi fu spostato dal settore Tributi - diretto dalla ricorrente al tempo dell'ispezione - presso il settore Lavori Pubblici e con attestazione del dirigente del settore Bilancio del 2019 si comunica che il bilancio del 2016 non prevedeva, in capo al settore Tributi, capitoli di spesa da dedicare alla sicurezza sul lavoro e/o alla manutenzione degli stabili comunali, trattandosi di capitoli di appannaggio, all'epoca, del settore Lavori Pubblici. Dagli atti processuali risulterebbe, altresì, che l'organizzazione e coordinamento del Servizio di Prevenzione e Protezione faceva capo, all'epoca, al titolare del settar-e Lavori Pubblici. Consegue che la designazione dei dirigenti comunali come datori di lavoro, nell'ambito della prevenzione, di cui alla delibera di GM n. 360/2011 valorizzata dal giudice in sentenza, sarebbe tamquam non esset, per i rilievi suindicati e perché proveniente da un organismo incompetente come la Giunta comunale e non il sindaco. Si aggiunge che la predetta designazione non sarebbe stata accettata ex art. 16 citato, ed inoltre i dirigenti di riferimento e in particolare la ricorrente, non sarebbero stati messi nelle condizioni di decidere autonomamente nella materia in esame, non essendo stati dotati di mezzi necessari per dare applicazione al dlgs. 81/2008. Si aggiunge che qualora il dirigente del comune di Gela fosse stato realmente un datore di lavoro, in virtù della delibera di GM del 2011, avrebbe avuto il diritto dovere di nominare un suo RSPP di ausilio, mentre nel comune di Gela vi sarebbe un solo RSPP nominato in nome e per conto del sindaco e scelto a seguito di gara pubblica, come da allegazioni.

4. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio ex artt. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per travisamento della prova in ordine alla ricorrenza dei poteri di gestione in ambito prevenzionistico in capo alla ricorrente, con riferimento agli artt. 2 lett. b) 16 lett. b) e d) Dlgs. 81/2008, non avendo il giudice considerato al riguardo prove dedotte dalla difesa, dando nel contempo rilevanza ad elementi probatori non attuali. Il giudice avrebbe valorizzato la delibera del 2014 n. 69, nella parte in cui annovera tra le funzioni del settore Tributi quella in materia di sicurezza sul lavoro e benessere organizzativo ex Dlgs. 81/2008, trascurando atti che smentiscono tale circostanza, quali la delibera del 2015, con cui il Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi fu spostato dal settore Tributi - diretto dalla ricorrente al tempo dell'ispezione - presso il Settore Lavori Pubblici, tanto che come sopra già rilevato, vi è attestazione del dirigente del settore Bilancio del 2019, con cui si comunica che il bilancio del 2016 non prevedeva in capo al settore Tributi capitoli di spesa da dedicare alla sicurezza sul lavoro, trattandosi di capitoli di appannaggio, all'epoca, del Settore Lavori Pubblici. Vi sarebbero atti del fascicolo della difesa che dimostrato come l'organizzazione e il coordinamento della attività in parola era nelle mani del dirigente del Settore Lavori Pubblici. In altri termini, il giudice avrebbe erroneamente ritenuto che la delibera del 2014, di designazione della ricorrente quale datore di lavoro, avrebbe assegnato alla stessa anche i correlati poteri di gestione mentre tale provvedimento nel 2016 non era più in vigore, attesa la già citata nota del 2015 che incardinò il Servizio di Prevenzione e Protezione in capo al settore Lavori Pubblici, rimanendovi sino al 2018.

5. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio ex artt. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza di motivazione, nella parte in cui, condannando la ricorrente, il giudice non avrebbe considernto gli elementi allegati dalla difesa in ordine ai presupposti di cui agli artt. 16 lett. b) ed e) e 17 Dlgs. 81/2008 e in generale circa la sussistenza degli elementi idonei a configurare i reati contestati. Con particolare riguardo alla deduzione del limitato tempo intercorso tra la designazione della ricorrente (22.3.2016) a capo del settore Tributi e l'ispezione dell'ASP (14 - 16 giugno 2016), anche alla luce dell'attivismo dalla stessa subito mostrato. Si fa riferimento, in particolare, alla impossibilità per la ricorrente di nominare un suo RSPP, alla sua qualifica come dirigente amministrativo e non tecnico del comune, che la rendeva inadeguata ad assumere ex art. 16 citato il ruolo di datore di lavoro, o alla circostanza per cui la designazione di cui alla delibera del 2014 non è stata mai accettata. Si fa altresì riferimento alle dichiarazioni rilasciate alla difesa dall'allora RSPP del comune di Gela, da cui emergerebbe l'irrazionalità delle contestazioni formulate, le quali presupporrebbero violazione connesse al Documento di valutazione dei rischi sia con riguardo alla fase antecedente e concomitante alla sua redazione sia con riguardo alla sua attuazione. E in proposito si osserva che al momento dell'insediamento della ricorrente nel settore Tributi il DVR era stato già redatto e la ricorrente aveva partecipato alla elaborazione allorquando era preposta al settore Ambiente fino al 22.3.2016. Ancora, alla data del 14.6.2016 era stata programmata una riunione tra il RSPP, medico competente e dirigenti, per illustrare a questi ultimi i rischi rilevati nei vari settori dell'ente, così che nulla sarebbe rimproverabile alla ricorrente.

6. Con il quarto motivo ha dedotto il vizio ex artt. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. con riferimento all'art. 86 comma 1 Dlgs. 81/2008 in combinato disposto con l'art. 87 comma 4 lett. d) dlgs.. 81/2008, nella parte in cui sarebbe intervenuta condanna per un fatto non costituente reato e anche con riferimento all'art. 163 comma 1 Dlgs. 81/2008 in combinato disposto con l'art. 178 comma 1 lett. a) del Dlgs. 81/2008. La fattispecie di cui all'art. 86 sopra citato non sarebbe penalmente sanzionata

7. Con il quinto motivo, ha dedotto i vizi ex artt. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 133, 81 comma 2, 62 bis cod. pen. e 533 cod. proc. pen., per omessa motivazione in ordina alla quantificazione della pena base e dei singoli aumenti di pena per i reati satellite. Tale circostanza peraltro, svilirebbe gli effetti positivi delle attenuanti generiche.

