Notiziario online sicurezza sul lavoro

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- INL
- by Testo Unico Sicurezza staff
- 03.06.2023
Circolare Inail n. 23 del 1° giugno 2023 Tutela degli eventi lesivi accaduti a rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali o di unità produttiva, territoriali e di sito produttivo in occasione dell’esercizio delle loro attribuzioni. [...] In considerazione dei dubbi rappresentati da alcune Strutture in merito alla tutelabilità degli infortuni eventualmente accaduti a Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, aziendali o di unità produttiva, territoriali e di sito produttivo, acquisito l’assenso dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si forniscono i relativi chiarimenti. [...] Testo integrale della circolare Inail n. 23 del 1° giugno 2023 (.pdf - 153 kb)
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certificazione rappresentanza sindacale – estensione ad altri CCNL
- INL
- by Testo Unico Sicurezza staff
- 03.06.2023
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la nota n. 3453 del 17 maggio 2023, con la quale comunica che le OO.SS. hanno sottoscritto con Confindustria, in data 8 maggio 2023, un addendum alla dichiarazione congiunta d’intenti del 18 gennaio 2023, con il quale convengono di estendere la raccolta dei dati delle elezioni RSU, ai fini della certificazione, anche ai seguenti contratti: C00036 CCNL autoferrotranvieri e internavigator, C00033 CCNL settore gas/acqua. Inoltre, la nota informa che le OO.SS. e Confservizi hanno sottoscritto, in data 5 maggio 2023, un addendum alla dichiarazione congiunta d’intenti del 17 marzo 2023, con il quale convengono di estendere la raccolta dei dati delle elezioni RSU, ai fini della certificazione, anche al seguente contratto: CS0003 CCNL settore elettrico. L’estensione ai CCNL sopra indicati consente di “allineare” la raccolta del dato elettorale relativamente ai contratti sottoscritti da entrambe le Associazioni datoriali ed oggetto di rilevazione. Per le operazioni di profilazione deve farsi riferimento alle note Dc Fin. prot. n. 4099 del 27.06.2022 e prot. n. 9056 del 27.12.2022 secondo le quali, per la profilazione (creazione e/o cancellazione) sull’applicativo federato INPS, il referente di sede abilitato dovrà provvedere ad aprire apposito ticket all’help desk. L’accesso all’applicativo “Elezioni RSU” è riservato ai ruoli con profilo di “operatore RSU” e di “responsabile/delegato”. La nota n. 3453 del 17 maggio 2023
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somministrazione di lavoratori a tempo determinato nell’ambito delle attività stagionali
- INL
- by Testo Unico Sicurezza staff
- 03.06.2023
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la nota n. 716 del 26 aprile 2023, con la quale ha fornito alcuni chiarimenti all’Assosomm (Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro) in materia di somministrazione di lavoratori a tempo determinato nell’ambito delle attività stagionali. Questa la risposta dell’Ispettorato del Lavoro Al riguardo – acquisito il parere della Direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espressa con nota prot. n. 5102 del 24 aprile u.s. – occorre anzitutto ricordare la specifica previsione di cui all’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015, secondo il quale “in caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24”, attinenti alla disciplina del c.d. stop and go, al numero complessivo di contratti a termine e ai diritti di precedenza. Pertanto, la somministrazione di lavoratori stagionali potrà avvenire nel rispetto della restante disciplina contenuta nel Capo III del D.Lgs. n. 81/2015 (“Lavoro a tempo determinato”) e, ovviamente, del Capo IV (“Somministrazione di lavoro”). Per quanto concerne dunque eventuali deroghe previste in favore delle attività stagionali – e più in particolare per quanto concerne le c.d. deroghe numeriche – le stesse devono trovare la propria fonte nell’ambito della contrattazione collettiva di riferimento, in assenza della quale troverà applicazione l’art. 31, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 secondo il quale “salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore e fermo restando il limite disposto dall’articolo 23, il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti (v. anche ML circ. n. 17/2018). Sul punto si rileva, peraltro, che – ai sensi dell’art. 51 del citato D.Lgs. n. 81/2015 – anche a tali fini rilevano esclusivamente “i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”. Ne consegue che è proprio il CCNL applicato dall’utilizzatore a dover introdurre discipline specifiche in materia di lavoro stagionale in somministrazione. Ciò appare peraltro confermato dall’art. 52 del CCNL indicato dall’istante secondo il quale “Le Parti, nel rispetto del principio di parità di trattamento economico e normativo e con riguardo alla disciplina speciale del rapporto di lavoro a tempo determinato nelle attività stagionali e delle diverse declinazioni delle attività stagionali da parte della contrattazione collettiva, confermano che nella somministrazione di lavoro siano considerate attività stagionali ad ogni effetto di legge e di contratto quelle definite come tali dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali applicati dall’utilizzatore, oltre a quelle individuate dal DPR n. 1525/63 e s.m.i.”. La nota n. 716 del 26 aprile 2023
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indicazione del CCNL comparativamente più rappresentativo
- INL
- by Testo Unico Sicurezza staff
- 21.04.2023
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la nota n. 687 del 19 aprile 2023, con la quale ha fornito chiarimenti ad una istanza inoltrata dall’ANISA (Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio) “di voler specificare che i CCNL comparativamente più rappresentativi applicabili dalle aziende e, quindi al personale impiegato nell’ambito dei servizi inerenti le attività di sorveglianza antincendio, in ragione delle peculiarità dell’attività stessa, sono esclusivamente il CCNL “Sorveglianza Antincendio” e, soprattutto per ciò che concerne l’ambito portuale, il CCNL “Guardie ai Fuochi””. Questa la risposta dell’Ispettorato del Lavoro Si ricorda anzitutto quanto previsto dall’art. 11 del nuovo D.Lgs. n. 36/2023 (“Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici ”) secondo il quale: “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente” (comma 1); “gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato,purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente” (comma 3); “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto” (comma 5). In base alla normativa sopra richiamata appare dunque imprescindibile che le imprese che impiegano personale nell’ambito di appalti pubblici e concessioni applichino il contratto collettivo stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro e – aspetto ugualmente determinante – quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente. Alternativamente la disciplina richiamata, in caso di applicazione di un diverso contratto, richiede che vengano applicate le medesime tutele normative ed economiche oggetto della dichiarazione di equivalenza di cui al comma 4 del medesimo art. 11 e delle verifiche di cui al successivo art. 110. Ne consegue che, qualora nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta nei citati settori emergano circostanze diverse, ad esempio relative all’applicazione di contratti collettivi privi dei citati requisiti, il personale ispettivo informerà la stazione appaltante e provvederà ai necessari recuperi contributivi e retributivi. Ciò vale, evidentemente, anche per il settore relativo ai servizi inerenti le attività di sorveglianza antincendio, rispetto al quale anche il vigente decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali relativo al costo medio orario del lavoro è determinato a livello nazionale con riferimento al “CCNL delle Guardie ai fuochi” e con riferimento al “CCNL per il settore sorveglianza antincendio”. La nota n. 687 del 19 aprile 2023
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decadenza del provvedimento di sospensione a seguito di decreto di archiviazione del giudice penale
- INL
- by Testo Unico Sicurezza staff
- 07.04.2023
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 642 del 6 aprile 2023, con la quale fornisce un chiarimento in merito alla decadenza del provvedimento di sospensione a seguito di decreto di archiviazione del giudice penale (previsto dall’articolo 14, comma 16, D.Lgs. n. 81/2008). La nota dell’Ispettorato del Lavoro … Il richiamato comma 16 dell’art. 14 prevede espressamente che “l’emissione del decreto di archiviazione per l’estinzione delle contravvenzioni, accertate ai sensi del comma 1, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, comporta la decadenza dei provvedimenti di cui al comma 1 fermo restando, ai fini della verifica dell’ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d)”. Ne deriva che, laddove il provvedimento di sospensione sia stato adottato non solo per motivi di salute e sicurezza, ma anche per motivi di lavoro irregolare, lo stesso manterrà i suoi effetti anche in presenza del decreto di archiviazione emesso dal Giudice penale. Pertanto, il datore di lavoro, per poter riprendere l’attività lavorativa, dovrà in ogni caso porre in essere le condizioni per ottenerne la revoca, previste al comma 9, lett. a) e d), dell’art. 14. Ciò premesso, nel caso di provvedimento di sospensione adottato esclusivamente per ragioni di salute e sicurezza, laddove non pervenga istanza di revoca del provvedimento da parte del datore di lavoro – il quale ad esempio decida di non proseguire l’attività lavorativa nel luogo o nell’unità locale interessata dalla sospensione (ad es. un cantiere) – l’intervenuta emissione del decreto di archiviazione da parte del Giudice determina la decadenza del provvedimento sospensivo e non vi saranno adempimenti da porre in essere da parte del personale dell’Ispettorato. In tali ipotesi, in ragione di quanto previsto al comma 2 dell’art. 14 – secondo il quale “per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti (…) A tal fine il provvedimento di sospensione è comunicato all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli aspetti di rispettiva competenza al fine dell’adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili del provvedimento interdittivo” – laddove l’archiviazione sia a conoscenza dell’Ufficio, sarà necessario darne comunicazione all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, affinché venga meno il provvedimento interdittivo a contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti. Va inoltre chiarito che, in presenza di un provvedimento di sospensione non revocato dall’Ufficio ai sensi del comma 11, ma decaduto ai sensi del comma 16, la ripresa dell’attività lavorativa da parte del datore di lavoro, successiva all’emissione del decreto di archiviazione, non costituisce violazione del comma 15 dell’art. 14, il quale prevede la pena dell’arresto fino a sei mesi per il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione adottato per violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. La decadenza del provvedimento di sospensione ai sensi del comma 16 opera, inoltre, anche nelle ipotesi di decreti di archiviazione adottati per reati a condotta esaurita. Come già chiarito da questo Ispettorato con nota prot. n. 119 del 25 maggio 2020, anche per tali fattispecie risulta applicabile la procedura di prescrizione obbligatoria ex art. 15 del D.Lgs. n. 124/2004, la quale consisterà esclusivamente nell’ammettere il contravventore al pagamento dell’ammenda nella misura pari ad un quarto del massimo o della misura fissa. Ove a seguito di detto pagamento e della consequenziale informativa alla Procura, ai sensi dell’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 758/1994, dovesse essere adottato il decreto di archiviazione, allo stesso modo, ai sensi del comma 16 dell’art. 14, si determinerà la decadenza del provvedimento di sospensione. Da ultimo, appare opportuno chiarire una ulteriore casistica che può presentarsi nell’ipotesi in cui il provvedimento di sospensione venga revocato a seguito di istanza di parte – ai sensi del comma 11 dell’art. 14, mediante il pagamento del 20% della somma aggiuntiva dovuta – e successivamente, intervenga l’adozione del decreto di archiviazione da parte del Giudice penale per ottemperanza alla prescrizione obbligatoria di cui agli artt. 20 e 21 del D.Lgs. n. 758/1994. In tal caso l’adozione del decreto di archiviazione non fa venire meno l’obbligo, da parte da datore di lavoro, di versare la quota residua della somma aggiuntiva, maggiorata del 5%, obbligo che rimane fermo in quanto derivante dalla presentazione della relativa istanza, finalizzata alla concessione della revoca che ha consentito al datore di riprendere la sua attività.
