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  • Indicazioni Operative 2021 Per La Prevenzione Del Rischio Da Agenti Fisici Ai Sensi Del Decreto Legislativo 81/08 A seguito dei positivi riscontri sulle indicazioni operative del Coordinamento Tecnico

    Faq 2021 Protezione Dei Lavoratori Dai Rischi Di Esposizione A Radiazioni Solari L’art. 28 del D.lgs. 81/2008 prevede la valutazione di “…tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori…”. Di conseguenza, in tutti i casi nei quali il processo lavorativo o la mansione comportino una significativa esposizione del lavoratore alla radiazione solare, il datore di lavoro dovrà effettuare una valutazione dei rischi specifica e procedere alla messa in atto di adeguate misure di prevenzione e protezione.La valutazione del rischio dovrà essere effettuata secondo i requisiti di cui agli articoli 28 e 29 del Titolo I del D.lgs. 81/2008 ed essere eseguita secondo le norme tecniche, le linee guida e le buone prassi disponibili, come illustrato nel presente Portale; al termine della valutazione il documento redatto dovrà contenere le opportune misure di prevenzione e protezione dai rischi (dettagli riportati alla sezione D delle Indicazioni operative per la prevenzione del rischio da Radiazione Solare del Gruppo Tecnico Interregionale Prevenzione Igiene e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro - INAIL- ISS di scaricabili al link di seguito riportato.).Si dovrà altresì adempiere agli obblighi previsti dagli art. 36 (Informazione ai lavoratori), 37 (Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti) e 41 (sorveglianza sanitaria) del D.lgs. 81/2008, come illustrato nelle FAQ D.7 E D.8 delle Indicazioni operative per la prevenzione del rischio da Radiazione Solare del Gruppo Tecnico Interregionale Prevenzione Igiene e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro - INAIL- ISS di scaricabili al seguente link. Le FAQ contenute in questa sezione consentono un’ agevole consultazione per parole chiave del documento: Decreto Legislativo 81/2008 Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a Radiazione Solare– Indicazioni Operatve, elaborato dal Sotto Gruppo Tematico Agenti Fisici del Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome in collaborazione con INAIL ed ISS , approvato dal Gruppo Tecnico Interregionale Prevenzione Igiene e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro il 21/07/21. A.1 Quali Sono Gli Effetti Avversi Dell'esposizione Alla Radiazione Solare? Nei luoghi di lavoro che prevedono mansioni svolte all'aperto l'esposizione a Radiazione Solare (RS) costituisce un fattore di rischio per i lavoratori. Le componenti della RS che giungono sulla superficie terrestre e che hanno degli effetti per la salute dei lavoratori esposti si collocano nell'intervallo di spettro elettromagnetico della radiazione ottica che comprende le tre bande spettrali: ultravioletta (UV), visibile ed infrarossa (IR). (Figura A.1)La figura A.1 mostra il tipico spettro della radiazione solare per illuminazione diretta sia all'esterno dell'atmosfera terrestre che al livello del mare. Il sole produce una radiazione elettromagnetica con una distribuzione spettrale simile a quella emessa da un corpo nero a 5778 °K (5505 °C) che è approssimativamente la temperatura superficiale del sole. Nell'attraversare l'atmosfera, parte della radiazione è assorbita dai gas in specifiche bande di assorbimento. Le curve sono basate sugli spettri di riferimento dell'American Society for Testing and Materials (ASTM). Sono indicate le regioni per l'ultravioletto, il visibile e l’infrarosso.Di tutto lo spettro solare che raggiunge la superficie terrestre, solo la porzione con lunghezza d'onda compresa tra i 380 e i 780 nanometri è in grado di produrre stimolazione retinica, e pertanto appartiene alla banda del visibile. Le lunghezze d'onda inferiori ai 400 nm fanno parte della regione dell'ultravioletto mentre la banda dell'infrarosso parte da lunghezze d'onda superiori ai 700 nanometri. Si noti che negli intervalli 380-400 nm e 700-780 nm la banda del visibile si sovrappone, rispettivamente, con quella degli UV e con quella degli IR.La componente ultravioletta (UV) della RS è quella che pone i maggiori rischi per la salute umana.La radiazione UVC (100-280 nm) viene completamente assorbita nell'alta atmosfera dall'ozono e dall'ossigeno; la quasi totalità della radiazione UVB (280-315 nm), viene assorbita dall'ozono presente in stratosfera (circa l’80-90%) mentre la maggior parte della radiazione UVA (315-400 nm) riesce a passare indenne attraverso l’atmosfera. La radiazione ultravioletta che raggiunge la superficie terrestre è costituita pertanto in larga percentuale da UVA e in piccola parte da UVB.Per quanto concerne la componente solare della radiazione infrarossa (IR), va detto che questa non è in genere di entità tale da produrre danni a carico di occhi e cute per i lavoratori outdoor, e gli effetti di natura termica dovuti alla radiazione IR sono trattati nel documento Linee di Indirizzo Coordinamento Interregionale Microclima.Esistono inoltre altre sorgenti di radiazione ottica di origine naturale differenti dalla radiazione solare. Tra queste le uniche che possono causare esposizioni rilevanti ad IR e luce visibile per lavoratori outdoor possono essere ricondotte a sorgenti quali le colate di lava incandescente sulle pendici dei vulcani in attività eruttiva, per i lavoratori che operano nel settore delle emergenze, delle infrastrutture e della ricerca.Gli effetti sanitari avversi riconosciuti sono prevalentemente a carico della cute e degli occhi e possono essere con insorgenza sia a breve termine (effetti acuti) che a lungo termine (effetti cronici): questi ultimi sono dovuti a esposizioni protratte anche per anni, non infrequenti nei lavoratori con mansioni all'aperto. Tra gli effetti a lungo termine va sottolineato che la radiazione solare è stata classificata già dal 1992 nel Gruppo 11 degli agenti cancerogeni per gli esseri umani dall'International Agency of Research on Cancer (IARC), agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) deputata alla valutazione di cancerogenicità di sostanze, agenti e circostanze di esposizione. Tale valutazione è stata riconfermata nel 20122.Un quadro riassuntivo degli effetti della radiazione solare è il seguente.Effetti di tipo acuto a livello della cute• Eritema solare, indotto essenzialmente dalla componente UVB. Nelle forme gravi (ustioni solari) un eritema marcato può accompagnarsi a edema e flittene (ustioni gravi) nelle zone foto-esposte.• Induzione o esacerbazione di quadri clinici nei soggetti affetti da fotosensibilità (fotodermatosi) con reazioni in genere eritematose o maculo-papulari. Sono coinvolte le bande UVB e UVA, ma per alcune rare forme di fotodermatosi (ad esempio nell’orticaria solare) anche la radiazione visibile.