8. Con il sesto motivo, ha dedotto il vizio ex artt. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per carenza di motivazione nella parte in cui si afferma la penale responsabilità dell'imputata con riferimento ai reati ex artt. 46 comma 2, 43 comma 1 lett. b), 36 comma 1 e 37 comma 1 e 10, 63 comma 1 163 comma 1, 174 comma 1 e 28 comma 2 lett. a) Dlgs. 81/2008. La motivazione sarebbe carente, non avendo considerato doglianze difensive in grado di disarticolare l'apparato argomentativo della sentenza. Con riguardo all'art. 46 comma 2 Dlgs. 81/2008, il giudice non avrebbe considerato una annotazione difensiva relativa ad un progetto di ristrutturazione di tutto il settore, in cui erano ricomprese le misure antincendio; con riguardo all’art. 43 comma 1 lett. b) il giudice non avrebbe considerato un’annotazione difensiva relativa ad una precedente designazione dei lavoratori incaricati delle misure antincendio, operata qualche mese prima dal Sezione Tributi, oltre alla ulteriore considerazione difensiva per cui un'ulteriore designazione in quel momento, da parte della ricorrente, avrebbe integrato un atto inutile ed abnorme, atteso che i soggetti già nominati per svolgere il ruolo assegnato loro avrebbero dovuto ricevere prioritariamente un’adeguata formazione ex art. 37 comma 9 Dlgs. 81/2008, di competenza degli organi accreditati; con riguardo all'art. 36 comma 1 e art. 37 comma 1 e 10 Dlgs. 81/2008 il giudice non avrebbe considerato una deduzione difensiva richiamante dichiarazioni del RSPP I., che avrebbe riferito come della formazione sia occuparono lui e il dr.
M. — come da verbale di sopralluogo dei 23.3.2016 — e della formazione avrebbero dovuto occuparsi gli enti accreditati, non essendo in materia competenti i dirigenti, siccome essi stessi destinatari della formazione ex art. 37 comma 7 Dlgs. 81/2008. Come avvenuto successivamente all'ispezione. Il giudice non avrebbe spiegato come possa condannarsi l'imputata, subentrata nei settore Tributi solo dal marzo al luglio 2016, per la mancata formazione dei rappresentanti dei lavoratori ex art. 37 commi 1 e 10 citato, tenuto conto che essi furono nominati nel lontano 1999 con riferimento all’intero ente e rimasero invariati tranne uno; con riguardo all’art. 63 comma 1 Dlgs 81/2008, ii giudice non avrebbe accennato al dato per cui la ricorrente da poco insediata nel settore Tributi si era interessata al progetto di ristrutturazione per riadattarlo alle esigenze di prevenzione nonché al fatto per cui ella fu più volte da stimolo nei confronti dei settore competente, per cui solo dovendosi ritenere esonerata da responsabilità; con riferimento all'art. 163 comma 1 e 174 comma 1 Dlgs. 81/2008, il giudice non avrebbe accennato all'intervento della ricorrente per adattare un progetto alle esigenze da lei rilevate in ordine alle postazioni di lavoro, stimolando un rapido intervento del Settore Lavori Pubblici; con riguardo all'art. 28 comma 2 lett. a) Dlgs. 81/2008 sarebbe ingiustificato il silenzio dei giudice essendosi sul punto pronunziato il RSPP, smentendo gli ispettori, atteso che il DVR definirebbe sia i criteri per la valutazione dei rischi derivanti dall'uso di attrezzature munite di videoterminali sia le misure per eliminare o ridurre i rischi relativi. Con affermazione da parte del RSPP che le predette misure sarebbero state elaborate con la collaborazione di tutti i dirigenti.