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documento di programmazione della vigilanza INL per il 2023
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- 02.03.2023
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato il documento di programmazione della vigilanza per l’anno 2023. Gli obiettivi e le priorità della programmazione dell’attività di vigilanza dell’INL nel 2023 tengono conto dell’evolversi della situazione socio–economica di riferimento, caratterizzata da un contesto, anche internazionale, complesso e che presenta numerose criticità, con ripercussioni dirette sul mercato del lavoro, sulle sue dinamiche e relazioni. L’obiettivo prioritario dell’INL resta quello di orientare l’attività di vigilanza verso tutti i fenomeni illeciti di particolare disvalore socio–economico, garantendo una sollecita e adeguata tutela dei diritti del lavoro e dei lavoratori, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili sotto il profilo economico–sociale, anche attraverso un approccio olistico e multi–agenzia. SCARICA IL DOCUMENTO INL
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Interpello n. 3/ 2022 in merito alla “nomina RSPP”
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- by Testo Unico Sicurezza staff
- 21.12.2022
INTERPELLO N. 3/ 2022 IN MERITO ALLA “NOMINA RSPP” Interpello Ai Sensi Dell'articolo 12 Del D.Lgs. N. 81/2008 E Successive Modificazioni, In Merito Alla “Nomina RSPP”. Seduta Della Commissione Del 15 Dicembre 2022 Il Dipartimento Autonomie Locali e Polizie Locali (DICCAP) e il Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale (SULPL) hanno formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito al seguente quesito: “un datore di lavoro può nominare più di un responsabile del servizio prevenzione e protezione?” Al riguardo, premesso che: - l’articolo 2, del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Definizioni”, al comma 1, lettera f) definisce il “responsabile del servizio di prevenzione e protezione” come: “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi” e alla successiva lettera l) definisce il “servizio di prevenzione e protezione dai rischi” come “insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori”; - il medesimo articolo 2, del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, al comma 1, lettera t), definisce l’“unità produttiva” come “stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale”; - l’articolo 17 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 rubricato “Obblighi del datore di lavoro non delegabili” al comma 1 dispone che: “Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28; b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi”; - l’articolo 31 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Servizio di prevenzione e protezione”, al comma 1, stabilisce che: “Salvo quanto previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo”; - il medesimo articolo 31 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, al comma 8, prevede che “Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile” la Commissione ritiene che la citata normativa preveda la designazione per ogni azienda o unità produttiva di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e che il Servizio di prevenzione e protezione si intenda costituito quando sono stati nominati il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP) e gli eventuali addetti (ASPP). Nel caso di aziende con più unità produttive (come definite dall’art. 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo n. 81/08), nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile. Fonte:INL DOWNLOAD: INTERPELLO n. 3 / 2022
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INTERPELLO 1/2022 MINISTERO LAVORO
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- by Testo Unico Sicurezza staff
- 11.12.2022
Interpello Relativo All’articolo 37-Bis Del D.L. 30 Aprile 2022, N. 36, Convertito, Con Modificazioni, Dalla Legge 29 Giugno 2022, N. 79, In Sostituzione Dell’articolo 1677-Bis Del Codice Civile. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato l’interpello n. 1 del 17 ottobre 2022, con il quale risponde ad un quesito delle Organizzazioni Sindacali FILT CGIL e FIT CISL, in merito all’applicazione dei principi previsti a tutela dei lavoratori negli appalti e, in particolare, all’applicazione del regime di solidarietà di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nell’ipotesi di appalto di prestazione di più servizi, disciplinata dall’articolo 1677-bis del Codice civile. Le organizzazioni sindacali in indirizzo hanno formulato istanza di interpello al fine di conoscere il parere di questa Amministrazione in merito all’applicazione dei principi previsti a tutela dei lavoratori negli appalti e, in particolare, all’applicazione del regime di solidarietà di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nell’ipotesi di appalto di prestazione di più servizi disciplinata dall’arti- colo 1677-bis del Codice civile.Al riguardo, acquisito il parere dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dell’Ufficio legislativo di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.L’articolo 29, comma 2, del decreto-legislativo 10 settembre 2003, n. 276 disciplina il regime di re- sponsabilità solidale negli appalti e stabilisce che: “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i tratta- menti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d'imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.”.L’articolo 1677-bis c.c., rubricato “Prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose”, così come recentemente modificato dall’articolo 37-bis del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, regolamenta la specifica ipotesi del contratto di logistica e prevede che “Se l’appalto ha per oggetto, congiuntamente, la prestazione di due o più servizi di logistica relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro si applicano le norme relative al contratto di trasporto, in quanto compatibili.”.Il legislatore, quindi, ha voluto riconoscere e tipizzare una tipologia contrattuale ormai largamente diffusa nella prassi operativa qual è il contratto di appalto per prestazione di più servizi di logistica.Tale figura contrattuale configura un’ipotesi di contratto di appalto di servizi, come si può evincere sia in base alla scelta del legislatore di collocare la disposizione nel titolo III Capo VII del Codice civile, che reca le disposizioni in materia di appalto, sia in base allo stesso tenore letterale dell’articolo 1677-bis c.c. che stabilisce l’applicazione delle norme relative al contratto di trasporto solo “in quanto compatibili”.In proposito, si ricorda che questa Amministrazione, già con la circolare n. 17 dell’11 luglio 2012,nell’esaminare l’applicazione al contratto di trasporto del regime di solidarietà di cui all’articolo 29, comma2, del d.lgs. n. 276/2003, aveva precisato che tale disciplina si applica sia nel caso si accerti il compimento di attività ulteriori ed aggiuntive che esulano dallo schema tipico del trasporto, sia nel c.d. “appalto di servizi di trasporto” che, per come configurato dalla giurisprudenza, si caratterizza per “la predeterminazione e la si- stematicità dei servizi, accompagnate dalla pattuizione di un corrispettivo unitario e dall’assunzione dei rischi da parte del trasportatore.” (Cass. n. 6160 del 13 marzo 2009).La lettura fornita nella citata circolare non viene pregiudicata dalla nuova disciplina contenuta nell’ar- ticolo 1677-bis c.c., in quanto l’applicazione delle specifiche disposizioni in materia di contratto di trasporto è sottoposta a un vaglio di compatibilità che comunque deve tenere conto del fatto che il contratto di servizi oggetto dell’articolo 1677-bis c.c. rientra nel genus dei contratti di appalto ed è, quindi, regolato in via prin- cipale dalla relativa disciplina.Un simile vaglio di compatibilità non consente di escludere il regime di solidarietà di cui al citato articolo 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003 nella fattispecie in esame sia perché l’esclusione sarebbe incoerente con la disciplina generale dell’appalto, sia perché introdurrebbe una irragionevole riduzione di tutela per il lavoratore impegnato nelle sole attività di trasferimento di cose dedotte in un contratto di ap- palto. Infatti, l’articolo 29 citato svolge un ruolo fondamentale nella tutela dei lavoratori impiegati in un con- tratto di appalto, ampliando la responsabilità solidale del committente, il quale risponde in solido con l’ap- paltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori per i crediti retributivi e contributivi del lavoratore che abbia prestato la propria opera nell’esecuzione dell’appalto.Non può neppure ritenersi che possa inficiare tale orientamento la perdurante vigenza dell’articolo83-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con la legge 6 agosto 2008, n. 133. La disposizione– operante limitatamente al contratto di trasporto – circoscrive il regime di solidarietà in favore del commit- tente che abbia verificato la regolarità retributiva, previdenziale e assicurativa del vettore in via preliminare alla conclusione del contratto stesso.L’applicazione dell’articolo 83-bis ai contratti dei servizi di logistica è, tuttavia, da ritenersi esclusa in quanto tale disposizione non potrebbe comunque superare l’indispensabile giudizio di compatibilità richiesto dall’art. 1677-bis c.c.Infatti, la giurisprudenza, anche costituzionale, in materia di solidarietà negli appalti, ha ribadito la necessità di un’interpretazione estensiva dell’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003: una simile interpretazione, costituzionalmente orientata, è finalizzata a garantire ai lavoratori una tutela ade- guata, evitando che “i meccanismi di decentramento produttivo e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale”(cfr. Corte costituzionale n. 254/2017).Alla luce di quanto sopra rappresentato, si ritiene che anche in caso di appalti di più servizi di logistica relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni, debba continuare a trovare applicazione l’articolo 29, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, senza che la previsione contenuta nell’articolo 1677-bis c.c. possa far venire meno tale generale forma di tutela per queste categorie di appalti. SCARICA L'INTERPELLO
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CONGEDI E PERMESSI PER GENITORI E PRESTATORI DI ASSISTENZA
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- by Testo Unico Sicurezza staff
- 11.12.2022
Nota INL N. 9550 Del 6 Settembre 2022, Con La Quale Fornisce I Primi Chiarimenti Sulle Novità Contenute Nel Decreto Legislativo N. 105/2022 ’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la nota n. 9550 del 6 settembre 2022, con la quale fornisce i primi chiarimenti sulle novità contenute nel decreto legislativo n. 105/2022 (cd. decreto conciliazioni vita-lavoro), che ha previsto un ampliamento di tutele e diritti delle figure genitoriali e dei cd. caregiver familiari.Congedo di paternità obbligatorioRispetto alla previgente disciplina, l’articolo 27-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (c.d. Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 105/2022, in merito al congedo di paternità obbligatorio, stabilisce che “Il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio”. Tale congedo si aggiunge al congedo di paternità alternativo, disciplinato dall’art. 28 T.U., spettante al padre in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, in alternativa al congedo di maternità.Nelle more di eventuali chiarimenti condivisi con il Ministero del lavoro, si evidenzia di seguito quanto stabilito dalle disposizioni di recente emanazione secondo le quali il congedo di paternità:spetta per un periodo di dieci giorni lavorativi;è fruibile dai due mesi precedenti la data presunta del parto fino ai cinque mesi successivi alla nascita;non è frazionabile ad ore ma può essere utilizzato anche in modo non continuativo;è fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio, entro lo stesso arco temporale;si applica anche al padre adottivo o affidatario;può essere fruito anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice;è compatibile con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità alternativo nei casi previsti dall’articolo 28 del T.U.;dà diritto a un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione ed, in particolare, il trattamento economico e normativo è determinato ai sensi dell’art. 22, cc. da 2 a 7, e dell’art. 23 (art. 29 T.U. nuova formulazione) e il trattamento previdenziale è quello previsto dall’art. 25 (art. 30 T.U. nuova formulazione);è raddoppiato a 20 giorni, in caso di parto plurimo.Vige, inoltre, il divieto di licenziamento del padre lavoratore in caso di fruizione del congedo di cui agli articoli 27-bis e 28, per la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino (art. 54, c. 7, T.U.); in caso di dimissioni, nel periodo in cui è previsto il divieto di licenziamento, al padre che ha fruito del congedo di paternità spettano le indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali in caso di licenziamento (indennità di preavviso, NASPI) e non è tenuto al preavviso (art. 55, cc. 1 e 2 T.U.).Per l’esercizio del diritto, il lavoratore padre deve comunicare i giorni in cui intende fruire del congedo in questione, “con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto”.Sono in corso di predisposizione gli adeguamenti ai moduli applicativi “Anagrafica dei dipendenti” (già “Dotazione Organica”), “Timbrature” e “Richieste” per consentire la gestione informatizzata delle comunicazioni e dei corrispondenti