• Fotodermatiti da agenti fototossici. Sono determinate dalla azione combinata della radiazione solare e di molecole con particolari caratteristiche chimiche (agenti fototossici). Affinché la reazione avvenga è necessario che l’esposizione ai due fattori sia contemporanea, che la radiazione possegga la lunghezza d’onda idonea ad attivare la sostanza e che la quantità di energia elettromagnetica (cioè la dose della radiazione) sia sufficiente. Gli agenti fototossici possono raggiungere la cute (ma potenzialmente anche l’occhio) per contatto (come avviene ad esempio per gli psoraleni, presenti in numerosi vegetali, per i derivati del catrame e per alcuni farmaci topici come prometazina e clorpromazina) o per via sistemica entero-parenterale, ossia dopo l’ingestione o l’entrata in circolo: è il caso della maggior parte dei farmaci attivi per assorbimento (come sulfamidici e tetracicline). Le molecole dotate di fototossicità sono in grado di assorbire la radiazione luminosa secondo uno spettro loro proprio e gli effetti biologici a livello cellulare si traducono in danni nucleari, di membrana, degli organuli citoplasmatici ed in alterazione della sintesi di macromolecole. La banda spettrale più efficace nell’indurre reazioni di fototossicità è data dalla componente UVA, seguita dall’UVB. Tuttavia, per alcune sostanze fototossiche (ad esempio le porfirine) è sufficiente l’esposizione della cute alla radiazione visibile. La comparsa delle lesioni nelle fotodermatiti da fototossici raramente è immediata, più frequentemente compare a distanza di 12-48 ore dall’esposizione solare. Le lesioni cutanee sostanzialmente rappresentate da chiazze eritematose, eritemato-orticarioidi, papulose interessano diffusamente le aree fotoeposte del volto e del collo con caratteristico risparmio della regione sottomentoniera, retroauricolare e palpebrale superiore, ma possono interessare anche le aree fotoesposte del torace, degli avambracci e delle gambe con limiti netti rispetto alle parti coperte, nonché il dorso delle mani.• Dermatiti foto allergiche da contatto. L’eczema o dermatite fotoallergica da contatto è determinato dall’azione combinata dell’esposizione a sostanze chimiche (“fotoapteni”) e alla radiazione solare, ma talora anche artificiale. Il meccanismo patogenetico che ne è alla base è rappresentato da una reazione allergica di tipo ritardato o cellulo-mediato (Ipersensibilità di Tipo IV secondo Gell e Coombs), del tutto analoga a quella operante nell’eczema allergico da contatto non fotomediato, ma è necessario uno stimolo luminoso che attivi il “fotoaptene”. Il fotoaptene è un proaptene o aptene primario che la fotostimolazione trasforma in un metabolita stabile (aptene secondario) in grado di legarsi ad una proteina, dando vita all’antigene completo capace di stimolare la reazione cellulo-mediata. Anche in tal caso la banda spettrale implicata è soprattutto l’UVA. Sono numerose le sostanze che possono causare eczema fotoallergico da contatto, tra questi i farmaci antiflogistici non steroidei per uso topico (in particolare il ketoprofene), i derivati dell’acido para-aminobenzoico, i cinnamati, i profumi (la maggior parte delle segnalazioni riguardano il muschio ambretta ed altri muschi sintetici, il balsamo del Perù e l’olio di bergamotto). Le lesioni cutanee sono classicamente di tipo eczematoso ed interessano le aree foto esposte in particolare, volto, scollo, regione nucale, dorso delle mani, superficie estensoria degli arti. Costantemente risparmiate la regione sottomentoniera, palpebrale superiore e retroauricolare, le pieghe del gomito ed i cavi poplitei. Caratteristico dell’eczema fotoallergico è tuttavia l’estendersi delle lesioni anche da aree non direttamente foto esposte (importante criterio di differenziazione rispetto alle dermatiti da agenti fototossici). La diagnostica di queste forma si avvale fondamentalmente del fotopatch test.Gli agenti fototossici ed i fotoapteni sono molto numerosi (si veda al riguardo la FAQ C.4), ma quelli più frequentemente coinvolti sono alcune categorie di farmaci e alcuni tipi di piante. Alcuni agenti hanno potenziale solo fototossico, altri solo fotoallergico, altri ancora sia fototossico che foto allergico (es. derivati fenotiazinici quali prometazina e clorpromazina).• Immunosoppressione. L’esposizione alla componente UVB e, in minor misura, UVA della RS può tradursi nella soppressione a livello locale dell’immunità acquisita. L’effetto immunosoppressivo UV-indotto può riattivare infezioni virali latenti, ad esempio herpes simplex.Effetti a lungo termine a livello della cute• Cancerogenicità. La RS è un cancerogeno certo per l’uomo (gruppo 1 IARC). Può infatti causare sia carcinomi (ovvero epiteliomi) baso-cellulari (BCC) e squamo-cellulari (SCC) sia il melanoma maligno (MM). La componente spettrale più attiva è l’UVB, ma anche alla componente UVA è riconosciuta azione cancerogena: la IARC classifica infatti come cancerogeni per l’uomo non solo la radiazione solare nel suo insieme, ma anche l’intero spettro della radiazione ultravioletta, che include le bande spettrali UVC, UVB e UVA. La RS può inoltre causare lesioni preneoplastiche quali le cheratosi attiniche, una parte delle quali può evolvere in carcinomi squamocellulari.• Fotoinvecchiamento. È legato soprattutto all’esposizione cumulativa alla radiazione UVA solare, con un ruolo importante anche per l’UVB. Si sovrappone al normale invecchiamento fisiologico della cute, interessa non solo l’epidermide ma soprattutto il derma e può dare origine a quadri differenti e con diversa gradazione (valutabili mediante l’indice di Glogau, una classificazione sistematica tra le più utilizzate dei tipi di pazienti con fotoinvecchiamento della cute che prevede 4 classi in base al grado di rugosità e di altre modificazioni presenti nella cute).Effetti di tipo acuto a livello dell’occhioLe lesioni si possono determinare o per osservazione diretta della luce solare o per esposizione a superfici fortemente riflettenti come distese di neve, di ghiaccio, di acqua, di sabbia chiara, ampie superfici marmoree o metalliche o altri materiali da costruzione. A carico della superficie oculare possono manifestarsi fotocongiuntivite, per interessamento della membrana congiuntivale esposta, o fotocheratite per il coinvolgimento della cornea; più frequentemente risultano colpite entrambe le strutture (foto-cheratocongiuntivite) in grado variabile a seconda dell'intensità della radiazione incidente e della durata dell'esposizione alla stessa. I sintomi di tali eventi acuti sono rappresentati da irritazione, lacrimazione, sensazione di corpo estraneo, dolore; il trattamento farmacologico locale consente la regressione del quadro clinico in 3-7 giorni in assenza di esiti anatomo-funzionali permanenti. Tuttavia la reiterazione di tali eventi può favorire lesioni croniche cherato-congiuntivali successivamente illustrate. A livello retinico il quadro clinico acuto è quello della maculopatia fototossica (interessa la macula, area centrale della retina deputata alla visione distinta) correlata perlopiù ad osservazione diretta della luce solare (es.: eclissi solare). È attribuita alla componente più energetica dello spettro visibile (luce blu-violetta) e può causare danni funzionali transitori ma anche permanenti ed inemendabili (riduzione dell'acutezza visiva, alterazione della percezione cromatica).Le attività lavorative outdoor nelle quali più frequentemente si possono verificare questi quadri clinici sono quelle espletate in alta montagna, sulla neve o sui ghiacciai (oftalmia nivalis), come pure quelle della navigazione e della pesca, nelle cave di marmo e nell’edilizia.Effetti di tipo cronico a livello dell’occhio• Pinguecola. Si tratta di una formazione degenerativa di natura non tumorale che si forma a livello della congiuntiva e che appare come una piccola escrescenza generalmente di colore giallastro leggermente rialzata. Di solito interessa la sclera ed è localizzata nelle porzioni nasali e temporali della periferia corneale. Di rado richiede un trattamento, a meno che la lesione non si infiammi e causi gonfiore, dolore o secchezza, nel qual caso è previsto l’utilizzo di farmaci antiinfiammatori e/o di lacrime artificiali.