Responsabilità datore di lavoro in merito al  Covid-19 in azienda

Mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli di protezione per il lavoratori


Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-03904
presentato da
GRIBAUDO Chiara
testo di
Martedì 5 maggio 2020, seduta n. 334GRIBAUDO, MURA, CARLA CANTONE, SERRACCHIANI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

l'articolo 42, comma 2, del decreto-legge «Cura Italia» prevede che nei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell'infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell'infortunato con la conseguente astensione dal lavoro;

la circolare Inail n. 13 del 3 aprile 2020 precisa che, in base alle indicazioni normative, la causa virulenta è equiparata a quella violenta. Sono destinatari di tale tutela, quindi, i lavoratori dipendenti e assimilati, nonché lavoratori parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e lavoratori appartenenti all'area dirigenziale;

nell'attuale situazione pandemica, l'ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio; secondo Inail una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l'utenza. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari;

in base alle istruzioni per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, la tutela assicurativa di Inail si estende, infatti, anche alle ipotesi in cui l'identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne discende che, ove l'episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si possa comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l'accertamento medico-legale seguirà l'ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi; epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale;

non risulta quindi chiaro in base al secondo comma dell'articolo 42 del decreto «Cura Italia» come sia possibile accertare che l'infezione da coronavirus sia avvenuta sul luogo di lavoro; tale equiparazione della malattia a infortunio sul lavoro può produrre conseguenze anche gravissime sul datore di lavoro, per il quale in caso di morte da infortunio sul lavoro è prevista la responsabilità penale –:

se non ritenga necessario adottare idonee iniziative, anche a carattere normativo, al fine di limitare ai soli fini della tutela l'equiparazione del contagio da coronavirus all'infortunio sul lavoro di cui all'articolo 42, comma 2 del decreto-legge «Cura Italia».
(5-03904)

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 6 maggio 2020

Con il presente atto parlamentare, l'Onorevole interrogante richiama l'attenzione sulla presunta scarsa chiarezza dell'articolo 42 del decreto-legge 18 del 2020 in ordine all'equiparazione della malattia da Coronavirus all'infortunio sul lavoro ai fini della tutela INAIL.
In via preliminare va precisato che, la disposizione contenuta nell'articolo 42, secondo comma del decreto-legge «Cura Italia» ha, anzitutto, una portata chiarificatrice finalizzata ad indirizzare, in un momento delicato, caratterizzato dall'emergenza nazionale, l'azione dei medici certificatori e dei datori di lavoro, con lo scopo di erogare velocemente le prestazioni agli infortunati vittime del contagio, evitando disguidi e sovrapposizioni di competenze.
Nel merito, si evidenzia che l'articolo 42 citato, non modifica, anzi conferma, anche per i contagi da nuovo coronavirus, i principi generali applicati per il riconoscimento delle prestazioni a favore di tutti i lavoratori in caso di infortunio, ciò al fine di evitare ogni possibile discriminazione.
Infatti, secondo i principi che regolano l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e, quindi, l'indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l'INAIL tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l'aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, attraverso una equiparazione della causa virulenta a quella violenta.
I contagi da Coronavirus non fanno eccezione a tale regola e sono, pertanto, da ricondurre, a tutti gli effetti, nell'ambito degli infortuni sul lavoro e ciò sulla base di un consolidato orientamento dell'istituto, della scienza medico-legale, nonché della giurisprudenza.
La disposizione in esame, riafferma da un lato il consolidato indirizzo giurisprudenziale e chiarisce che la tutela assicurativa INAIL, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell'esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus.
Per quanto riguarda la verifica che l'infezione da coronavirus sia avvenuta effettivamente sul luogo di lavoro, si fa presente che tale circostanza viene ricostruita dall'INAIL attraverso un accertamento medico-legale che consente comunque di utilizzare un onere probatorio semplificato.
Peraltro escludere i casi di contagio da nuovo coronavirus in occasione di lavoro dall'ambito della tutela INAIL, significherebbe di fatto non garantire in una fattispecie di tale gravità l'ordinaria tutela prevista dall'ordinamento.
A ciò va aggiunto che in data 24 aprile 2020 è stato integrato il «Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e di contenimento della diffusione del virus da Covid-19 negli ambienti di lavoro», sottoscritto il 14 marzo 2020 tra le parti sociali ed il Governo e che, come noto, contiene linee guida per agevolare le imprese nell'adozione di norme di sicurezza anti-contagio nei luoghi di lavoro. Al fine di perseguire l'obiettivo di coniugare la prosecuzione delle attività lavorative con la garanzia di condizioni di lavoro sicure è previsto che alla mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli di protezione per il lavoratore consegue la sospensione dell'attività.
Mi preme a questo punto evidenziare che, per quanto riguarda le conseguenze per i datori di lavoro cui fanno riferimento gli odierni interroganti, si può ritenere che la diffusione ubiquitaria del virus Sars-CoV-2, la molteplicità delle modalità e delle occasioni di contagio e la circostanza che la normativa di sicurezza per contrastare la diffusione del contagio è oggetto di continuo aggiornamento da parte degli organismi tecnico-scientifici che supportano il Governo, rendono particolarmente problematica la configurabilità di una responsabilità civile o penale del datore di lavoro che operi nel rispetto delle regole.
Una responsabilità sarebbe, infatti, ipotizzabile solo in via residuale, nei casi di inosservanza delle disposizioni a tutela della salute dei lavoratori e, in particolare, di quelle emanate dalle autorità governative per contrastare la predetta emergenza epidemiologica.
Sull'esonero della responsabilità, peraltro, l'articolo 42 del decreto-legge n. 18 del 2020 è in parte già intervenuto in ambito assicurativo, prevedendo l'esclusione dei casi riconosciuti di malattia da coronavirus dal bilancio infortunistico dell'azienda.
In ogni caso assicuro comunque il massimo impegno dell'Amministrazione nel monitorare la questione anche con riferimento ai provvedimenti che verranno adottati nel prosieguo.