giustificativi. Nelle more, la comunicazione di fruizione dell’istituto in parola potrà essere inoltrata con e-mail al Dirigente di sede/ Responsabile del Processo con l’indicazione dei giorni in cui intende fruirne; tale comunicazione non è soggetta ad autorizzazione sempreché sia rispettata la tempistica di cui sopra. Successivamente all’adeguamento del sistema informatico, le richieste già presentate a mezzo e-mail dovranno essere inserite nello stesso, al fine di permettere il corretto calcolo dei giustificativi di assenza e presenza.Congedo parentale per genitori lavoratori dipendentiL’articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 105/2022 ha modificato il comma 1 dell’articolo 34 del T.U., disponendo che “Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione. I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione”.Nello specifico, alla madre e al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore; entrambi i genitori hanno, altresì, diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).Restano invariati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U.: la madre può fruire di massimo 6 mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento; il padre può fruire di massimo 6 mesi (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento; entrambi i genitori possono fruire complessivamente massimo di 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.Al genitore solo, nella cui definizione deve intendersi incluso anche il genitore nei confronti del quale sia stato disposto l’affidamento esclusivo del figlio ai sensi dell’articolo 337-quater del codice civile, sono riconosciuti 11 mesi (e non più 10 mesi) continuativi o frazionati di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) sono indennizzabili al 30 per cento della retribuzione. Nel caso di affidamento esclusivo del figlio, l’altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato.Per i periodi di congedo parentale ulteriori ai 9 mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il genitore solo, è dovuta, fino al dodicesimo anno (e non più fino all’ottavo anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.Allo stesso modo, ai genitori di minori con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale ai sensi dell’art. 33 T.U., è dovuta un’indennità pari al 30% della retribuzione, per tutto il periodo di prolungamento (art. 34, comma 2, T.U. nuova formulazione).Le modifiche in materia di congedo parentale trovano applicazione anche in caso di adozione nazionale ed internazionale e di affidamento. Pertanto, la sopra citata indennità del 30 per cento è dovuta, per il periodo massimo complessivo previsto dei 9 mesi, entro i 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età (art. 36, c.3, T.U.).Resta ferma la previsione di maggior favore contenuta nell’art. 28, c. 3 del CCNL 2019-2021, che riconosce, nell’ambito del congedo parentale previsto per ciascun figlio dall’art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001, l’intera retribuzione alle lavoratrici madri o in alternativa ai lavoratori padri, per i primi trenta giorni di congedo, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche frazionatamente.Con l’occasione si rammenta che, i periodi di assenza per congedo parentale, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all’interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice (art. 28, c. 5, CCNL 2019-2021).Si evidenzia che, secondo la previsione contenuta nel comma 5 dell’art. 34 T.U. nuova formulazione, i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo eventuali discipline di maggior favore della contrattazione collettiva.Per la fruizione dei congedi parentali, dovrà essere inserita apposita istanza sul modulo “Richieste” del sistema informativo di gestione delle presenze, almeno cinque giorni prima della data di decorrenza del periodo di astensione, salvo che ricorrano particolari e comprovate situazioni personali, in presenza delle quali la domanda potrà essere presentata entro le quarantotto ore precedenti l’inizio del periodo di astensione dal lavoro, utilizzando i codici appositamente previsti:FA1 (Congedo parentale a giorni – retribuzione al 100%);FA5 (Congedo parentale a giorni – retribuzione al 30%);FA6 (Congedo parentale a giorni non retribuito);F1H (Congedo parentale a ore – retribuzione al 100%);F5H (Congedo parentale a ore – retribuzione al 30%);F6H (Congedo parentale a ore non retribuito).Si rappresenta che la fruizione dei congedi in esame viene resa disponibile sul sistema informatico previo inserimento nel modulo “Anagrafica dei Dipendenti” (già “Dotazione Organica”), i dati relativi ai figli all’interno della sezione “Nucleo Familiare”.Congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151L’articolo 2, comma 1, lett. n) ha riformulato l’articolo 42, comma 5, prevedendo l’inserimento della parte di un’unione civile e del convivente di fatto di cui all’articolo 1, comma 36, della legge 20 maggio 2016, n. 76, tra i soggetti individuati prioritariamente dal legislatore ai fini della concessione del congedo, al pari del coniuge.Ne consegue che, secondo la disciplina entrata in vigore il 13 agosto 2022, nell’ordine di priorità, al coniuge convivente sono stati equiparati la parte dell’unione civile convivente e il convivente di fatto di cui all’articolo 1, comma 36, della legge n. 76/2016, della persona disabile in situazione di gravità.È stato, inoltre, previsto che il congedo possa essere fruito entro 30 giorni (e non più 60) dalla richiesta, oltre alla possibilità di instaurare la convivenza anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo.La richiesta di concessione del congedo in parola viene effettuata per via ordinaria e pertanto la verifica del rispetto dei tempi sopra indicati non avviene tramite l’applicativo informatico.Per la fruizione del congedo straordinario in parola è previsto che su “Anagrafica dei dipendenti” (già “Dotazione Organica”) vengano inseriti i dati relativi al provvedimento di concessione del diritto al lavoratore ed, in particolare, le date di inizio e termine del periodo di congedo. L’assenza del lavoratore, in corrispondenza delle giornate e dei periodi di fruizione, comporta che il sistema generi il corrispondente giustificativo (AZ).Permessi di cui all’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104Il novellato art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera b), n. 2), del decreto legislativo n. 105/2022, nel riferirsi espressamente anche al lavoratore dipendente pubblico, individua tra i titolari del diritto anche la parte di un’unione civile e il convivente di fatto e stabilisce che “Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro”.Viene, dunque, superato, il principio del “referente unico dell’assistenza”, in base al quale, nel previgente sistema, a esclusione dei genitori – per i quali è sempre stata prevista tale facoltà – non poteva essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave. Pertanto, a far data dal 13 agosto 2022, più soggetti aventi diritto possono richiedere l’autorizzazione a fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, legge n. 104/1992, alternativamente tra loro, per l’assistenza alla stessa persona disabile grave.Priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parzialeIn conseguenza della modifica dell’art. 8, c. 4, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ad opera dell’art. 5, c. 1, lett. a) del decreto legislativo n. 105/2022, viene riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti, oltre che il coniuge, la parte di un’unione civile di cui all’articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 o il convivente di fatto ai sensi dell’articolo 1, comma 36, della medesima legge. SCARICA LA NOTA INL
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INTERPELLO 01/2022 MINISTERO DEL LAVORO
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- 11.12.2022
19/07/2022 - N. 1 / 2022 Istanza: Articolo 12, D.Lgs N. 81 Del 9 Aprile 2008 E Successive Modificazioni Oggetto: Interpello ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 e successive modificazioni, in ordine “all’applicazione art. 35 (riunione periodica) comma 1 D.Lgs. n. 81/2008 ”.Seduta della Commissione del 7 giugno 2022.L’Associazione sindacale CIMO (Sindacato dei medici) ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito al seguente quesito: “qualora il datore di lavoro, anche per il tramite del Servizio di Prevenzione e Protezione, abbia individuato un medico competente coordinatore ai sensi dell’art. 39 co. 6 d. lgs. 81/2008, alla riunione periodica di cui all’art. 35 chi deve essere invitato? Il solo medico competente coordinatore ovvero tutti i medici competenti?”Al riguardo, premesso che:- l’articolo 25 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “ Obblighi del medico competente”, al comma 1, lettera i) prevede che il medico competente, tra l’altro, “comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce in dicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico -fisica dei lavoratori”;- l’articolo 35 del citato decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Riunione periodica”, alcomma 1, dispone che “Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;c) il medico competente, ove nominato;d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”;- il medesimo articolo 35, al comma 2, prevede che “Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:a) il documento di valutazione dei rischi;b) l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l’efficacia dei dispositivi di protezione individuale;d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezzae della protezione della loro salute”;- il citato articolo 35, al comma 3, statuisce che “Nel corso della riunione possono essere individuati:a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali; b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro”;- l’articolo 39 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “ Svolgimento dell'attività di medico competente”, al comma 4, stabilisce che “Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l'autonomia ”;- il citato articolo 39 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, al comma 6, dispone che "Nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il datore di lavoro può nominare più medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento"la Commissione ritiene che la citata normativa preveda in capo al medico competente puntuali prerogative e responsabilità e che non si evinca dalla medesima la sussistenza di un potere sostitutivo del medico coordinatore rispetto a ciascun medico competente nominato nell’ambito dell’unità produttiva. Tanto premesso la Commissione ritiene che, in ordine alla partecipazione alla riunione periodica di cui all’articolo35 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, l’invito debba essere rivolto a tutti i medici competenti che sono stati nominati. SCARICA L'INTERPELLO 1/2022 Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
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PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE – ATTIVITÀ NON DIFFERIBILI
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- 11.12.2022
Nota Inl 2022 Sul Provvedimento Di Sospensione – Ex Art. 14, D.Lgs. N. 81/2008 La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 1159 del 7 giugno 2022, con la quale ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’adozione del provvedimento di sospensione – ex art. 14, D.Lgs. n. 81/2008 – a seguito della sostituzione della disposizione da parte dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021, con particolare riferimento ai casi di attività la cui interruzione potrebbe comportare gravi conseguenze ai beni ed alla produzione (ad es. nel settore agricolo o in quello zootecnico) nonché la compromissione del regolare funzionamento di un servizio pubblico.La nota dell’Ispettorato del LavoroA seguito dell’introduzione del “nuovo” provvedimento di sospensione, l’attuale formulazione normativa prevede, diversamente dal testo previgente, l’assenza di discrezionalità in capo al personale ispettivo fatta salva – in forza del comma 4 dell’art. 14 – la possibilità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo a meno che “non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità”.Ciò premesso, la circolare di questo Ispettorato n. 3/2021, nel fornire le prime indicazioni sull’applicazione sul novellato istituto della sospensione, nel paragrafo “condizioni per l’adozione del provvedimento” ha comunque ribadito – richiamando alcuni passaggi della precedente circolare n. 33/2009 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – la necessità di “valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di non adottarlo. Tali circostanze sono anzitutto legate ad esigenze di salute e sicurezza sul lavoro. In altre parole, laddove la sospensione dell’attività possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non emanare alcun provvedimento. In tal senso va dunque precisato che il provvedimento non va adottato quando l’interruzione dell’attività svolta dall’impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l’incolumità dei lavoratori della stessa o delle altre imprese che operano nel cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di una falda d’acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiali nocivi)”.La mancata adozione del provvedimento di sospensione è pertanto da considerare una extrema ratio rispetto alla fisiologica applicazione del richiamato art. 14, determinata dal rischio che dall’adozione del provvedimento possano derivare situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.Tale valutazione va effettuata in rapporto alla fattispecie concreta da parte del personale ispettivo, effettuando un bilanciamento degli interessi coinvolti nel caso di specie e la decisione della mancata adozione va accuratamente motivata, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 241/1990 – come espressamente richiamato dal comma 5 dello stesso art. 14 – indicando già nel verbale di primo accesso i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione.Nelle ipotesi prospettate, si ritiene pertanto che possa integrare un grave rischio per la pubblica incolumità la sospensione di un servizio pubblico che, in assenza di valide alternative che possano garantire l’esercizio di diritti spesso di rango costituzionale, va dunque salvaguardato (ad es. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica ecc.).Analogamente è possibile che dalla sospensione dell’attività di allevamento di animali derivi un grave rischio per la pubblica incolumità, stanti peraltro le conseguenze di natura igienico sanitaria legate al mancato accudimento.In tutte le ipotesi in cui non ricorrano i presupposti per una mancata adozione del provvedimento di sospensione ma si valuti che dallo stesso possano comunque derivare significativi danni per ragioni tecniche, sanitarie o produttive – ad es. per l’interruzione di cicli produttivi avviati o danni agli impianti per l’improvvisa interruzione – la valutazione da fare è sul possibile posticipo degli effetti della sospensione in un momento successivo a quello dell’adozione del provvedimento, come previsto dal comma 4 dell’art. 14 nel quale si fa riferimento al momento della “cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta”, intendendo pertanto per “attività lavorativa” non solo il singolo turno di lavoro ma il ciclo produttivo in corso, dalla cui interruzione possano derivare conseguenze gravi di natura economica (vedi raccolta dei frutti maturi, vendemmia in corso, ecc.) e sempre che dal posticipo degli effetti della sospensione non derivino rischi per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.È evidente che laddove, medio tempore, stante il posticipo degli effetti del provvedimento di sospensione, dovessero verificarsi le condizioni indicate nel comma 9 dell’art. 14, lo stesso provvedimento potrà essere revocato.Resta fermo che la continuazione dell’attività per mancata adozione del provvedimento o per posticipazione dei suoi effetti deve comunque avvenire nel rispetto di ogni condizione di legalità e di sicurezza, cosicché sarà ad esempio impedito ai lavoratori c.d. “in nero” di continuare a svolgere la propria attività sino ad una completa regolarizzazione e la possibilità, ai sensi del comma 1 dell’art. 14, di “imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro”. DOWNLOAD NOTA INL n. 1159 del 7 giugno 2022
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ACCESSO ISPETTIVO NELLE DIMORE PRIVATE
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- 11.12.2022
Legittimità Dell’ordinanza Ingiunzione Dell’Ispettorato Territoriale Del Lavoro Nei Confronti Dei Proprietari Di Un’abitazione Nella Quale Erano Stati Eseguiti Lavori Edili Impiegando Manodopera In Nero. Accesso ispettivo nelle private dimoreCon una recente sentenza (n. 502/2022) la Corte d’Appello di Lecce ha riconosciuto la legittimità dell’ordinanza ingiunzione emessa nel 2017 dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Brindisi nei confronti dei proprietari di un’abitazione nella quale erano stati eseguiti lavori edili impiegando manodopera in nero.I fatti risalgono al 2016, quando personale dell’ITL di Brindisi effettuò un accesso ispettivo nel giardino di un’abitazione nella quale erano in corso lavori edili. Alla presenza del proprietario, venne accertato dei sei operai impiegati nei lavori, cinque erano “in nero”. All’ispezione era seguito, nel 2017, un provvedimento di ingiunzione, rispetto al quale il proprietario dell’immobile aveva proposto ricorso.In primo grado, il Tribunale di Brindisi – Sezione Lavoro (sentenza n. 1267/2020) aveva accolto l’opposizione e, ritenendo fondate le doglianze del ricorrente, aveva annullato il provvedimento dell’ITL, ritenendo che i luoghi di privata dimora vadano esclusi dal “potere di ispezione“.A distanza di un anno e mezzo, accogliendo il ricorso presentato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dall’Ispettorato territoriale del Lavoro di Brindisi, i giudici di secondo grado hanno ribaltato la sentenza del Tribunale di Brindisi ed hanno stabilito che “… l’area destinata a cantiere edile, pur se di proprietà privata, non è qualificabile come luogo di privata dimora né come luogo in cui si svolgono attività destinate a rimanere riservate, trattandosi piuttosto di luogo aperto al pubblico, tant’è che gli ispettori del lavoro accedevano liberamente senza chiedere autorizzazione alcuna”.I giudici del riesame hanno inoltre riaffermato la piena legittimità dell’ordinanza ingiunzione emessa dall’ITL, rigettando peraltro la doglianza relativa al presunto difetto di motivazione del provvedimento. “Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte – si legge nella sentenza – l’autorità amministrativa non è tenuta, nell’ordinanza ingiunzione, a rispondere analiticamente e diffusamente alle censure avanzate dall’intimato, potendo semplicemente richiamare il verbale di accertamento, come avvenuto nel caso di specie“.Fonte: Ispettorato Nazionale del Lavoro
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LAVORATORI AUTONOMI OCCASIONALI – DOPPIO BINARIO COMUNICATIVO E CONTROLLI INL
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- 11.12.2022
L’Ispettorato Del Lavoro, Informa Che Eventuali Verifichesaranno Prioritariamente Effettuate Nei Confronti Dei Committenti Che Faranno Uso Della Posta Elettronica Anziché Della Applicazione Telematica. Oggetto: comunicazione lavoratori autonomi occasionali – termine periodo transitorio.Si fa seguito alla nota prot. 573 del 28 marzo 2022 con la quale, nell’informare codesti Uffici circa l’attivazione, sul portale Servizi Lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, della nuova applicazione da utilizzare per la comunicazione dei rapporti di lavoro autonomo occasionale di cui all’art. 14 D.Lgs. n. 81/2008, è stata comunicata la data del 30 aprile p.v. quale termine ultimo per adempiere all’obbligo in questione a mezzo e-mail, utilizzando gli indirizzi di posta elettronica indicati nella nota prot. n. 29 dell’11 gennaio 2022.Nel corso delle ultime settimane le comunicazioni in questione sono state effettuate, in buona parte, attraverso la citata applicazione che, evidentemente, rappresenterà un efficace strumento per gli Uffici per svolgere l’attività di monitoraggio richiesta dallo stesso dettato normativo.Ciononostante, al fine di salvaguardare la possibilità di adempiere all’obbligo di legge anche in caso di malfunzionamento del sistema o in altre ipotesi connesse ad oggettive difficoltà del committente (ad es. quando il committente che abitualmente si rivolge al professionista per l’adempimento è invece costretto ad operare in proprio), si ritiene opportuno mantenere attive le caselle di posta elettronica già indicate con la citata notadell’11 gennaio u.s..Va tuttavia evidenziato che la trasmissione della comunicazione a mezzo e-mail non consente, contrariamente a quanto potrà avvenire attraverso il servizio predisposto dal Ministero del lavoro, un efficace monitoraggio degli adempimenti, proprio in ragione delle difficoltà di disporre di un “quadro complessivo” delle trasmissioni effettuate dal medesimo committente e dei relativi contenuti.Per tali ragioni, d’intesa con la Direzione centrale tutela, vigilanza e sicurezza del lavoro, si ritiene opportuno che eventuali verifiche, anche a campione, che codesti Uffici vorranno attivare siano prioritariamente effettuate nei confronti di committenti che facciano uso della posta elettronica anziché della citata applicazione Fonte:INL SCARICA LA CIRCOLARE INL
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CONDIZIONI PER LA REVOCA DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE
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- 11.12.2022
Presupposti Necessari Per La Revoca Del Provvedimento Di Sospensione Dell’attività Imprenditoriale Di Cui All’art. 14 Del Decreto Legislativo N. 81/2008 La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), di concerto con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha emanato la nota n. 151 del 2 febbraio 2022, con la quale ha fornito alcuni chiarimenti concernenti i presupposti necessari per la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del Decreto Legislativo n. 81/2008.In particolare, il quesito concerne le condizioni necessarie ai fini della revoca del provvedimento, laddove lo stesso sia stato adottato per l’irregolare occupazione di lavoratori impiegati nel settore agricolo e nei settori produttivi caratterizzati dalla stagionalità o dalla natura avventizia delle prestazioni di lavoro. Il quesito evidenzia se sia possibile, in tali casi, ritenere condizione sufficiente, ai fini della revoca, la regolarizzazione del rapporto di lavoro attraverso la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a 90 giorni, atteso che – come chiarito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – in fase di revoca non risulta necessario il requisito del mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi previsto per legge.I chiarimenti dell’Ispettorato del LavoroLe condizioni di legge necessarie per la revoca del provvedimento di sospensione sono, oltre al pagamento della somma aggiuntiva, la regolarizzazione dei lavoratori “in nero” “di norma” – come testualmente chiarito dalla circolare n. 26/2015 del Ministero del lavoro – “mediante le tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxisanzione”.Va da sé che, nel caso in questione, resti quindi possibile la regolarizzazione del personale interessato con soluzioni contrattuali diverse, pur sempre compatibili con la prestazione di lavoro subordinato già resa. Resta inteso che eventuali soluzioni di regolarizzazione diverse da quelle indicate dal legislatore, così come il mantenimento in servizio per un periodo di tempo inferiore ai 3 mesi, non consentirà l’ammissione al pagamento della diffida, comunque impartita, ex art. 13 Decreto Legislativo n. 124/2004.Con riferimento alla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno, pur nella impossibilità di una piena regolarizzazione e tenuto conto delle differenti modalità di pagamento dei contributi previdenziali per il settore agricolo, in linea con quanto già chiarito con ML circolare n. 26/2015, il datore di lavoro dovrà fornire prova del pagamento della somma aggiuntiva ai fini della revoca e provvedere al versamento dei contributi di legge laddove i termini siano già scaduti, ovvero fornire prova della avvenuta denuncia contributiva secondo le modalità previste dall’INPS.Fonte: Ispettorato Nazionale del Lavoro SCARICA LA CIRCOLARE INL ARTICOLO 14 DEL DLGS.81/2008
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OBBLIGO DI COMUNICAZIONE DEI LAVORATORI AUTONOMO OCCASIONALI
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Nota INL N. 29 Dell’11 Gennaio 2022 -Art. 13, D.L. N. 146/2021 Conv. Da L. N. 215/2021 – Obbligo Di Comunicazione Dei Lavoratori Autonomi Occasionali. La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), di concerto con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha emanato la nota n. 29 dell’11 gennaio 2022, con la quale ha fornito le prime indicazioni utili al corretto adempimento relativo alla comunicazione obbligatoria dei lavoratori autonomo occasionali, prevista dall’articolo 14 del decreto legislativo n. 81/2008, così come modificato dall’articolo 13 del decreto legge n. 146/2021 (cd. decreto fisco-lavoro). La L. n. 215/2021, di conversione del D.L. n. 146/2021, ha introdotto a far data dal 21 dicembre u.s. un nuovo obbligo di comunicazione finalizzato a “svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive” nell'impiego di lavoratori autonomi occasionali.In particolare, al comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 – come modificato dall’art. 13 del D.L. n.146/2021 definitivamente convertito dalla L. n. 215/2021 – si prevede che:“con riferimento all'attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalità operative di cui all'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”. Con la presente nota, condivisa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 141 del 7 gennaio u.s., si forniscono le prime indicazioni utili al corretto adempimento del suddetto obbligo. Ambito di applicazione: soggetti interessatiL’obbligo in questione è previsto all’interno della disciplina in materia di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, ragion per cui anche il nuovo obbligo comunicazionale interessa esclusivamente i committenti che operano in qualità di imprenditori.Inoltre, la disposizione interessa i lavoratori autonomi occasionali, ossia i lavoratori inquadrabili nella definizione contenuta all’art. 2222 c.c. – riferito alla persona che “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente” – e sottoposti, in ragione dell’occasionalità dell’attività, al regime fiscale di cui all’art. 67, comma 1 lett. l), del D.P.R. n. 917/1986.Restano viceversa esclusi, oltre ai rapporti di natura subordinata:- le collaborazioni coordinate e continuative, ivi comprese quelle etero-organizzate di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, peraltro già oggetto di comunicazione preventiva ai sensi dell’art. 9-bis del D.L. n. 510/1996 (conv. da L. n. 608/1996);- i rapporti instaurati ai sensi e nelle