• Pterigio. Alterazione degenerativa del margine corneo sclerale più spesso localizzata al lato nasale; ha forma triangolare a base esterna ed apice che progressivamente si estende sulla cornea opacizzandola e deformandone la curvatura (astigmatismo). Può essere monolaterale o bilaterale, ma solitamente con esordio asincrono; più raramente può interessare sia il lato nasale che quello temporale. Il trattamento è chirurgico e non infrequenti sono le recidive.• Cataratta. L’esposizione cronica (anni) alla RS può associarsi all’insorgenza di cataratta, di tipo soprattutto corticale, e, meno frequentemente, nucleare. In questo caso il ruolo eziologico si ritiene svolto in particolare dalla radiazione UVA e in parte dai raggi UVB. Questi meccanismi sono comuni anche alla cataratta senile tuttavia nel caso di esposizione professionale i fisiologici fenomeni degenerativi che determinano lo sviluppo della cataratta senile vengono accelerati comportando l’insorgenza dell’opacità del cristallino nelle fasce di età più giovani (cataratta presenile).• Tumori oculari. Comprendono i rarissimi carcinomi squamo-cellulari della cornea e della congiuntiva (equivalenti a livello delle cellule epiteliali della superficie oculare del carcinoma squamocellulare della cute), per i quali l’associazione con l’esposizione cronica ad UV solari è dimostrata, ed il melanoma oculare. È importante distinguere il melanoma della congiuntiva dal melanoma della coroide (o uveale); il primo ha origine dalle cellule melanocitarie della congiuntiva (derivazione ectodermica come la cute), è estremamente raro (0,1 casi/anno/milione di abitanti) ed è dimostrata una correlazione con l'esposizione a RS (UVA) analogamente al melanoma cutaneo. Il secondo origina da cellule pigmentate della coroide (derivazione mesodermica) ha incidenza pari a 5-10 casi/anno/milione di ab e per esso NON è chiaramente dimostrata la correlazione con esposizione a RS.La IARC nella monografia specifica sulle Radiazioni 100D del 2012 sulla base delle evidenze disponibili conclude che c’è limitata evidenza di cancerogenicità per melanoma oculare ed esposizione a radiazione solare2. Si ritiene opportuno specificare che tale evidenza scientifica sia da riferirsi al melanoma della coroide e a tutti i melanomi interessanti il bulbo oculare.• Degenerazione maculare legata all’età. Il dato epidemiologico suggerisce un’associazione tra esposizione cronica (anni) alla RS e lesioni a livello della retina, soprattutto per quanto riguarda la macula, che vengono attribuite alla componente più energetica dello spettro visibile (luce blu-violetta) e/o alla residua componente UVA (meno dell’1% in età adulta) che raggiunge la retina, ma anche in questo caso non è stata ancora dimostrata una forte relazione causale.Effetti di tipo indirettoL’esposizione alla RS può inoltre avere effetti indiretti. Il principale è rappresentato dall’abbagliamento dovuto alla componente visibile. Quest’ultimo, che deriva essenzialmente dalla riflessione della luce solare da parte di superfici lisce e altamente riflettenti (quali molte superfici metalliche), può essere semplicemente fastidioso (abbagliamento fastidioso) o inibire temporaneamente la funzione visiva (abbagliamento inabilitante) che può condurre, in alcune condizioni, ad un aumento del rischio di infortuni.Anche le reazioni di fotosensibilizzazione possono essere incluse tra gli effetti indiretti essendo dovute non all’azione diretta della radiazione sul tessuto, ma alla presenza di una sostanza che viene foto-attivata (Vedi FAQ C4). A.2 Quali Sono Le Condizioni Di Maggiore Suscettibilita' Alla Radiazione Solare? Un importante fattore di rischio per i tumori della cute è quello strettamente correlato alla sensibilità individuale alla radiazione UV. Il fototipo di ogni individuo riassume in sé alcune caratteristiche individuali che possono determinare un rischio minore o maggiore.Diverse sono le sfumature di colore della cute, da cui dipende il grado di protezione naturale dai raggi del sole cui si associa inoltre la capacità o meno di abbronzarsi o di scottarsi: questi sono gli elementi costitutivi alla base della classificazione schematica (inizialmente proposta da Fitzpatrick) abitualmente utilizzata in ambito clinico (ma considerata anche in quello epidemiologico) che ha identificato sei diversi fototipi, basati sulla pigmentazione della cute, sulla capacità di abbronzatura e sulla rapidità con cui si manifesta una scottatura solare. I fototipi 1 e 2, rappresentativi di una cute molto chiara, sono i più sensibili ai danni UV sia per gli effetti acuti che a lungo termine, ma il rischio derivante da esposizione a UV è comunque da considerarsi per tutti i fototipi.Il tipo di cute è spesso associato al colore degli occhi e dei capelli indicando in linea di massima un corrispondente fototipo nella classificazione, ma questi due elementi non sempre concordano perché molti individui, pur avendo occhi e capelli scuri, hanno una cute molto chiara e sensibile; viceversa altri sono biondi naturali, ma con una cute capace di abbronzarsi anche intensamente. In questi ultimi casi il riferimento è alle caratteristiche della cute.In figura A.2.1 viene presentato lo schema dei diversi fototipi così come sono stati definiti dallo schema di Fitzpatrick riadattato dal SunSmart Victoria. Bisogna comunque tenere presente che tutti i tipi di cute possono essere danneggiati, ma che i soggetti con cute più chiara sono a maggior rischio.Ulteriori approfondimenti sulle condizioni di suscettibilità alla RS sono riportati alla FAQ C.4 A.3 Quale Ruolo Della Sorveglianza Sanitaria Nel Caso Dei Lavoratori Esposti A Radiazione Solare? Per sorveglianza sanitaria (SS) si intende l’insieme degli atti medici di prevenzione atti a verificare la compatibilità tra la salute dei lavoratori e la esposizione ad un agente di rischio e la conseguente idoneità alla mansione specifica, la permanenza nel tempo delle condizioni di salute del lavoratore, la valutazione dell’efficacia delle misure di prevenzione messe in atto, il rafforzamento della compliance su misure e comportamenti corretti. La sorveglianza sanitaria permette anche di monitorare i lavoratori al fine di evidenziare eventuali disturbi/danni alla salute dovuti all’attività lavorativa in modo da intervenire precocemente. Ciò assume particolare rilevanza ai fini della possibilità di diagnosi precoce di tumori a carico di cute ed occhi, che generalmente non è possibile nel caso dei cancerogeni che hanno come bersaglio gli organi interni.La SS consente inoltre di valutare l’opportunità di sottoporsi ad esami periodici anche