Valutazione rischi, normativa, La gestione del fumo di tabacco in azienda, Inail
Valutazione rischi, normativa, La gestione del fumo di tabacco in azienda, Inail
La gestione del fumo di tabacco in azienda. Pubblicata da Inail una guida che affronta da più lati il rapporto tra fumo negli ambienti di lavoro, divieti, salute e prevenzione. Una guida indirizzata in particolare a datori di lavoro, medici competenti e Rspp, che è stata tra gli oggetti di discussione affrontanti da Inail in un workshop tenuto ad Ambiente Lavoro mercoledì 14 ottobre.
La normativa vigente, la legge 3/2003, i rischi per la salute da fumo attivo e passivo, le iniziative di sensibilizzazione da adottare sui luoghi di lavoro, come gestire il fumo di tabacco in azienda.
La guida partendo dall’entrata in vigore della legge sulla tutela dei non fumatori e il divieto di fumo in tutti i luoghi chiusi non privati, analizza il fumo di tabacco sia dal punto di vista medico, clinico, sia per quanto riguarda i comportamenti corretti sui luoghi di lavoro e le misure necessarie e obbligatorie che i datori di lavoro e l’intero organigramma prevenzione e sorveglianza sono chiamati a osservare.
Rischi occupazionali, fumare sul lavoro
Il fumo di tabacco oltre a essere nocivo e cancerogeno, può avere la capacità di interagire e aumentare la pericolosità di altri agenti nocivi che possono essere presenti sul lavoro. Questi alcuni dei rischi che la guida segnala:
“il fumo può “fungere da vettore di tossici presenti nell’ambiente di lavoro (asbesto, formaldeide, piombo, parathion, ecc.) attraverso l’inalazione, il contatto cutaneo e l’ingestione;
alcune sostanze chimiche depositate sulle sigarette possono essere trasformate in
sostanze più tossiche se fumate (es. politetrafluoroetilene);
l’esposizione a una stessa sostanza nociva contenuta nel fumo di tabacco e nell’ambiente di lavoro può essere aumentata (monossido di carbonio, cadmio, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, ecc.);
il fumo può provocare un effetto nocivo paragonabile a quello determinato dalla
sostanza presente nel luogo di lavoro (es. broncopneumopatia da polveri di cotone e polveri di carbone);
il fumo può agire con meccanismo sinergico con l’agente occupazionale producendo un danno maggiore di quello causato dal singolo agente considerato (asbesto, silice, arsenico, 2-naftilammina, 4-amminodifenile, prodotti di decadimento del radon, ecc.);
il fumo può contribuire ad aumentare gli incidenti e gli infortuni sul lavoro”.
Interazioni con l’abitudine al fumo sono poi state individuate anche con la frequenza di incidenti sul lavoro. “I fumatori hanno un maggior rischio di incidenti e infortuni sul lavoro rispetto ai non fumatori (1,4 – 2,5 volte) e si assentano in genere dal lavoro per malattia con maggiore frequenza. Oltre alla possibilità di innesco di incendi ed esplosioni, sono più frequenti gli incidenti automobilistici”.
Valutazione rischi, datore di lavoro, Rspp
Per far fronte a tali rischi, contro il fumo passivo, per la salubrità degli ambienti di lavoro, per la salute dei dipendenti, le misure che il datore di lavoro è chiamato a intraprendere derivano innanzitutto dall’art. 28, comma 1 del D.Lgs. 81/2008 e dall’articolo 15 dello stesso Testo unico sicurezza sul lavoro. Con gli agenti chimici presenti nelle sigarette che inscrivono inoltre il fumo passivo nel Titolo IX, Capo I del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. “Protezione da agenti chimici”.
In collaborazione con il Responsabile del servizio prevenzione e protezione il datore di lavoro di conseguenza:
deve “dare segnali chiari e univoci di divieto di fumo nei locali chiusi non privati ai sensi dell’art. 51 della L. 3/2003 posizionando idonea cartellonistica e istituendo la vigilanza sul rispetto del divieto; è infatti interesse del Datore di Lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla salute causati dal fumo (Circolare 17/12/2004 del Ministero della Salute – G.U. n. 300 del 23/12/2004);
come “promotore della salute” può elaborare una politica di gestione del fumo di tabacco in azienda coinvolgendo i lavoratori e le altre figure della prevenzione per la salute e sicurezza in azienda;
può (ma non è obbligato) istituire nella propria azienda i locali riservati ai fumatori (Circolare 17/12/2004 del Ministero della Salute – G.U. n. 300 del 23/12/2004) che devono rispondere alle caratteristiche del D.P.C.M. 23/12/2003 (anche se gli appositi impianti di ventilazione non sembrano in grado di abbattere, sia all’interno che all’esterno, i rischi per la salute legati alla esposizione a fumo passivo);
in collaborazione con il Medico Competente e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, come previsto dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. , deve fare informazione sui rischi supplementari dovuti al fumare per gli esposti ad agenti cancerogeni e/o mutageni (art. 239) e all’amianto (art. 257), sulle misure di prevenzione del fumo adottate nel luogo di lavoro e su quanto previsto dalla normativa vigente per la violazione del divieto di fumo;
deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute derivanti dal fumo di tabacco attivo e passivo, sulle misure di prevenzione del fumare adottate nel luogo di lavoro, sulle procedure previste dalla normativa vigente per la violazione del divieto e sulle modalità efficaci per smettere di fumare, avvalendosi dei servizi competenti in materia, come raccomandato nell’art. 5 dell’Accordo Stato Regioni del 16 Dicembre 2004;
deve valutare ed eventualmente inserire nel Documento Valutazione Rischi (DVR) l’esposizione al fumo passivo dei lavoratori impiegati nei locali riservati ai fumatori come esposizione ad agenti chimici pericolosi;
deve individuare e applicare le adeguate misure di prevenzione e di protezione ed
elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza degli esposti a fumo passivo”.
fonte quotidianosicurezza, Inail