forme dell’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017 (conv. da L. n. 96/2017), rispetto ai quali già sono previsti specifici obblighi di comunicazione e gestione del rapporto;- le professioni intellettuali in quanto oggetto della apposita disciplina contenuta negli artt. 2229 c.c. edin genere tutte le attività autonome esercitate in maniera abituale e assoggettate al regime IVA; se tuttavia l’attività effettivamente svolta non corrisponda a quella esercitata in regime IVA, la stessa rientrerà nell’ambito di applicazione della disciplina in esame;- i rapporti di lavoro “intermediati da piattaforma digitale, comprese le attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente di cui all'articolo 67, comma 1, lettera l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”, rispetto ai quali la L. n. 233/2021, di conversione del D.L. n. 152/2021, ha introdotto una speciale disciplina concernente gli obblighi di comunicazione, intervenendo sull’art. 9-bis del D.L. n. 510/1996 (conv. da L. n. 608/1996) e stabilendo, tra l’altro, che tale comunicazione “è effettuata dal committente entro il ventesimo giorno del mese successivo all'instaurazione del rapporto di lavoro”. L’obbligo in questione riguarda i rapporti avviati dopo l’entrata in vigore della disposizione o, anche se avviati prima, ancora in corso alla data di emanazione della presente nota.Per tutti i rapporti di lavoro in essere alla data di emanazione della presente nota, nonché per i rapportiiniziati a decorrere dal 21 dicembre e già cessati, stante l’assenza di indicazioni al riguardo, la comunicazione andrà effettuata entro i prossimi 7 giorni di calendario e cioè entro il 18 gennaio p.v. compreso.Resta fermo il regime ordinario per i rapporti avviati successivamente alla data di pubblicazione della presente nota, secondo cui la comunicazione andrà effettuata prima dell’inizio della prestazione del lavoratore autonomo occasionale, eventualmente risultante dalla lettera di incarico. Modalità di comunicazioneSecondo la disposizione in esame, l’obbligo di comunicazione, da effettuarsi all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio e cioè in ragione del luogo dove si svolge la prestazione, avviene mediante SMS o posta elettronica e comunque con le modalità operative di cui all’art. 15 del D.Lgs. n. 81/2015 già in uso in relazione ai rapporti di lavoro intermittente.Nel rispetto di tali modalità, pertanto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvederà adaggiornare/integrare gli applicativi in uso, al fine di consentire una semplificazione degli adempimenti.Nelle more, la comunicazione andrà effettuata attraverso l’invio di una e-mail ad uno specifico indirizzo di posta elettronica messo a disposizione di ciascun Ispettorato territoriale (v. elenco completo in allegato). Trattasi di un indirizzo di posta ordinaria e non certificata e pertanto il personale ispettivo potrà verificare anche presso i committenti la conservazione di una copia della comunicazione.Contenuto della comunicazioneQuanto ai contenuti della comunicazione la stessa, che potrà essere direttamente inserita nel corpo dell’e-mail, senza alcun allegato, dovrà avere i seguenti contenuti minimi, in assenza dei quali la comunicazione sarà considerata omessa:- dati del committente e del prestatore;- luogo della prestazione;- sintetica descrizione dell’attività;- data inizio prestazione e presumibile arco temporale entro il quale potrà considerarsi compiuta l’opera o il servizio (ad es. 1 giorno, una settimana, un mese). Nell’ipotesi in cui l’opera o il servizio non sia compiuto nell’arco temporale indicato sarà necessario effettuare una nuova comunicazione.Dato obbligatorio è altresì quello relativo all’ammontare del compenso qualora stabilito al momentodell’incarico.Annullamento della comunicazioneUna comunicazione già trasmessa potrà essere annullata o i dati indicati potranno essere modificati in qualunque momento antecedente all’inizio dell’attività del prestatore.Eventuali errori che non compromettano la possibilità di individuare le parti del rapporto, la data di inizio della prestazione o il luogo di svolgimento non possono comunque tradursi in una omissione della comunicazione.SanzioniLa disposizione, analogamente a quanto previsto in relazione all’impiego di lavoratori intermittenti, prevede che “in caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”.Le sanzioni potranno essere dunque più di una laddove gli obblighi comunicazionali omessi riguardino più lavoratori e potranno applicarsi anche laddove il rapporto di lavoro si protragga oltre il periodo inizialmente indicato nella comunicazione senza che si sia provveduto ad effettuarne una nuova.Si fa riserva di fornire ulteriori indicazioni. Fonte:INL SCARICA LA NOTA INL ELENCO MAIL A CUI INVIARE LA COMUNICAZIONE L’obbligo Di Comunicazione Dei Lavoratori Autonomi Occasionali È Previsto All’interno Della Disciplina In Materia Di Sospensione Dell’attività Imprenditoriale (Art. 14 Del Dlgs N. 81/2008); Pertanto Il Nuovo Obbligo Interessa Esclusivamente I Committenti Che Operano In Qualità Di Imprenditori.Si Parla Di “Lavoratori Autonomi Occasionali” Ossia I Lavoratori Con Rapporti Contrattuali Definiti Dall’art. 2222 Codice Civile In Cui Un Soggetto Svolge Un’opera O Un Servizio In Favore Di Un Committente, Con Lavoro Prevalentemente Proprio E Senza Alcun Vincolo Di Subordinazione Nei Confronti Del Committente E Sottoposti In Ragione Dell’occasionalità Dell’attività. Tale Attività Deve Essere Svolta In Maniera Occasionale E Non Abituale.Restano, Invece, Esclusi Dall’obbligo Di Comunicazione:I Rapporti Di Natura Subordinata;Le Collaborazioni Coordinate E Continuative;I Rapporti Instaurati Ai Sensi E Nelle Forme Dell’art. 54-Bis Del Dl N. 50/2017 (Conv. Da L. N. 96/2017);Le Professioni Intellettuali In Quanto Oggetto Della Apposita Disciplina Contenuta Nell’art. 2229 C.C. Ed In Genere Tutte Le Attività Autonome Esercitate In Maniera Abituale E Assoggettate Al Regime IVA;I Rapporti Di Lavoro Intermediati Da Piattaforma Digitale, Comprese Le Attività Di Lavoro Autonomo Non Esercitate Abitualmente. Contenuti Della ComunicazioneLa Comunicazione Dovrà Avere I Seguenti Contenuti Minimi, In Assenza Dei Quali La Comunicazione Sarà Considerata Omessa:Dati Del Committente E Del Prestatore;Luogo Della Prestazione;Sintetica Descrizione Dell’attività;Data Inizio Prestazione E Presumibile Arco Temporale Entro Il Quale Potrà Considerarsi Compiuta L’opera O Il Servizio (Ad Es. 1 Giorno, Una Settimana, Un Mese);Ammontare Del Compenso Stabilito Al Momento Dell’incarico. ELENCO MAIL A CUI INVIARE LA COMUNICAZIONE: ITL.Ancona.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Aosta.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Aquila.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Arezzo.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.AscoliPiceno.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Asti-Alessandria.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Avellino.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Bari.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Belluno.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Benevento.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Bergamo.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Biella-Vercelli.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Bologna.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Brescia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Brindisi.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Cagliari-Oristano.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Campobasso-Isernia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Caserta.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Catanzaro.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Chieti-Pescara.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Como-Lecco.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Cosenza.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Cremona.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Crotone.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Cuneo.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Ferrara-Rovigo.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Firenze.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Foggia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Frosinone.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Genova.Occasionali@Ispettorato.Gov.It ITL.Grosseto.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Imperia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.LaSpezia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Latina.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Lecce.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Livorno-Pisa.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Lucca-Massacarrara.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Macerata.Occasionali@Ispettorato.Gov.It ITL.Mantova.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Milano-Lodi.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Modena.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Napoli.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Novara-Verbania.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Nuoro.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Padova.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Parma-ReggioEmilia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Pavia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Perugia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.PesaroUrbino.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Piacenza.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Potenza-Matera.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Prato-Pistoia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Ravenna-ForliCesena.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.ReggioCalabria.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Rimini.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Roma.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Salerno.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Sassari.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Savona.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Siena.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Sondrio.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Taranto.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Teramo.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Terni-Rieti.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Torino.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Treviso.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Trieste-Gorizia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Udine-Pordenone.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Varese.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Venezia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Verona.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.ViboValentia.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Vicenza.Occasionali@Ispettorato.Gov.ItITL.Viterbo.Occasionali@Ispettorato.Gov.It SCARICA LA TABELLA IN EXCEL Cambia La Modalità Di Comunicazione Lavoratori Autonomi Occasionali – Chiarimenti INL La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 573 del 28 marzo 2022, con la quale ha fornito alcune indicazioni per effettuare la comunicazione utilizzando la nuova applicazione,presente su Servizi Lavoro e accessibile ai datori di lavoro e soggetti abilitati tramite SPID e CIE, predisposta dal Ministero del lavoro e operativa dal 28 marzo 2022.Con riguardo al “termine entro il quale sarà conclusa l’opera o il servizio”, il modello permette di scegliere tre distinte ipotesi:entro 7 giorni,entro 15 giornientro 30 giorni.Nell’ipotesi in cui l’opera o il servizio non sia compiuto nell’arco temporale indicato sarà necessario effettuare una nuova comunicazione.Fino al 30 aprile 2022 sarà comunque possibile continuare ad effettuare la comunicazione anche a mezzo e-mail, secondo le modalità illustrate nella nota 29/2022. A decorrere dal 1° maggio 2022, l’unico canale valido per assolvere all’obbligo comunicativo sarà quello telematico messo a disposizione dal Ministero del lavoro e non saranno ritenute valide – e pertanto sanzionabili – le comunicazioni effettuate a mezzo e-mail direttamente alle sedi degli Ispettorati territoriali del lavoro.
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NUOVO PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE EX ART. 14 D.LGS. N. 81/2008