successivamente alla cessazione delle attività lavorative.Nel caso della Radiazione Solare, quando il processo di valutazione del rischio evidenzi una esposizione abituale o prevedibile del lavoratore nell'ambito delle mansioni espletate, deve essere predisposta la sorveglianza sanitaria con visita medica preventiva, per verificare al momento dell’ingresso al lavoro la presenza di fattori di rischio (vedi FAQ C.3), costituzionali o acquisiti, e successivamente periodica, con cadenza biennale o più frequente a seconda della valutazione del rischio individuale che lo stesso medico competente stabilirà nel proprio protocollo sanitario.La sorveglianza sanitaria deve essere mirata agli organi bersaglio della Radiazione UV, quindi cute ed apparato oculare (FAQ A.1). Tra gli obiettivi prioritari, trattandosi di un cancerogeno certo, vi è quello di evidenziare eventuali lesioni precancerose e/o cancerose nella fase il più iniziale possibile in modo da intervenire precocemente con con gli atti medici dovuti ), inclusi gli adempimenti medico legali del caso.Si ricorda infatti che il sistema sociale assicurativo sul lavoro italiano (INAIL) dal 2008 considera malattie professionali per i lavoratori dell’industria e dell’agricoltura i danni per la cute, neoplastici e non, da radiazione solare con la formula della presunzione di origine cioè senza necessità di dimostrazione dell’evento lesivo da parte del lavoratore (FAQ E.2). A.4 Quali Sono I Criteri Da Seguire Per L'attivita' Di Sorveglianza Sanitaria Dei Lavoratori Esposti A Radiazione Solare? Il medico competente aziendale (MC) in sede di prima visita farà un’anamnesi specifica particolarmente dettagliata per quanto attiene a eventuali patologie oculari del lavoratore o familiari e a fattori di rischio per le neoplasie cutanee (fototipo, fenotipo, familiarità, pregressi tumori della cute, numero e tipo di nevi) e al rilievo di altre condizioni di particolare suscettibilità per gli organi bersaglio.L’esame obiettivo completo della cute è necessario per valutare la presenza di alcuni fattori di rischio individuali ed eventuali lesioni precancerose o francamente maligne. L’esame della cute sarà mirato infatti alla valutazione dei nevi, degli elementi di foto-invecchiamento precoce o di lesioni sospette, con particolare attenzione alle sedi fotoesposte.Tale valutazione sarà riportata nella cartella sanitaria e di rischio, e rivalutata nel corso delle visite mediche periodiche dal medico competente che ne effettuerà il monitoraggio e/o vi annoterà la comparsa di eventuali modifiche dalla situazione iniziale. In caso di lesione sospetta o di nuova comparsa rispetto al pregresso, il MC si avvarrà della consulenza degli specialisti di riferimento.Nell’ambito della visita è importante fare educazione sanitaria fornendo tutte le informazioni necessarie su comportamenti a rischio sia sul lavoro che fuori dell’ambito lavorativo e sulla pratica dell’auto-esame della cute.Nel caso di fattori di rischio oculari in relazioni a patologie note o familiari, il MC dovrà poter acquisire un parere specialistico sia per obiettivare la situazione clinica al tempo zero, soprattutto per una ottimale pianificazione del follow-up come pure per valutare eventuali evolutività. B.1 Come Si Effettua La Valutazione Dell'esposizione A Radiazione UV Solare? Ai fini protezionistici per quantificare il rischio di insorgenza di danno per patologie foto-indotte della pelle, viene utilizzata l’Esposizione Radiante Efficace o Dose efficace, Heff, ottenuta dall'integrale nel tempo dell'irradianza efficace ottenuta a sua volta ponderando l’irradianza spettrale con uno spettro d'azione relativo al rischio di induzione dell'eritema.Lo spettro di azione per induzione di eritema è stato standardizzato dalla CIE (Commission International d’Eclairage).La dose minima per induzione di eritema dipende dal fototipo del soggetto esposto. Per soggetti caucasici debolmente pigmentati (fototipo 2) tale dose è nell’intervallo 60 - 300 Jeff/m2.È comunque sempre da tenere in considerazione che detti valori sono del tutto orientativi, e possono variare per la cute di uno stesso soggetto, in relazione ad esempio a lesioni, cicatrici, pregresse scottature che ne alterano localmente la fotosensibilità.Non è abitualmente necessario ai fini della valutazione del rischio UV, e della attuazione delle appropriate misure di prevenzione e protezione, ricorrere all’effettuazione di misurazioni dell’irradianza efficace della radiazione UV solare. Come riportato alla sezione C la valutazione dell’esposizione alla radiazione ultravioletta solare può infatti essere effettuata in maniera semplice a partire dall’UV index (indice UV). (Vedi FAQ C.2).Sono disponibili in commercio rilevatori portatili dotati di sensore (tipicamente fotodiodo) in grado di misurare l’irradianza efficace della radiazione ultravioletta (UVA e UVB). Sono in genere denominati “dosimetri” in quanto sulla base di valori di irradianza misurati e registrati forniscono il valore di esposizione radiante (irradianza efficace integrata nel tempo – detta dose UV). È da specificare in merito che non esistono al momento criteri e standard metrologici di rifermento per i dosimetri UV, e il controllo della correttezza della risposta è a carico del misuratore.La curva di sensibilita' del sensore puo' cambiare nel tempo e portare ad errori di misura molto elevati, se il sistema non è controllato e tarato rigorosamente. La misurazione delle radiazioni UV sul posto di lavoro è in genere costosa, complessa e richiede personale altamente specializzato. Il costo della misura è solo in minima parte imputabile al costo intrinseco dello strumento di misura, ma è dovuto soprattutto alla complessità del controllo della correttezza dei dati acquisiti e della corretta calibrazione, acquisizione ed elaborazione delle misure. Qualora ciò non sia realizzato le misure possono essere affette da incertezze elevate e non quantificabili, e pertanto non affidabili ai fini della valutazione del rischio e della tutela dei lavoratori. C.1 Quali Sono Le Attivita' Lavorative Per Le Quali Il Rischio Da Esposizione A Radiazione Solare Deve Essere Valutato? La valutazione del rischio nel caso di esposizione a radiazione solare deve essere effettuata per tutte le attività lavorative che richiedono che il lavoratore trascorra una parte significativa del turno o della giornata lavorativa all’aperto.Si riporta nel seguito un prospetto, non esaustivo, delle tipologie/categorie di lavoratori/attività che comportano l’esposizione non occasionale alla radiazione solare, distinte in base alla graduazione del rischio (Tabelle C.1 A e C.1 B)Possono essere identificate inoltre alcune categorie di lavoratori, quali conducenti di veicoli, piloti e lavoratori che, pur operando in condizioni assimilabili ad un ambiente al chiuso possono comunque risultare esposti alla radiazione solare attraverso barriere quali vetri o polimeri trasparenti. Questi ultimi filtrano in modo efficace la componente UVB dello spettro solare, ma lasciano passare una quota abbastanza rilevante di UVA, oltre naturalmente alla radiazione visibile e infrarossa vicina. C.2 Quali Fonti E' Possibile Utilizzare Per La Valutazione Della Esposizione A Radiazione