Fonte:Camera.it

Disclaimer:Visto il continuo evolversi della normativa e della conoscenza tecnico scientifica le informazioni contenute in questa pagina potrebbero essere state superate da nuove disposizioni normative e conoscenze medico scientifiche.


Valutazione del Rischio Covid-19

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L’infortunio sul lavoro per Covid-19 non è collegato alla responsabilità penale e civile del datore di lavoro

Il datore di lavoro risponde penalmente e civilmente delle infezioni di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa
In riferimento al dibattito in corso sui profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro per le infezioni da Covid-19 dei lavoratori per motivi professionali, è utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro.

Sono diversi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail.

Pertanto, il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso.

Al riguardo, si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro.

“La denuncia di infortunio da infezione di nuovo coronavirus non determina alcun automatismo nel riconoscimento da parte dell’Inail”. Con riferimento alla disposizione del decreto legge Cura Italia che qualifica come infortunio sul lavoro “i casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro”, il Presidente ha tenuto a precisare che “la denuncia di infortunio da infezione di nuovo coronavirus non determina alcun automatismo nel riconoscimento da parte dell’Inail. L’Istituto, ai fini della tutela infortunistica, deve comunque valutare le circostanze e le modalità dell’attività lavorativa, da cui sia possibile trarre elementi gravi per giungere ad una diagnosi di alta probabilità, se non di certezza, dell’origine lavorativa della infezione”.

“Non si possono confondere i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail con quelli per la responsabilità penale e civile”. In merito ai profili della responsabilità civile o penale del datore di lavoro, Franco Bettoni ha precisato che “il riconoscimento come infortunio sul lavoro dell’evento del contagio per motivi professionali non costituisce presupposto per l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro”, sottolineando che “non si possono confondere i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail con quelli per la responsabilità penale e civile, che devono essere rigorosamente accertate con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative”.

“I documenti tecnici dell’Inail e dell’Iss contengono raccomandazioni non vincolanti”. Nella sua riflessione, il presidente dell’Inail, con riferimento al dibattito in corso, ha sottolineato come i documenti tecnici elaborati dall’Inail e dall’Istituto superiore di sanità e approvati dal Comitato tecnico scientifico presso la Protezione civile ai fini delle valutazioni delle autorità politiche o delle parti sociali, non debbano essere viste dalle imprese come norme precettive, ma come “mere raccomandazioni sulle misure da adottare per il contenimento del virus”. Quindi non regole vincolanti, non linee guida impartite alle imprese, che né Inail né l’Iss sono titolati ad emanare. “Saranno le autorità politiche - spiega Bettoni - e le parti sociali a operare la sintesi tra i vari interessi in gioco per fare in modo che le attività produttive ripartano nel rispetto della salute dei lavoratori e della popolazione tutta”.  
Fonte: Inail

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