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D.L. N. 146/2021 - Nuovo Provvedimento Di Sospensione Ex Art. 14 D.Lgs. N. 81/2008 - Prime Indicazioni Con La Circolare 3/2021 INL L’art. 13 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 ha sostituito l’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008,apportando all’istituto della sospensione dell’attivită imprenditoriale una serie di sostanziali modifiche.Si ritiene pertanto opportuno fornire di seguito alcune indicazioni condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 9686 dell’8 novembre 2021 e che, evidentemente, potranno essere oggetto di integrazione o modifica a seguito della conversione in legge del citato decreto. Il nuovo comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che il provvedimento di sospensione è adottato dall’Ispettorato nazionale del lavoro “al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori”, per il tramite del proprio personale ispettivo. Lo stesso potere spetta “ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell'ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro” (comma 8). Condizioni Per L’adozione Del Provvedimento Secondo l’attuale disciplina il provvedimento di sospensione è adottato dall’Ispettorato nazionale del lavoro. differenza della previgente formulazione, in cui si evidenziava la “possibilită” di adottare il provvedimento da parte degli “organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali”, ora evidenziata l’assenza di ogni forma di discrezionalită da parte dell’ amministrazione. Tuttavia, nell’adozione del provvedimento sospensivo va comunque valutata l’opportunită di farne decorrere gli effetti in un momentosuccessivo, così come del resto previsto dal comma 4 del nuovo art. 14 secondo il quale “in ogni caso di sospensione, gli effetti della stessa possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblicaincolumità” 1.Una prima condizione per l’adozione del provvedimento si realizza quando l’Ispettorato “riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell'accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro”.Sul punto vanno evidenziate alcune sostanziali novità rispetto alla previgente formulazione.Una prima importante novità attiene alla percentuale di lavoratori irregolari che passa dal 20% all’attuale 10%, la cui condizione è correlata esplicitamente alla insussistenza della comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro. Ai fini della sospensione non potranno dunque essere considerati irregolari i lavoratori rispetto ai quali non è richiesta la comunicazione, come avviene nelle ipotesi di coadiuvanti familiari ovvero dei soci, per i quali e' prevista unicamente la comunicazione all’IN IL ex art. 23 D.P.R. n. 1124/1965.La nuova percentuale del 10% di lavoratori irregolari continuerà ad essere calcolata sul numero di lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo. Si ricorda che i lavoratori da conteggiare nella base di computo sono tutti coloro che rientrano nell’ampia nozione di lavoratore di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 81/20082. Andranno quindi conteggiati, nel rispetto dei precedenti orientamenti forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tanto i collaboratori familiari, anche impegnati per periodi inferiori alle dieci giornate di lavoro (v. ML nota prot. n. 14184 del 5 agosto 2013), quanto i soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della societă, non disponendo dei poteri datoriali tipici (v. ML nota prot. n. 7127 del 28 aprile 2015). Infine, viene ribadita nel nuovo testo l’esclusione del provvedimento di sospensione per lavoro irregolare nel caso in cui il lavoratore risulti l’unico occupato dall’impresa (c.d. microimpresa. cfr. comma 4).Ulteriore novità è rappresentata dal riferimento “all’accesso ispettivo”, quale momento in cui va valutata la sussistenza dei presupposti di adozione del provvedimento. Ciò lascia evidentemente intendere che la regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso è del tutto ininfluente e pertanto il provvedimento andrà comunque adottato. Quanto sopra anche nelle ipotesi in cui il provvedimento di sospensione debba essere adottato “su segnalazione di altre amministrazioni” e, nelle more dei sette giorni previsti dal comma 3 del nuovo art. 14, si sia comunque provveduto alla regolarizzazione delle violazioni accertate Il provvedimento di sospensione deve essere adottato anche tutte le volte in cui sono accertate gravi violazioni in materia di salute e sicurezza individuate tassativamente nell’ llegato I al decreto-legge e di seguito riportate: SCARICA LA TABELLA IN EXCELA tale riguardo, infatti, il nuovo art. 14 non richiede più che le violazioni siano reiterate. Sarà, quindisufficiente l’accertamento di una delle violazioni contenute nel citato Allegato I per consentire l’adozione delprovvedimento.Va, peraltro ricordato che l’art. 13 del decreto-legge ha modificato l’art. 13 del D.Lgs. n. 81/2008, attribuendo anche all’Ispettorato nazionale del lavoro, al pari delle AA.SS.LL., il potere di svolgere attività di vigilanza e accertare eventuali illeciti in materia prevenzionistica indipendentemente dal settore di intervento. Rispetto alle violazioni indicate il personale ispettivo potrà dunque svolgere i dovuti accertamenti adottando i relativi provvedimenti di prescrizione ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994.In relazione alle violazioni contenute nell’ llegato I ci si riserva comunque di fornire ogni necessario chiarimento con separata nota. Ambito Di Applicazione Del Provvedimento Di Sospensione E Decorrenza Il provvedimento di sospensione, come in passato, è anzitutto adottato “in relazione alla partedell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni”. Rispetto a tale previsione si rinvia ai chiarimenti già forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali secondo il quale “gli effetti del provvedimento vanno dunque circoscritti alla singola unità produttiva, rispetto ai quali sono stati verificati i presupposti per la sua adozione e, con particolare riferimento all’edilizia, all’attivită svolta dall’impresa nel singolo cantiere” (cfr. MLcirc. n. 33/2009; v. anche ML nota prot. n. 337 del 9 gennaio 2021 in relazione alle manifestazioni fieristiche).Il nuovo art. 14 prevede inoltre, in via alternativa, l’adozione del provvedimento di sospensione “dell'attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell'Allegato I”. Trattasi in particolare di sospendere dall’attivită soltanto i lavoratori rispetto ai quali il datore di lavoro:- abbia omesso la formazione e l’addestramento (violazione n. 3 Allegato I);- abbia omesso di fornire i necessari dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto (violazione n. 6 Allegato I).Tali violazioni, infatti, possono essere riferite e circoscritte alla posizione di un singolo lavoratore. Lasospensione, in tal caso, comporta quindi l’impossibilită per il datore di lavoro di avvalersi del lavoratoreinteressato fino a quando non interverrà la revoca del provvedimento secondo le condizioni previste dal comma 9.Resta fermo, trattandosi di causa non imputabile al lavoratore, l’obbligo di corrispondere allo stesso il trattamento retributivo e di versare la relativa contribuzione.Va precisato che a fronte di un accertamento sulla contestuale presenza di più violazioni utili alla adozione del provvedimento di sospensione (siano queste riferibili tutte all’ llegato I ovvero in parte all’ llegato I e in parte alla occupazione di personale irregolare), il personale ispettivo adotterà sempre un unico provvedimento di sospensione “della parte dell’attivită imprenditoriale interessata dalle violazioni” fermo restando che, ai fini della revoca del provvedimento, occorrerà verificare la regolarizzazione di tutte le violazioni riscontrate e il pagamento delle somme aggiuntive riferibili a ciascuna di esse. Pertanto, la seconda tipologia di provvedimento (“sospensione dell’attivită lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni”) ricorre solo quando le violazioni concernenti la formazione, l’addestramento o la mancata fornitura di DPI non siano accompagnate da altre violazioni utili all’adozione della sospensione. Così come in passato, si evidenzia che gli effetti sospensivi possono decorrere, ai sensi del comma 4 del nuovo art. 14, dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.Benché la disposizione al riguardo non faccia distinzioni tra le due cause di sospensione (lavoro irregolare e gravi violazioni in materia di salute e sicurezza) va considerato che, fatte salve le specifiche valutazioni da effettuarsi caso per caso, il provvedimento di sospensione per motivi di salute e sicurezza dovrà essere, di norma, adottato con effetto immediato. Adozione Misure Per Far Cessare Il Pericolo Per La Salute E La Sicurezza Dei Lavoratori L’ultimo periodo del nuovo comma 1 dell’art. 14 prevede la possibilità di imporre, unitamente al provvedimento di sospensione, ulteriori e specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.A tale riguardo viene in rilievo, ad esempio, il potere di disposizione di cui all’art. 10 del D.P.R. n.520/1955, rispetto al quale sussiste altresì il presidio sanzionatorio contenuto nell’art. 11, comma 2 dello stessoD.P.R. (arresto fino ad un mese o ammenda fino ad euro 413, v. circ. n. 5/2020). Peraltro, va evidenziato che la disposizione potrà trovare sempre applicazione anche in tutti i casi in cui non ricorrano i presupposti per l’adozione del provvedimento di sospensione (es. allontanamento del lavoratore nelle ipotesi di microimpresa). Condizioni Per La Revoca Del Provvedimento Di Sospensione Con riferimento alla sospensione adottata per lavoro irregolare è necessaria la regolarizzazione dei lavoratori nonché, come esplicitamente evidenziato dal legislatore in tale occasione, una regolarizzazione anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza.Sul punto si ritiene opportuno richiamare i precedenti chiarimenti del Ministero contenuti nella nota prot. n. 19570 del 16 novembre 2015 secondo i quali, ferma restando l’adozione della prescrizione obbligatoria, ai fini della revoca del provvedimento:- quanto alla sorveglianza sanitaria sară necessaria l’effettuazione della relativa visita medica, potendosi comunque ritenere sufficiente l’esibizione della prenotazione della stessa purché i lavoratori interessati non siano adibiti a mansioni lavorative per le quali debba conseguirsi il relativo giudizio di idoneità;- quanto agli obblighi di formazione e informazione, si ritiene sufficiente che l’attivită formativa del personale da regolarizzare sia stata programmata in modo tale da concludersi entro il termine di 60 giorni e che l’obbligo informativo sia comprovato da idonea documentazione sottoscritta dal lavoratore.Nelle ipotesi di sospensione per gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro occorrerà accertare che il datore di lavoro abbia provveduto al ripristino delle regolari condizioni di lavoro, adottando il comportamento eventualmente oggetto di prescrizione obbligatoria.Si ribadisce inoltre che, in ragione dell’ampliamento delle competenze rimesse all’Ispettorato ai sensidel nuovo art. 13 del D.Lgs. n. 81/2008 , diversamente dal passato, gli accertamenti relativi agli adempimenti inmateria di salute e sicurezza, anche ai fini della revoca della sospensione, saranno effettuati in tutti i settori diintervento.In entrambi i casi sopra descritti il datore di lavoro dovrà altresì provvedere al pagamento di una somma aggiuntiva prevista per ciascuna fattispecie di violazione riscontrata.In particolare, nelle ipotesi di lavoro irregolare, sono previsti due differenti importi: se il numero dei lavoratori irregolari non ÄŸ superiore a cinque l’importo ÄŸ pari a 2.500 euro, se superiore a cinque la somma aggiuntiva è pari a 5.000 euro. Nei casi di sospensione per motivi di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro la somma aggiuntiva è indicata nell’Allegato I in riferimento a ciascuna violazione.Laddove siano state riscontrate più violazioni - concernenti le fattispecie indicate nell’Allegato I e/o l’impiego di lavoratori “in nero” - l’importo utile alla revoca sarà dato dalla somma di quanto indicato accanto a ciascuna fattispecie di cui all’allegato I e/o di quanto indicato dalla normativa in relazione all’impiego di lavoratori irregolari.Va inoltre segnalato che, ai sensi del nuovo comma 10, “le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione”. Sul punto si evidenzia che, laddove l’Ufficio sia a conoscenza della adozione, nei cinque anni precedenti, di un provvedimento di sospensione a carico dellamedesima impresa, anche sulla base della previgente normativa e anche in forza di violazioni diverse da quelle da ultimo accertate, si provvederă a raddoppiare gli importi delle “somme aggiuntive” dovute, evidenziando nel provvedimento la sussistenza della “recidiva” che ha dato luogo alla maggiorazione degli importi. Permane, invece, anche nel nuovo regime dell’art. 14, la possibilità per il datore di lavoro di ottenere la revoca del provvedimento mediante il pagamento immediato di una percentuale della somma aggiuntiva ridotta al 20%. Il nuovo comma 11, similmente al precedente comma 5-bis, stabilisce infatti che “su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui al comma 9, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato”. Comunicazione Alle Autorità Per tutto il periodo di sospensione, il comma 2 dell’art. 14 prescrive il divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione. A tal fine, come per il passato, il provvedimento di sospensione dovrà essere tempestivamente comunicato all’ utorită Nazionale nticorruzione ( N C), al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell’adozione da parte del predetto Ministero del provvedimento interdittivo. Ricorso Avverso I Provvedimenti Di Sospensione Unicamente avverso il provvedimento di sospensione per l’impiego di lavoratori irregolari ÄŸ possibile proporre ricorso amministrativo dinanzi all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente entro il termine di 30 giorni dalla sua adozione.Il termine per la presentazione del ricorso decorre dalla notifica al datore di lavoro.L’Ispettorato interregionale ÄŸ tenuto a pronunciarsi entro il termine di 30 giorni dalla presentazione del ricorso e lo stesso si intende accolto qualora tale termine decorra inutilmente.In caso di sospensione per violazioni in materia di salute e sicurezza, la cui cognizione, in caso di inottemperanza alla prescrizione, è rimessa alla cognizione del giudice penale, il nuovo comma 16 prevede che il decreto di archiviazione emesso a conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli artt. 20 e ss. del D.Lgs. n. 758/1994 per l’estinzione delle contravvenzioni accertate e poste a fondamento del provvedimento di sospensione, determina la decadenza del provvedimento stesso.Resta tuttavia fermo il provvedimento di sospensione qualora sia stato adottato anche in ragione della riscontrata presenza di lavoratori irregolari, ove la condizione di cui alla lett. a) del comma 9 non sia stata soddisfatta. Inottemperanza Al Provvedimento Di Sospensione Ai sensi del nuovo comma 15 dell’art. 14 il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare. Fonte:INL SCARICA LA CIRCOLARE 3/2021 INL