UV Solare? La valutazione dell’esposizione alla radiazione ultravioletta solare può essere effettuata in maniera semplice a partire dall’UV index (indice UV). Si tratta di una grandezza scalare utilizzata come unità di misura dell’intensità della radiazione solare UV che giunge al suolo. La sua definizione è stata standardizzata e pubblicata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dal World Meteorological Organization (WMO), dallo United Nations Environment Programme (UNEP) e dalla International Commission on Non Ionizing Radiation Protection (ICNIRP).Rappresenta il valore numerico del prodotto dell’irradianza efficace, valutata sul piano orizzontale, espressa in (W/m2), moltiplicata per 40.Ad esempio, un’irradianza efficace di 0.1 W/m2 corrisponde ad un UV index pari a 4. Un’unità di UV index è di conseguenza pari a 0,025 W/m2 di irradianza efficace, che per esposizioni pari a 1 ora (3.600 s) si traduce in un’esposizione radiante di 90 Jeff/m2.La scala dell'indice UV viene espressa, per convenzione, da un minimo di 1 ad un massimo di 11+: più è alto il valore di UV index maggiore è l'intensità degli UV. Si fa presente che la notazione UV index "11+" si riferisce, ai fini della comunicazione del rischio, a tutti i valori UV index uguali o maggiori di 11. Data la sua immediatezza, l’UV index è raccomandato come mezzo per trasmettere rapidamente al pubblico la presenza di rischi per la salute derivanti dalla esposizione alla radiazione UV e per informare la popolazione sulle misure di protezione da adottare. In tabella C.2 si riportano i pittogrammi adottati dall’OMS per valori crescenti dell’UV index, correlati a livelli di rischio crescente.Tabella C.2. Classificazione dell’UV index massimo giornaliero in funzione del livello di rischioL’UV index massimo giornaliero è facilmente ottenibile in rete, essendo molto spesso fornito in associazione con i dati meteo. L’impiego dell’UV index ai fini della valutazione dell’esposizione occupazionale a UV solare richiede però che i valori siano corretti per fattori moltiplicativi che tengano conto delle caratteristiche di riflessione (albedo) dell’ambiente immediatamente circostante il lavoratore.Sul Portale Agenti Fisici (PAF) di Regione Toscana – INAIL sotto la voce “Radiazioni ottiche naturali”, è disponibile  una procedura guidata che consente di applicare i criteri valutativi ICNIRP 14/2007 sopra richiamati per la prevenzione del rischio da esposizione a radiazione UV solare per occhi e cute tenendo conto anche del contesto lavorativo. (Vedi FAQ C.3)È presente inoltre l’applicazione “Sole sicuro” scaricabile su smartphone, in grado di fornire a lavoratori e Sistema di Prevenzione Aziendale (ma anche in relazione alle attività sportive o svolte nel tempo libero), in funzione del macrosettore di attività, della località geografica, e del tipo di suolo/superficie del luogo di lavoro, la previsione dell’UV index massimo giornaliero in condizioni di cielo sereno (sulla base dei dati di UV index ricavabili da Open Weather - https://openweathermap.org), indicando le misure di protezione da adottare per lo specifico settore di attività e scenario espositivo.La condizione di cielo sereno è stata posta per ridurre il rischio di sottostima dell’esposizione, in quanto la copertura nuvolosa, a seconda delle sue caratteristiche, può influenzare in modo rapido e variabile l’UV al suolo. (Vedi anche approfondimento alla FAQ C.3) C.3 QUALI Sono I Criteri Da Seguire Nel Dettaglio Per La Valutazione Del Rischio Da Radiazione Solare? n ambito internazionale, ai fini della valutazione e della prevenzione del rischio lavorativo da esposizione a RS nelle lavorazioni all'aperto è possibile far riferimento al documento ILO/ICNIRP/WHO 14/2007 "Protecting Workers from Ultraviolet Radiation", e al documento ICNIRP più recente: “ICNIRP statement on protection of workers against ultraviolet radiation” del 2010. Il primo documento contiene criteri per la valutazione del rischio da UV solare ai fini della prevenzione, in relazione alle condizioni ambientali in cui avviene il lavoro ed alle modalità organizzative adottate e da adottare, indipendentemente dal fototipo della pelle e dalle caratteristiche individuali dei soggetti esposti.Il metodo ICNIRP, utilizzabile on line sul PAF alla sezione UV solare - Calcolatore vuole essere uno strumento semplice per mettere in atto le misure organizzative (aree ombreggiate, orari di lavoro etc.) e procedurali (vestiario, indumenti, fotoprotezione) da attuarsi per tutti i lavoratori outdoor nel periodo primavera-estate (a cominciare da marzo).L'assunto di base di tale criterio semplificato è che alle latitudini dell'Italia - (37°N – 48°N) l'UV index medio (ovvero l'irradianza efficace UV al suolo) nel periodo marzo-settembre sia pari a 7 in condizioni di cielo sereno nelle ore di massima esposizione (ore 10-17 ora legale). In realtà l'UV index nell'arco dei mesi primaverili ed estivi può variare da 5 a 11+, ma ai fini protettivi è considerato ragionevole assumere un valore medio pari a 7.Tale assunto si basa sulle seguenti considerazioni.In figura C.3.1 si riporta - a titolo di esempio – l’andamento giornaliero dell’Indice UV rilevato a Firenze in luglio. Il grafico esprime i valori di indice UV mediati su quindici minuti. Dal grafico si evince che il quarto d'ora con il massimo livello di UV rilevabile a Firenze nel periodo estivo è quello tra le 12:15 e le 12:30. Ciò in quanto il "mezzogiorno solare" a Firenze in luglio si raggiunge alle 12:20 circa, pertanto il grafico riportato (che è espresso in ora legale) vede i massimi intorno alle 13:30, ovvero le 12:30 solari. Dal grafico di figura C.3.1 è possibile notare come nel mese di luglio tra le 11 e le 16 (ora legale) siano presenti a Firenze valori di Indice UV tra “Alto” è Molto Alto”.Tali andamenti, per cielo sereno, si possono ritenere simili anche per altre aree pianeggianti e collinari del territorio italiano (a parte zone particolari con superfici del suolo molto riflettenti); l'unica differenza è che il valore di picco sarà centrato in corrispondenza del mezzogiorno solare che si riscontra alla longitudine locale.È da considerarsi al riguardo che il mezzogiorno solare è il momento (l'ora del giorno) nel quale il sole raggiunge la massima elevazione e anche il massimo livello di radiazione. La differenza tra mezzogiorno solare e mezzogiorno del fuso orario nel quale ci troviamo dipende dalla longitudine della località: per convenzione la superficie terrestre è stata suddivisa in fasce (fusi) all'interno delle quali l'ora è la stessa, tuttavia all'interno dei fusi è vero che l'ora è la stessa, ma la massima elevazione solare si raggiunge in momenti diversi a seconda della longitudine e del giorno dell'anno. Ad esempio se a Brindisi (rappresentativa dell'Est di Italia) a luglio il "mezzogiorno" solare cade circa alle 11.50 (solari), a Firenze (rappresentativa del Centro) come si evince dal grafico di figura C.3.1 è alle 12.20 circa, e ad Oristano (rappresentativa dell'Ovest d'Italia) il "mezzogiorno" solare è alle 12.30.Da tali considerazioni è possibile assumere - ai fini della pianificazione della protezione - che in generale Italia nei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto il rischio da esposizione alla radiazione UV solare possa considerarsi "basso" solo prima delle 10 e dopo le 17 (ora legale). Solo nei mesi di novembre, dicembre e gennaio i valori di Indice UV possono considerarsi bassi anche nelle ore centrali del giorno con l’eccezione di aree con superfici altamente riflettenti (neve, etc.). È da tenere presente al riguardo che studi recenti hanno evidenziato come anche un Indice UV inferiore a 2 possa produrre qualche danno in pelli sensibiliNello schema in figura C.3.2 si riportano, indicativamente, i probabili valori massimi giornalieri di Indice UV con cielo sereno nei diversi mesi dell’Anno sul territorio nazionale. Particolari livelli di ozono stratosferico e altre condizioni locali (alta riflettività del suolo) possono modificare tali valori.Figura C.3.2 - Valori massimi giornalieri di Indice UV con cielo sereno riscontrabili nei diversi mesi dell’Anno sul territorio nazionaleSulla base di tali considerazioni ai fini del calcolo del "Fattore di Rischio UV cutaneo" il valore di UV index -che nel documento ICNIRP e nel Portale è indicato con il termine f1 viene corretto per gli ulteriori fattori moltiplicativi, di seguito indicati, per calcolare il Fattore di rischio UV cutaneo.FATTORI MOLTIPLICATIVI INDICE UV - f1 - UTILIZZATI PER LA VALUTAZIONE del Fattore di rischio UV cutaneo.f2 Copertura Nuvolosa: Valori nell'intervallo 0,2-1 (porre sempre a 1 in caso di nuvolosità variabile)f3: Periodo del giorno nel quale si lavora all’aperto: l’esposizione massima si ha sul territorio nazionale nelle ore centrali, indicativamente tra le 10:00 e le 17:00 ora legale1: tutto il giorno0,5: lavoro una o due ore tra le 10:00 e le 17:00 ora legale0,2: lavoro mattina prima delle 10 e pomeriggio dopo le 17 ora legalef4 Potere riflettente (albedo) delle superfici del luogo di lavoro (per neve/ghiaccio, sabbia, superfici chiare, superfici metalliche e superfici d’acqua):1,8: marmo bianco, ghiaccio, sale1,5: superfici metalliche; piastrelle bianche; vernice bianca1,2: sabbia chiara e asciutta; piscina; mare1: tutte le altre superficif5 Vestiario1: Tronco, braccia e spalle nude0,3: Tronco protetto, ma esposte braccia e gambef6 Presenza di zone d’ombra:1: Assenza ombra0,3: Parziale ombreggiatura (teli, ombrelloni, alberi, tettoie etc.)Il Fattore di rischio UV cutaneo ricalcola il valore dell'UV index (f1), tenendo conto di tali fattori, mediante il prodotto:Fattore di rischio UV cutaneo = f1 x f2 x f3 x f4 x f5 x f6Tale parametro è assunto quale indicatore di rischio ai fini della attuazione delle misure di protezione.Lo stesso algoritmo consente di rivalutare l'UV index a seguito delle misure di protezione messe in atto o da mettere in atto (orari, ombra, vestiario etc.) e verificare il grado di riduzione dell'esposizione raggiunto, facendo riferimento a quanto riportato in tabella C.3.1.In particolare da tale tabella si evince che l'adozione di misure organizzative tali da riportate il valore del Fattore di rischio UV cutaneo a un valore minore di 2 è considerata idonea per prevenire il rischio per tutti i soggetti esposti che non siano particolarmente sensibili al rischio.Come avviene anche per altri rischi fisici, anche nel caso della radiazione UV esistono soggetti particolarmente sensibili al rischio, che richiedono una valutazione ad hoc, da effettuarsi caso per caso, sulla base delle caratteristiche individuali e della tipologia di controindicazione all'esposizione.Una di tali condizioni (il fototipo) è illustrata nella FAQ A.2, mentre altre condizioni, unitamente alla co-esposizione a eventuali ulteriori fattori di rischio in grado di modulare l’entità del rischio da esposizione a UV (ad esempio a sostanze fototossiche o fotoallergizzanti) sono indicate nella FAQ C.4.Pertanto, il criterio adottato da ICNIRP e riportato alla tabella C 3.1 (UV index minore di 2= rischio basso) è utile per attuare misure di tutela valide in generale, ma non tiene conto di condizioni di particolare sensibilità al rischio e di eventuali co-esposizioni di interesse, che devono quindi essere considerate e valutate.La valutazione del rischio si effettua di norma ogni quattro anni, pertanto è fondamentale che i lavoratori siano consapevoli di essere esposti ad un rischio che potrebbe richiedere maggiori misure di tutela per i soggetti sensibili ed essere in grado di capire se e in che misura essi si trovino in una condizione di suscettibilità individuale.È da tener presente che in taluni casi la presenza di sostanze fotosensibilizzanti sulla pelle, presenti nell’ambiente o applicate intenzionalmente, o anche ingerite (per es. alcuni farmaci) può dare luogo a vere e proprie scottature anche in presenza di UV index "basso".È pertanto necessario che la valutazione prenda in esame:Le misure di tutela standard da attuarsi per tutti i lavoratori dell'azienda che operino outdoor.Il censimento delle sostanze fototossiche e fotoallergizzanti utilizzate nelle attività lavorative outdoor o con cui può comunque entrare in contatto il lavoratore. Il censimento può essere effettuato utilizzando la tabella sulle sostanze fototossiche e fotoallergizzanti nel PAF (FAQ C4). A seguito della ricognizione delle sostanze dovranno essere individuate le appropriate procedure di lavoro per prevenire effetti fototossici o fotoallergici. Dato che la tabella disponibile sul PAF non sarà esaustiva anche se verrà costantemente aggiornata, si consiglia inoltre per quanto riguarda i farmaci anche la verifica da parte del Medico Competente o del MMG sulle indicazioni specifiche accluse al farmaco (vedi anche FAQ C.4).La valutazione del rischio per i soggetti sensibili va fatta caso per caso, di concerto con il Medico Competente, individuando per ciascuno di essi quali siano le eventuali misure aggiuntive di tutela da mettere in atto, anche qualora l'esito della valutazione del rischio sia nella fascia "a basso rischio". C.4 Quali Fattori Concorrono Ad Incrementare Il Rischio Espositivo? I fattori che possono aumentare i rischi espositivi sono, in aggiunta alla sensibilità individuale della cute alla radiazione UV (fototipi più chiari), la presenza di fotodanneggiamento, di cheratosi attiniche, di esiti cicatriziali estesi, di esiti di ustioni estese in zone fotoesposte, di numerosi nevi, di nevi atipici, di una storia personale di pregressi tumori della cute e di una storia familiare di tumori della cute, nonché di fattori di rischio immunologici (immunosoppressione) e farmacologici (vedi anche FAQ A.1). Oltre a numerose sostanze, vedi tabella PAF, anche numerosi farmaci di uso comune potrebbero dare fotosensibilizzazione, anche come recentemente messo in evidenza da nuovi studi o meta analisi. Chi pratica un lavoro all’aperto quindi dovrebbe prestare particolare attenzione o meglio, dove possibile, cambiare tipologia di farmaco.Per quanto riguarda l’occhio sono più suscettibili i soggetti affetti da patologie oculari quali le midriasi post-traumatiche o post-uveiti o di natura neurologica, condizioni di monocularità dovute a varie cause (dall’ambliopia su base refrattiva, all’esito di traumi o interventi chirurgici), maculopatie, melanosi congiuntivale, familiarità per degenerazione maculare senile, ecc.La sensibilità della cute o degli