Diritto



1. I primi due motivi devono essere considerati congiuntamente, avendo riguardo entrambi ai presupposti per rinvenire la qualifica di datore di lavoro in capo alla ricorrente.
1.1. Preliminarmente, deve distinguersi il conferimento di una delega da parte del datore di lavoro ex art. 16 Dlgs. 81/2008 rispetto alla designazione, nell'ambito della P.A., del datore di lavoro. Si tratta di istituti distinti, per cui quest'ultimo esula dalla delega di funzioni, che presuppone la persistenza di due soggetti, delegato e delegante, tra cui si ripartiscono poteri anche alla luce dei limiti di delegabilità contemplati dall'art. 17 del Dlgs. 81/2008 dettato specificamente in materia. Laddove quindi, la designazione del datore di lavoro ex art. 2 citato, nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, delinea l'individuazione di un'autonoma posizione datoriale, seppur conseguente ad un atto espresso di nomina ex art. 2 Dlgs. 81/2008 citato, in un quadro in cui la regola che limita la delegabilità di taluni obblighi propri del datore di lavoro ex art. 17 suindicato non è applicabile alle pubbliche amministrazioni che abbiano proceduto alla individuazione del dirigente ai sensi dell'art. 2 comma 1 lett. b) Dlgs. 81/2008 (cfr. Cass. sez. IV n. 40491 del 16.11.2010. Spiga; Cass. sez. IV n. 22415 del 27 maggio 2015 Borghi non massimate).
1.2. Consegue che la valutazione della designazione della ricorrente, quale datore di lavoro, deve operarsi solo ai sensi dell'art. 2 citato, risultando quindi non corretti i richiami all'art. 16 in tema di delega.
1.3. Tale nomina appare conforme ai necessari presupposti richiesti: essa promana da organi politici (Sindaco e Giunta Comunale) ovvero di vertice dell'amministrazione (Cass. sez. IV n. 22415 del 27 maggio 2015 Borghi cit.). Può aggiungersi inoltre che, la nomina, essendo intervenuta nel caso concreto con delibera del 2011 della giunta municipale, comprensiva della partecipazione del sindaco, è indubitabile che sia intervenuta anche da parte di tale ultimo organo, superandosi quindi ogni disquisizione circa la riferibilità del potere di delega al Sindaco piuttosto che alla Giunta. Con essa la posizione di datore di lavoro appare riconosciuta alla ricorrente come agli altri dirigenti dei vari settori comunali, quale dirigente dotato di poteri di gestione e titolare di autonomi poteri di spesa alla luce del principio per cui rileva, al riguardo, la ripartizione di funzioni indicata dall'Ordinamento degli enti locali ( art. 107 Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267), che conferisce ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse. In tal senso del resto depone lo stesso verbale di riunione del 14.7.216 h. 16., allegato (allegato al ricorso n. 8) dalla ricorrente e quindi esaminabile da questa Corte, inerente una riunione di coordinamento nella materia in esame, da cui emerge la decisione dei dirigenti, datori di lavoro partecipanti, "di intervenire nell'immediato con interventi minimali sulla base delle loro disponibilità e di programmare quegli interventi più impegnativi per i quali si dovranno ricercare e stanziare adeguate risorse a bilancio per eseguire urgentemente tali interventi". Consegue che il richiamo alla attestazione dirigenziale del 2019, secondo la quale il bilancio del 2016 non prevedeva in capo al settore Tributi capitoli di spesa da dedicare alla sicurezza sul lavoro, trattandosi di capitoli di appannaggio, all'epoca, del Settore Lavori Pubblici, non appare in grado di confutare la suesposta ricostruzione normativa e fattuale in termini di poteri di spesa; rispetto alla quale la deduzione appare quindi carente in termini di specificità, non essendo precisato come possa tale attestazione sconfessare i dati, normativi e documentali, sopra indicati. Tanto più ove si aggiunga che non appare significativa, ai fini della ricostruzione della validità della designazione della ricorrente quale datore di lavoro, la sottolineatura della collocazione del Servizio di Protezione e Prevenzione presso il settore Lavori Pubblici, cui competerebbero i capitoli di spesa citati nella attestazione del 2019 sopra accennata, ove si consideri che il responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro, ed è privo di effettivo potere decisionale, e pertanto la sua nomina non incide sulla identificazione del datore di lavoro né di per sé lo esonera da responsabilità ( Sez. 4, n. 24958 del 26/04/2017 Rv. 270286 - 01 Rescio). Con l'ulteriore rilievo, di interesse nel caso concreto, alla luce del contenuto dei motivi proposti, che anche le argomentazioni sviluppate dalla ricorrente, con riguardo alla intervenuta nomina unitaria e da parte degli organi comunali di vertice, del predetto RSSP, non paiono pertinenti al tema della corretta ricostruzione del ruolo dell'imputata quale datore di lavoro in relazione al settore di competenza.
Da quanto sopra esposto consegue la manifesta infondatezza dei primi due motivi di ricorso.


2. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. Innanzitutto le argomentazioni sopra esposte, circa l'irrilevanza, ai fini della determinazione della qualifica di datore di lavoro in capo alla ricorrente, delle questioni relative alla disciplina della delega di funzioni ovvero alla intervenuta nomina del RSSP, con riconduzione del medesimo nell'ambito di operatività di settore diverso da quello affidato all'imputata, evidenziano la non pertinenza rispetto al tema proposto delle richiamate considerazioni difensive in ordine alla impossibilità, per la ricorrente, di nominare un suo RSPP, alla sua qualifica come dirigente amministrativo e non tecnico del comune, che la rendeva inadeguata ad assumere, ex art. 16 citato, il ruolo di datore di lavoro, o alla circostanza per cui la designazione di cui alla delibera del 2014 non sarebbe stata mai accettata. Quanto al riferimento alle dichiarazioni rilasciate alla difesa dall'allora RSPP del comune di Gela esso, come in ogni caso l'intero motivo, nella misura in cui, sulla base di tali affermazioni, richiama indistintamente, con conseguente difetto di specificità estrinseca (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568), le contravvenzioni contestate per sostenere, in maniera non meglio illustrata e quindi generica, la loro conseguente insussistenza, anche in rapporto alle doglianze difensive che non sarebbero state considerate, si contraddistingue per l'assoluta inadeguatezza nel rappresentare, avvalendosi del predetto contesto probatorio dichiarativo, le ragioni per cui le contestazioni formulate presupporrebbero violazioni connesse al Documento di valutazione dei rischi, sia con riguardo alla fase antecedente e concomitante alla sua redazione sia con riguardo alla sua attuazione. Con incidenza sulla responsabilità della ricorrente. Quanto al breve arco temporale in cui avrebbe operato l'imputata a capo del settore Tributi, oltre alla mancata illustrazione delle ragioni per cui tanto inciderebbe sulle contestazioni, si tratta di una valutazione di fatto insuscettibile di esame in questa sede.

3. E' invece fondato il quarto motivo, atteso che la condotta di cui all'art. 86 comma 1 Dlgs. 81/2008 e di cui al capo G) non presenta rilevanza penale bensì amministrativa.

4. Prima di procedere all'esame del quinto motivo dedotto, inerente il trattamento sanzionatorio, occorre esaminare il sesto motivo siccome preliminare rispetto al suddetto profilo della determinazione della pena. Tanto premesso, occorre osservare come il giudice, illustrata la qualifica di datore di lavoro ricoperta dalla ricorrente, ha poi sostenuto l'intervenuta integrazione delle contravvenzioni contestate alla luce della rilevata violazione delle medesime, siccome illustrata nei corrispondenti atti del personale che ha svolto le verifiche in loco, redigendo specifici verbali descrittivi delle omissioni, acquisiti in atti e citati in sentenza. Si tratta di una affermazione del tutto carente di motivazione. Come noto, la motivazione "per relationem" di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione (Sez. 2 - , n. 55199 del 29/05/2018 Cc. (dep. 10/12/2018 ) Rv. 274252 - 01 Salcini). Si tratta di un principio generale, applicabile quindi anche al caso concreto, che non risulta rispettato, con particolare riferimento all'obbligo di dar conto dell'avvenuto esame, critico, del contenuto sostanziale delle ragioni degli atti di riferimento, attraverso attenta valutazione dei medesimi funzionale alla assunzione della decisione finale di responsabilità della ricorrente. In altri termini, il giudice avrebbe dovuto dar conto delle ragioni per cui ha ritenuto condivisibili le indicazioni contenute negli atti di accertamento richiamati ed inerenti la consumazione delle contravvenzioni contestate; tanto più confrontandosi rispetto alle deduzioni e allegazioni difensive. Circostanze non rinvenibili nella sentenza impugnata.

5. Il fondamento del sesto motivo rende superfluo l'esame del quinto motivo, che ne rimane assorbito.

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza impugnata debba essere annullata limitatamente al reato di cui al capo g) della rubrica perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato e con rinvio al tribunale di Gela per nuovo giudizio in ordine ai residui reati, anche in relazione al trattamento sanzionatorio.



P.Q.M.



annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo g) della rubrica perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato e con rinvio al tribunale di Gela per nuovo giudizio in ordine ai residui reati, anche in relazione al trattamento sanzionatorio.
Così deciso il 15/01/2021.


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