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INTERDIZIONE POST PARTUM – ARTT. 6-7- 17, D.LGS. N. 151/2001
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- 11.12.2022
Emanazione Dei Provvedimenti Di Interdizione Al Lavoro Delle Lavoratrici Madri In Periodo Successivo Al Parto. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la nota prot. n. 553 del 2 aprile 2021, con la quale, al fine di uniformare l’attività degli Uffici periferici, fornisce alcuni chiarimenti in merito all’emanazione dei provvedimenti di interdizione al lavoro delle lavoratrici madri in periodo successivo al parto.I CHIARIMENTI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORODivieto di adibizione delle lavoratrici madri al trasporto e al sollevamento pesiLe disposizioni di cui agli artt. 6, 7 e 17 del D.Lgs. n. 151/2001 sono finalizzate a tutelare la salute della lavoratrice madre e della prole attraverso l’adozione di misure di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte o attraverso l’astensione dal lavoro.Nello specifico, l’art. 7 comma 1 dispone il divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi ed insalubri elencati specificamente negli allegati A e B del decreto, mentre il comma 6 abilita gli organi di vigilanza ad autorizzare l’interdizione dal lavoro laddove non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni. Infine, l’art. 17, comma 2, abilita gli Ispettorati del lavoro ad autorizzare l’interdizione dal lavoro, tra gli altri, per i seguenti motivi: “(…) b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino” (cfr. ML nota prot. n. 37/0011588 del 20 luglio 2015).Ai fini dell’adozione dei provvedimenti di tutela, nei termini alternativi sopra richiamati, si ritiene sufficiente la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, a prescindere dalla valutazione del rischio inerente all’interno del DVR.In tal senso propende sia l’interpretazione della giurisprudenza di merito (cfr. ordinanza Tribunale di Perugia del 20 novembre 2020), sia le pregresse indicazioni del Ministero del lavoro (interpello n. 28/2008 e nota prot. n. 37/0007553 del 29 aprile 2013). Nello specifico l’interpello n. 28/2008 ha chiarito che “ai sensi del primo comma dell’art. 7 del menzionato D.Lgs. n. 151/2001 vige il divieto generalizzato di adibire le suddette lavoratrici al trasporto ed al sollevamento pesi, (…) ed inoltre la valutazione sostanziale e diretta delle condizioni di lavoro e dell’organizzazione aziendale svolta dagli organi di vigilanza “può prescindere dal documento di valutazione dei rischi che comunque l’ispettore ha facoltà di esaminare (…)”. La nota prot. n. 37/0007553 del 29 aprile 2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inoltre precisato come “la valutazione del rischio fatta dal datore di lavoro costituisce il presupposto sulla base del quale deve essere emesso il provvedimento di interdizione fuori dai casi di cui all’articolo 7, commi 1 e 2”.Ne consegue che, anche qualora il rischio attinente al sollevamento dei pesi non sia stato espressamente valutato nel DVR, l’adibizione a tali mansioni costituirebbe comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela della lavoratrice con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione da parte dell’amministrazione competente, ferma restando una valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.Tale conclusione, peraltro, è coerente con l’orientamento della giurisprudenza che, nelle ipotesi sopra richiamate e in presenza dei presupposti fissati dalla legge, qualifica la posizione giuridica vantata dalla lavoratrice in termini di diritto soggettivo, non riscontrandosi significativi margini di valutazione neanche in termini di discrezionalità tecnica in ordine alla verifica delle effettive condizioni di lavoro della lavoratrice.Termine finale da indicare nel provvedimento di interdizione post partum nelle ipotesi di parto prematuroCome noto l’art. 16, comma 1 lett. d), del D.Lgs. n. 151/2001, in riferimento alle ipotesi in cui il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, prevede che i giorni antecedenti al parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria si aggiungano al periodo di congedo obbligatorio di maternità da fruire dopo il parto.Analogo principio trova applicazione nelle ipotesi di interdizione fino al settimo mese dopo il parto e pertanto i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti si aggiungono al termine della fruizione dei sette mesi decorrenti dalla data effettiva del parto.A tale riguardo si rinvia a quanto affermato dall’INPS con circolare n. 69/2016, laddove si precisa che “nei casi di parto fortemente prematuro, qualora la lavoratrice abbia un provvedimento di interdizione prorogata dal lavoro per incompatibilità con le mansioni ai sensi degli artt. 6 e 7 del T.U., si aggiungono al termine del periodo di interdizione prorogata tutti i giorni compresi tra la data del parto e la data presunta del parto”.Ne deriva che il provvedimento di interdizione adottato dall’ITL dovrà indicare la data effettiva del parto e far decorrere da tale data i sette mesi di interdizione post partum aggiungendo, ai predetti sette mesi, i giorni non goduti a causa del parto prematuro e avendo cura di richiamare in proposito la circolare INPS sopra riportata.Emanazione di provvedimento di interdizione a seguito di pronuncia giurisdizionale dichiarativa del diritto e necessità di specifica istanza all’Istituto previdenziale per l’erogazione della indennità sostitutivaSul piano procedimentale si precisa che, pur in presenza di sentenza dichiarativa circa la sussistenza del diritto all’astensione, sia in ogni caso necessaria l’emanazione da parte dell’ITL del relativo provvedimento amministrativo di interdizione.Per quanto attiene, invece, alla richiesta nei confronti dell’Istituto previdenziale per l’erogazione dell’indennità sostitutiva, occorre che la lavoratrice inoltri sempre un’apposita istanza all’INPS (cfr. art. 1, D.L. n. 663/1969 conv. da L. n. 33/1980) ciò in quanto la sentenza dichiarativa del diritto non sostituisce l’atto provvedimentale della PA inteso quale presupposto necessario per l’erogazione della relativa indennità. Fonte: Ispettorato Nazionale del Lavoro SCARICA LA NOTA INL 2021 VALUTAZIONE DEI RISCHI PER LE LAVORATRICI IN STATO DI GRAVIDANZA
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DISTACCO TRANSNAZIONALE DEI LAVORATORI-NOTA INL
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- 11.12.2022
hiarimenti Operativi In Merito Alle Novità Contenute Nel Decreto Legislativo N. 122/2020 (In Vigore Dal 30 Settembre 2020) In Materia Di Distacco Transnazionale Dei Lavoratori. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la circolare n. 2 del 19 ottobre 2021, con la quale ha fornito chiarimenti operativi in merito alle novità contenute nel Decreto Legislativo n. 122/2020 (in vigore dal 30 settembre 2020) in materia di distacco transnazionale dei lavoratori.In particolare, i chiarimenti riguardano le nuove fattispecie di illecito che presidiano il corretto adempimento degli obblighi informativi e amministrativi connessi alla fattispecie del distacco a catena e a tutte le altre disposizioni che possano avere ricadute sull’attività di vigilanza. TESTO DELLA CIRCOLARE INL: Oggetto: D.Lgs. n. 122/2020 di recepimento della Direttiva 2018/957 in materia di distacco transnazionale di lavoratori.Il D.Lgs. n. 122/2020 pubblicato in G.U. in data 15 settembre 2020 ha recepito la Direttiva europea n. 957 del 28 giugno 2018 che è intervenuta a modificare la Direttiva 96/71/CE in materia di distacco transnazionale dei lavoratori. Il decreto di recepimento, a sua volta, ha interpolato il D.Lgs. n. 136/2016 che già disciplinava compiutamente la materia (gli articoli citati nel proseguo della presente circolare fanno riferimento al testo del D.Lgs. n. 136/2016 come novellato dal D.Lgs. n. 122/2020, ove non sia specificata una diversa fonte normativa).Le principali modifiche contemplate dalla novella riguardano la previsione di una disciplina specifica per le ipotesi di doppi distacchi o distacchi a catena (di seguito solo distacco a catena) di lavoratori somministrati, un rafforzamento del nucleo delle tutele già previste dalla legislazione vigente per i lavoratori distaccati, nonché l’ampliamento del livello di tutele per i lavoratori coinvolti in distacchi di lunga durata.Le disposizioni introdotte con il D.Lgs. n. 122/2020 hanno trovato applicazione a decorrere dal 30 settembre 2020, data di entrata in vigore del decreto.Tanto premesso, d’intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso già con nota prot. n. 7305 del 6 agosto u.s., si segnalano le novità introdotte con particolare riguardo alle nuove fattispecie di illecito che presidiano il corretto adempimento degli obblighi informativi e amministrativi connessi alla fattispecie del distacco a catena e a tutte le altre disposizioni che possano avere ricadute sull’attivitàdi vigilanza.1. Ambito di applicazione: c.d. doppio distacco o distacco a catena (art. 1, comma 2-bis)La Direttiva europea ha inteso disciplinare le ipotesi in cui i lavoratori somministrati da una agenzia ad una impresa utilizzatrice avente sede nel medesimo o in un altro Stato membro siano inviati a rendere la prestazione lavorativa presso un’altra impresa – c.d. destinataria – avente sede in un ulteriore Stato membro.Le fattispecie disciplinate restano, pertanto, circoscritte ai distacchi che originano da una prestazione di servizi di somministrazione di lavoratori.Il legislatore interno, nel recepire tali modifiche, è intervenuto sull’art. 1, introducendo il comma 2-bische descrive la fattispecie del distacco a catena.Si rammenta, infatti, che l’art. 1, comma 2, disciplina l’ipotesi in cui il lavoratore sia distaccato in Italia in esecuzione di una prestazione di servizi di somministrazione (rectius contratto di somministrazione) intercorrente tra due soggetti, ovvero l’agenzia estera (impresa distaccante), avente sede in uno altro Stato membro e l’impresa utilizzatrice (soggetto distaccatario) avente sede in Italia.L’agenzia straniera può somministrare in Italia senza particolari formalità, salvo la necessità che sia abilitata in virtù di un provvedimento, ove previsto dalla normativa dello Stato di stabilimento, equivalente all’autorizzazione di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 276/2003, rilasciato dalle competenti autorità dello Stato di provenienza (sul punto si rinvia a quanto già indicato in circ. n. 1/2017 e nelle Linee Guida distacco prot. n. 622 del 1° agosto 2019).1.1. Distacco a catena in ingresso (art. 1, comma 2-bis primo periodo)Le modifiche introdotte riguardano l’ipotesi in cui i lavoratori somministrati vengano impiegati in Italia su richiesta di una impresa utilizzatrice avente sede in uno Stato membro (di seguito SM) diverso dall’Italia che intrattiene il rapporto commerciale con l’agenzia di somministrazione avente sede nello stesso SM della utilizzatrice o in altro SM.L’impiego del lavoratore in Italia avviene invece in esecuzione di un ulteriore e diverso rapporto commerciale che l’impresa utilizzatrice intrattiene con una impresa avente sede in Italia (impresa destinataria della prestazione lavorativa) che non può, a sua volta, consistere nella somministrazione di manodopera per il divieto di doppia somministrazione.Il lavoratore somministrato può essere inviato in Italia fin dal primo momento o anche in seguito ad unperiodo di lavoro prestato presso l’impresa utilizzatrice estera.La fattispecie sin qui illustrata, disciplinata all’art. 1, comma 2-bis primo periodo, consiste in un distacco a catena in ingresso in Italia e presuppone i seguenti requisiti:- il distacco deve originare necessariamente da una prestazione di servizi di somministrazione di lavoro(primo anello della catena);- l’agenzia di somministrazione e l’impresa utilizzatrice possono aver sede presso lo stesso Stato membro o in Stati membri differenti, in ogni caso diversi dall’Italia;- il rapporto commerciale in virtù del quale il lavoratore fa il proprio ingresso in Italia (secondo anello della catena) non può essere una somministrazione di manodopera, ma deve trattarsi di un rapporto commerciale di diversa natura, rientrante nella più vasta accezione di prestazione transnazionale di servizi (cfr. in proposito Linee guida INL citate) che può consistere, ad esempio, in un contratto di appalto/subappalto oppure in un distacco infragruppo o presso filiale dell’impresa utilizzatrice, con sede in Italia. 1.2 Distacco a catena in uscita (art. 1, comma 2-bis secondo periodo).Il secondo periodo del comma 2-bis fa invece riferimento alle fattispecie del distacco a catena in uscita dall’Italia in cui l’impresa con sede in Italia, utilizzatrice di lavoratori somministrati da agenzia stabilita in uno Stato membro, invia gli stessi presso un terzo e differente Stato membro in esecuzione di una prestazione di servizi che, anche in tal caso, non può consistere in un ulteriore contratto commerciale di somministrazione di lavoro.Benché tale fattispecie sia descritta nell’art. 1 dedicato al campo di applicazione del decreto di recepimento, la complessiva disciplina contenuta in tale decreto non ha ad oggetto le ipotesi di distacco in uscita (c.d. distacchi out) dall’Italia. I distacchi in uscita, infatti, soggiacciono alla normativa del paese in cui la prestazione lavorativa è resa. Le uniche disposizioni precettive di interesse inserite nel decreto n. 136 inerenti tali fattispecie sono quelle che impongono obblighi informativi a carico dell’impresa utilizzatrice con sede in Italia nei confronti dell’agenzia di somministrazione ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 10-bis (vedi infra).