occhi alla radiazione UV solare può essere inoltre aumentata in modo anomalo anche da condizioni mediche preesistenti o dalla ingestione, inalazione o dal contatto della cute con sostanze che hanno proprietà fotosensibilizzanti.La fotosensibilità può causare il danneggiamento della cute più facilmente, aumentando così il rischio di insorgenza di tumore della cute.Tra le sostanze che causano fotosensibilità sono annoverabili prodotti chimici di uso industriale, farmaci, piante e alcuni olii essenziali e fragranze. Ribadendo ed ampliando quanto affermato in precedenza (FAQ C.3), è fondamentale che la valutazione del rischio UV solare includa l’identificazione della presenza di eventuali sostanze fotosensibilizzanti che possono essere utilizzate o prodotte durante le attività lavorative. Quelle eventualmente utilizzate possono essere censite avvalendosi della scheda di sicurezza, mentre quelle eventualmente prodotte in una o più fasi del ciclo lavorativo possono essere identificate (ed eventualmente quantificate) attraverso l’analisi del processo lavorativo.Per quanto guarda l'assunzione di farmaci o sostanze fotosensibilizzanti si deve sottolineare che questa può avvenire in qualsiasi momento della storia personale del lavoratore, a fronte di una valutazione del rischio effettuata di norma ogni quattro anni.  Allo scopo di risolvere tale discrepanza nell'ambito della valutazione del rischio dovrebbe essere adottato un protocollo che preveda che prima dell'assunzione ed in caso di nuovi trattamenti con farmaci con possibili effetti fototossici e/o fotoallergici il lavoratore ne dia immediata comunicazione al medico competente, che valuterà l’opportunità di mettere in atto specifiche misure di tutela.  L'attuazione di tale protocollo presuppone che, a seguito dell’attività di informazione/formazione connessa al rischio UV solare, tutti i lavoratori siano consapevoli che l'assunzione di taluni farmaci potrebbe comportare effetti di tipo fotosensibilizzante e siano a conoscenza delle tipologie di farmaci che possono comportare tali effetti. Ciò a prescindere dal fatto che farmaci fotosensibilizzanti siano o meno effettivamente assunti dal lavoratore al momento della valutazione del rischio UV (Vedi anche FAQ D.7).  L’assunzione di farmaci fotosensibilizzanti (tipologia di farmaco, dosaggi, durata del trattamento) deve essere verificata puntualmente dal MC in fase anamnestica nell’ambito della visita medica preventiva e delle visite periodiche, nonché in occasione della visita eventualmente richiesta dal lavoratore. In questi casi sarebbe utile una collaborazione del medico competente con i MMG, dermatologi e/o farmacisti per indicare al lavoratore l’uso alternativo di farmaci non fotosensibilizzanti.    Nella tabella C.4.1 viene riportato l’elenco delle sostanze /farmaci fotosensibilizzanti presente sul PAF, che verrà costantemente aggiornato. Per quanto riguarda le piante che possono essere presenti negli ambienti naturali (prati, boschi), in aree verdi (parchi e giardini) o coltivate a scopo ornamentale o alimentare, possono contenere in singole parti del corpo vegetale (fusto, foglie, fiore o frutto), o nell’intero corpo ma a concentrazione differente a seconda della sede, sostanze ad attività fototossica, in particolare appartenenti alla classe delle furocumarine, e/o fotoallergica (“fotoapteni”).  Lavoratori agricoli ma anche del settore forestale, addetti alla manutenzione delle aree verdi o impiegati nella floricoltura o nelle filiere di stoccaggio/trasformazione dei vegetali destinati all’uso alimentare possono venir a contatto attraverso le aree scoperte della cute (usualmente mani, ma anche avambracci e gambe e, in caso di contatto accidentale o per “aerotrasmissione”, volto) prive di copertura degli indumenti o di adeguati DPI (guanti e/o occhiali da lavoro) con parti diverse del corpo vegetale. Il rischio di reazioni fototossiche o fotoallergiche non si concretizza solo se le sostanze fotosensibilizzanti sono presenti o sono secrete sulla superficie di fusto, foglie, fiori o frutti, ma anche se si trovano all’interno del vegetale. Infatti, le attività di taglio, potatura, rimozione di specie infestanti e preparazione di parti edibili o di matrici edibili comportano tutte forme di dissezione/trasformazione del corpo vegetale, o determinano nel migliore dei casi lesioni allo stesso, che possono portare a contatto del lavoratore matrici o sostanze normalmente non accessibili a pianta integra.    Questo aspetto costituisce una motivazione aggiuntiva per l’utilizzo scrupoloso degli indumenti da lavoro e dei DPI a protezione di mani e occhi così come il ricorso al Medico competente a cui porre quesiti sulla possibile pericolosità delle piante su cui si sta lavorano o il ricorso al dermatologo allergologo.  Sostanze con potenziale fotosensibilizzante possono essere contenute anche in prodotti per l’igiene e la cura della persona (detergenti, creme, dopobarba, gel disinfettanti, etc). Se le aree cutanee sede di applicazione sono fotoesposte potrebbero comparire reazioni infiammatorie con varia presentazione clinica a seconda del tipo di sostanza e della modalità di utilizzo.  Questi aspetti devono essere considerati in fase di valutazione del rischio e di modulazione delle misure di tutela del lavoratore (con particolare riferimento alla protezione individuale). D.1 Quali Misure Tecniche E Organizzative Adottare All'esito Della Valutazione Del Rischio Da Radiazione Solare? Per i lavoratori esposti a radiazione solare alle latitudini del nostro Paese le misure di prevenzione e protezione devono essere messe in atto in tutte le stagioni dell'anno, soprattutto se il valore dell’UV index è superiore a 2.    L’utilizzo dell’App "Sole Sicuro" (vedi FAQ C.2) può essere un utile strumento per i datori di lavoro e i lavoratori, concorrendo a supportare la graduazione delle misure in funzione dei livelli espositivi. In termini generali, dal punto di vista tecnico-organizzativo e procedurale si può prevedere quanto segue:Le mansioni che espongono il lavoratore alla radiazione solare dovrebbero prevedere, ove possibile, la limitazione dello svolgimento delle attività all’aperto nelle stagioni primavera-estate, nelle ore centrali della giornata, con particolare attenzione all'intervallo dalle 12.00 alle 15.00 ora legale, riservando - ove possibile- i compiti all’esterno nelle prime ore del mattino (prima delle 10.00 ora legale) e nel secondo pomeriggio (dopo le 17.00 ora legale).Se non possono essere evitate le ore centrali -con particolare attenzione all'intervallo dalle 12.00 alle 15.00 ora legale - devono essere previste pause nella giornata lavorativa (inclusa la pausa pranzo) da trascorrere in zone ombreggiate. Anche la rotazione dei lavoratori nell’ambito delle mansioni, in modo tale che il singolo lavoratore alterni periodi di attività al sole e periodi all’ombra (o al chiuso), è consigliabile, compatibilmente con il comparto produttivo, con il numero di lavoratori coinvolti ed altri aspetti dell’organizzazione del lavoro.La creazione di zone d’ombra, ad esempio attraverso l’installazione di barriere di plastica/tessuto, coperture tipo teli/ombrelloni scuri, gazebi etc. è raccomandata ogni volta che risulti fattibile. La schermatura diretta del sole, che comporta generalmente l’abbattimento completo dell’UVB e una consistente riduzione dell’UVA, è tanto più efficace quanto minore è l’albedo delle superfici circostanti e, per quanto sempre raccomandabile, risulta di ridotta utilità nel caso di ambienti con estese superfici costituite da materiali quali sabbia, roccia chiara (ad esempio travertino) oppure acqua e deve in ogni caso essere integrata da misure di protezione individuale.Le misure indicate, inoltre, hanno anche valenza in termini di benessere termico, in quanto contribuiscono a ridurre l’esposizione al calore radiante del Sole, aspetto particolarmente importante in ambienti con elevati picchi termici (quali i contesti all’aperto nelle stagioni primaverile ed estiva, che operativamente appartengono all’ambito degli ambienti termici severi caldi). D.2 Quali Misure Di Protezione Individuale Si Devono Adottare All'esito Della Valutazione Del Rischio Da Radiazione Solare? La protezione individuale dalla radiazione solare si articola su più livelli:utilizzazione di indumenti il più possibili coprenti, (D.3)utilizzazione di copricapo/casco adeguati, (D.3)protezione per gli occhi (occhiali da sole),eventuale utilizzo di protezioni per la cute quali creme solari (Vedi FAQ D.5). D.2.1 Come Deve Essere Strutturata E Che Cosa Deve Riportare La Relazione Tecnica Di Supporto Al Documento Di Valutazione Del Rischio Da Radiazione UV Solare? Il Documento redatto sotto la responsabilità del Datore di lavoro a conclusione della valutazione del rischio sulla base della Relazione Tecnica deve essere datato con data certa o attestata e contenere quanto indicato all’art.28 comma 2 del D.Lgs.81/2008; in particolare identificare le opportune misure di prevenzione e protezione da adottare con particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi nonché il piano temporale delle azioni per la minimizzazione e i soggetti responsabili ai fini dell'attuazione e sorveglianza. Si fornisce di seguito uno schema di riferimento per la stesura della Relazione Tecnica.Contenuti generali della Relazione Tecnicaobiettivo della valutazioneluogo e data della valutazione / professionisti responsabili della valutazione;luogo / reparto di lavoro oggetto di valutazioneindividuazione delle attività outdoor ove si riscontra esposizione a radiazione UV solarecaratterizzazione delle attività / fasi di lavoro, durate di esposizione etc., che comportano esposizione a radiazione UV solare (UV index > 2);elenco delle mansioni dei lavoratori esposti per ragioni professionali o di gruppi omogeneipresenza di fattori di incremento del rischio UV solare (vedi FAQ C.4) e modalità di controllo /gestione degli stessiindicazioni inerenti le misure di tutela da mettere in atto (vedi FAQ D.1)misure di tutela in ambienti/condizioni particolari (superfici riflettenti, assenza zone ombra etc.).Conclusioni con indicazione delle misure di prevenzione e protezione proposteVanno almeno riportati:Le attività/mansioni che espongono a rischio UV solare,gli interventi messi in atto dall’azienda e le procedure di lavoro da adottarsi in presenza di rischio UV solare (FAQ D.1),le caratteristiche dei DPC, DPI, indumenti da lavoro da adottarsi nelle differenti condizioni espositive e le procedure di impiego degli stessi,La protezione individuale dalla radiazione solare si articola su più livelli:utilizzazione di indumenti il più possibili coprenti compatibilmente con le attività svolte (vedi FAQ D.3)utilizzazione di copricapo/casco adeguati (D.3)protezione per gli occhi (occhiali da sole) (D.4)eventuale utilizzo di protezioni per la cute quali creme solari (Vedi FAQ D.5)Il piano proposto per il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza raggiunti. D.3 Quali Sono Le Indicazioni Per Gli Indumenti Protettivi E Il Copricapo? Indicazioni specifiche per la protezione del tronco e degli artiLa barriera più efficace tra cute e sole è l'abbigliamento. La protezione globale fornita dagli indumenti e il grado di protezione dipendono dalla composizione del tessuto (fibre naturali, artificiali o sintetiche), dalle caratteristiche del tessuto (porosità, peso e spessore) e dalla tintura (coloranti naturali o sintetici, concentrazione della tintura, assorbimento UV proprietà, ecc.).I normali indumenti da lavoro conferiscono quindi un grado variabile di protezione dalla radiazione UV solare. Da queste considerazioni deriva l’indicazione di indossare indumenti che coprano anche braccia e gambe.In ogni caso si deve sempre evitare:Che i lavoratori lavorino a torso nudo, anche se fa caldo;L’uso delle canottiere, che non sono idonee alla protezione delle spalle e della zona superiore della schiena, aree particolarmente esposte all’irraggiamento solare.Quando si scelgono indumenti protettivi per il sole per i lavoratori all'aperto, bisogno quindi tenere presente quanto segue:Diversi tipi di tessuto offrono una protezione diversa. La trama, il colore e le condizioni possono influire sulla capacità del materiale di assorbire le radiazioni UV.L'abbigliamento dovrebbe coprire quanta più cute possibile. Pantaloni lunghi e camicie con collo e maniche lunghe offrono la migliore copertura.Sono ora disponibili indumenti da lavoro appositamente progettati che sono leggeri e freschi e riducono al minimo lo stress da calore, garantendo comunque la massima protezione solare. Con il caldo, è importante che gli indumenti tengano lontano il sudore dal corpo per aiutare il corpo a rimanere fresco.Quando si scelgono indumenti protettivi solari perché si lavora in condizioni calde, è necessario:Scegliere tessuti con colori scuri poiché assorbono più radiazioni UV rispetto ai colori chiari.Scegliere le maniche lunghe e i pantaloni lunghi, in quanto offrono la migliore protezione. Non sono raccomandate maniche corte o pantaloncini.Scegliere inoltre abbigliamento (es. la camicia) realizzata con un'alta percentuale di fibra naturale (ad es. Cotone, lana etc.) e che abbia trama fitta in modo che le radiazioni UV non possano penetrare nella cute sottostante.Sostituire i capi di abbigliamento lisi, poiché il tessuto usurato potrebbe far penetrare una maggiore quantità di raggi UV.I tessuti possono presentare una targhetta con un parametro definito UPF (Ultraviolet Protective Factor - fattore di protezione dai raggi ultravioletti) il cui livello indica il rapporto tra la radiazione incidente sul tessuto (100%) e la quota che riesce ad attraversarlo. Questi tessuti sono stati testati per determinare l'efficacia con cui bloccano le radiazioni UV. Più alto è il valore di UPF, da un range minimo di 15 a 50+, maggiore è la protezione fornita, un UPF tra 40 e 50 garantisce buona protezione e comunque dovrebbe sempre essere maggiore di 15 che è la protezione minima. Un UPF alto garantirà la protezione, indipendentemente dal colore. I tessuti che non hanno un UPF non è detto che offrano meno protezione, potrebbero semplicemente non essere stati testati per questo specifico parametro.La principale problematica della protezione dall’UV solare mediante gli indumenti è legata al fatto che nella stagione calda (dove la protezione deve essere maggiore) è necessario assicurare conte


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