È altresì opportuno evidenziare che laddove, nel corso di una attività di vigilanza, si rilevi la violazione del divieto della “doppia somministrazione” di cui all’art. 1, comma 2 -bis, secondo periodo, si dovrà informare della circostanza l’autorità competente del paese presso il quale il lavoratore risulta inviato, ai fini delle relative valutazioni in ordine alla natura fraudolenta del distacco.1.3 Disposizioni comuni ad entrambe le fattispeciePer una migliore comprensione della casistica oggetto dell’intervento normativo, si riepilogaschematicamente quanto sopra nei seguenti termini:a) Distacco a catena in entrata ex art. 1, comma 2-bis, primo periodo:- primo anello della catena: il lavoratore è distaccato da una agenzia di somministrazione (impresa A) ad una impresa utilizzatrice (impresa B) aventi sede in uno stesso Stato membro o in Stati membri diversi, in ogni caso differenti dall’Italia;- secondo anello della catena: il lavoratore è inviato in Italia in virtù di un rapporto commerciale intercorrente tra l’impresa utilizzatrice straniera (B) e una impresa destinataria della prestazione di servizi avente sede in Italia (impresa destinataria C): tale rapporto commerciale non può consistere a sua volta in una somministrazione di lavoratori, ma può integrare un contratto di appalto o un distacco infragruppo o presso filiale dell’impresa utilizzatrice (B) avente sede in Italia.b) Distacco a catena in uscita ex art. 1, comma 2-bis, secondo periodo:- primo anello della catena: il distacco del lavoratore in Italia avviene in esecuzione di una prestazione di servizi di somministrazione tra una agenzia di somministrazione distaccante (impresa A) con sede in uno SM diverso dall’Italia e una impresa utilizzatrice (impresa B) avente sede in Italia;- secondo anello della catena: l’impresa utilizzatrice avente sede in Italia (impresa B) invia il lavoratore distaccato presso un’altra impresa avente sede in altro SM (impresa destinataria C) in ragione di un rapporto commerciale diverso dalla somministrazione di manodopera, ad es. appalto o distacco infragruppo.Riguardo ad entrambe le ipotesi (primo e secondo periodo, comma 2-bis) la nuova norma, in aderenza alla Direttiva, chiarisce che il lavoratore è considerato distaccato dall’agenzia di somministrazione con la quale intercorre il rapporto di lavoro.Ciò comporta che, nonostante il lavoratore sia interessato da ulteriori invii presso diversi operatori economici aventi sede in altri SM, il soggetto distaccante responsabile del trattamento economico e normativo e degli adempimenti formali va individuato in ogni caso nell’agenzia di somministrazione (datore di lavoro), sulla quale ricadono i relativi obblighi (obbligo comunicazione distacco, nomina referenti in Italia, obbligo di applicazione delle condizioni di lavoro e occupazione più favorevoli).Tale impostazione assume un peculiare rilievo, atteso che è indicativa del chiaro intento del legislatore comunitario di far sì che l’agenzia di somministrazione governi e sia responsabile di tutti i successivi eventuali impieghi dei propri lavoratori dipendenti presso SM diversi, effettuati su richiesta dell’impresa utilizzatrice.Va, inoltre, evidenziato che la disciplina introdotta, così come avviene nelle ipotesi di somministrazione “bilaterale” di cui al comma 2, trova applicazione solo alle agenzie di somministrazione stabilite in un paese UE, restando escluse tutte le imprese di fornitura di manodopera aventi sede in Paesi extra UE. Peraltro, nelle ipotesi di distacco a catena anche l’impresa utilizzatrice deve avere sede in uno Stato membro che, si ribadisce, deve essere diverso dall’Italia.2. Adempimenti formali relativi alla fattispecie del distacco a catena e regime sanzionatorio (artt.10, 10 bis e 12)A presidio della disciplina del distacco a catena, sono stati introdotti nuovi obblighi informativi e sonostati adeguati gli obblighi di comunicazione che gravano sull’agenzia di somministrazione straniera. La violazione dei suddetti obblighi comporta l’applicazione delle sanzioni previste all’art. 12.durata.2.1 Obblighi amministrativi di comunicazione aventi ad oggetto i dati identificativi del distacco e la suaL’invio in Italia del lavoratore somministrato, ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis primo periodo, deve esserecomunicato dall’agenzia di somministrazione straniera entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l'inviomediante l’utilizzo del Modello UNI – Distacco UE disponibile sulla piattaforma dedicata.Per la violazione del richiamato obbligo trova applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 500 euro per ogni lavoratore interessato, prevista all’art. 12, comma 1.In tali casi la comunicazione dovrà recare anche i “dati identificativi dell’impresa utilizzatrice” – situata in uno SM diverso dal nostro Paese – “che invia lavoratori in Italia” ai sensi della nuova lettera i-bis) introdotta al comma 1 dell’art.10.Con D.M. 6 agosto 2021 attualmente all’esame degli organi di controllo è stato approvato il nuovo modello di comunicazione che entrerà in vigore a decorrere dalla data di pubblicazione del D.M. nella sezione “pubblicità legale” del sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (si segnala che il testo del D.M. risulta già consultabile al seguente link https://www.lavoro.gov.it/notizie/pagine/comunicazione-preventiva-e-distacco-di- lunga-durata-online-il-decreto-ministeriale-170-del-6-agosto-2021.aspx/).Si rammenta che analogamente sono posti a carico dell’agenzia di somministrazione, in qualità di impresa distaccante, anche gli ulteriori obblighi previsti all’art. 10, commi 3 e 4, concernenti la conservazione della documentazione concernente il rapporto di lavoro e la nomina dei referenti.Pertanto, nei confronti dei lavoratori somministrati, l’impresa utilizzatrice “intermedia” non deve assolvere ad alcun obbligo ai sensi dell’art. 10. Sarà tenuta, invece, all’adempimento dell’obbligo di comunicazione solo in relazione ai propri dipendenti che siano distaccati nell’ambito dello stesso rapporto commerciale intrattenuto con l’impresa destinataria stabilita in Italia (si pensi ad un contratto di appalto ove siano impiegati sia lavoratori somministrati sia dipendenti dell’impresa appaltatrice straniera).2.2 Impresa utilizzatrice straniera (art. 10-bis, comma 3).Per consentire all’agenzia di somministrazione di adempiere all’obbligo di comunicazione nei termini prescritti dalla norma, l’articolo 10-bis, comma 3, pone a carico dell’impresa utilizzatrice l’obbligo di comunicare all'agenzia di somministrazione straniera, prima dell’invio del lavoratore, i dati, previsti alle lettere b), c), d) ed f) dell’art. 10, comma 1, ovvero:- numero e generalità dei lavoratori distaccati in Italia;L’impresa utilizzatrice straniera deve consegnare copia all’impresa italiana, destinataria finale della prestazione, della informativa resa all’agenzia di somministrazione e della sua trasmissione, affinché la stessa possa esibirla agli organi di controllo (10-bis, comma 3, secondo periodo).La violazione ad opera dell’impresa utilizzatrice di tale obbligo di consegna è punita ai sensi dell’art. 12,comma 3 ter, con la sanzione da 180 a 600 euro per ciascun lavoratore interessato.È di tutta evidenza che il riscontrato adempimento di tale obbligo informativo da parte dell’impresa utilizzatrice rende più semplice la prova della responsabilità in capo all’agenzia di somministrazione in caso di violazione dell’obbligo di preventiva comunicazione del distacco, prova comunque desumibile da ogni altro utile documento o informazione acquisiti in occasione delle attività di controllo.Si rammenta tuttavia come l’intento del legislatore comunitario e della conseguente normativa di recepimento sia quello di enfatizzare la responsabilità dell’agenzia di somministrazione che, in qualità di datore di lavoro, resta l’unico formale soggetto distaccante ed è pertanto sempre tenuto a conoscere, presidiando i rispettivi passaggi, la destinazione dei propri dipendenti.In considerazione della ratio della norma, la contestazione del comportamento illecito e l’applicazione delle relative sanzioni potranno essere legate anche semplicemente al riscontrato comportamento negligente dell’agenzia di somministrazione che non abbia esercitato le proprie prerogative datoriali.2.3 Distacco a catena in uscita: impresa utilizzatrice avente sede in Italia (art. 10-bis, comma 2)L’art. 10-bis, comma 2, introduce a carico dell’impresa utilizzatrice italiana che invia i lavoratori presso altra impresa avente sede in un diverso SM (art. 1, comma 2 - bis secondo periodo, c.d. distacco in uscita) l’obbligo di informare “senza ritardo” l’agenzia di somministrazione straniera che il medesimo personale sarà inviato presso altra impresa non ubicata nel nostro Paese.La violazione di tale obbligo comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da un minimo di 180euro a un massimo di 600 euro per ciascun lavoratore interessato ex art. 12, comma 3-ter.2.4 Obblighi informativi concernenti le condizioni di lavoro e di occupazione (art. 10-bis, comma 1) Impresa utilizzatrice italianaL’art. 10-bis, comma 1, regolamenta gli obblighi informativi che gravano sulle imprese utilizzatrici aventi sede in Italia nei confronti dell’agenzia del lavoro straniera, sia in caso di somministrazione transnazionale “bilaterale” sia in caso di c.d. distacco a catena in entrata.In particolare, si fa riferimento alle ipotesi di:- somministrazione di lavoratori da parte di una agenzia per il lavoro stabilita in un altro stato membro presso una impresa utilizzatrice con sede o unità produttiva in Italia (distacco ex art. 1, comma 2);- invio in Italia, nell’ambito di una fattispecie di c.d. distacco a catena in entrata, di lavoratori somministrati da parte di una impresa utilizzatrice – intermedia – con sede in uno SM comunque diverso dall’Italia (art. 1, comma 2-bis, primo periodo).In entrambi i casi, la norma dispone l’obbligo per l’impresa italiana di comunicare all’agenzia di somministrazione straniera, da cui dipendono i lavoratori distaccati, le condizioni di lavoro e di occupazione da applicare ai sensi dell’art. 4, comma 3, che a sua volta richiama l’art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 secondo cui “per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore” (cfr. infra, condizioni di lavoro e di occupazione).Per l’intera durata della prestazione di servizi e fino a due anni dalla sua cessazione l’impresa italiana è tenuta a conservare copia dell’informativa tradotta in lingua italiana e della relativa trasmissione per l’esibizione agli organi di vigilanza.La mancata esibizione agli organi di vigilanza della copia della suddetta informativa e della relativatrasmissione espone l’impresa italiana alla sanzione amministrativa da un minimo di 500 euro a un massimo di1.500 euro di cui all’art. 12, comma 3-bis.In proposito si rammenta che, nelle ipotesi di distacco a catena, la conoscenza da parte dell’impresa italiana della provenienza dei lavoratori somministrati è assicurata mediante la consegna, da parte dell’impresa utilizzatrice, della copia dell’informativa inviata all’agenzia di somministrazione straniera ai sensi dell’art. 10-bis, comma 3. Resta, tuttavia, salva la possibilità per il personale ispettivo di desumere tale prova da qualsiasi altro elemento di fatto raccolto in sede di accertamento.3. Verifica degli elementi di liceità nell’ipotesi di distacco a catena e regime sanzionatorio3.1 Valutazione degli elementi di liceitàLa novella del D.Lgs. n. 136/2016 non è intervenuta sul testo dell’art. 3 che elenca gli elementi, riferiti rispettivamente all’impresa distaccante (datore di lavoro) e al lavoratore distaccato, rispetto ai quali va valutata la liceità del distacco.In relazione all’impresa gli elementi di cui al comma 2 dell’art. 3 trovano applicazione anche nel caso di distacco a catena e vanno indagati, innanzitutto, nei confronti dell’agenzia di somministrazione che resta, quale datore di lavoro formalmente l’unica impresa distaccante. In proposito, è opportuno rinviare a quanto chiarito nelle Linee Guida distacco già citate circa la valutazione degli elementi di liceità in riferimento alle agenzie di somministrazione.Analoga indagine si ritiene debba essere condotta nei confronti dell’impresa utilizzatrice (o intermedia) estera. Benché quest’ultima non sia formalmente l’impresa distaccante, è tuttavia su sua disposizione che i lavoratori, in esecuzione di un rapporto commerciale dalla stessa intrattenuto con un operatore con sede in Italia, rendono prestazioni lavorative nel nostro paese. Pertanto, è indubbio che la verifica volta ad accertare, in particolare, l’effettiva presenza sul mercato dell’impresa utilizzatrice assume notevole rilevanza nel contrasto ad eventuali meccanismi fraudolenti che potrebbero essere, al contrario, “schermati” dalla condizione di liceità dell’agenzia di somministrazione distaccante.La verifica avrà ad oggetto non solo gli elementi di cui al citato comma 2 dell’art. 3 tra cui assume peculiare rilevo l’effettività dell’attività imprenditoriale, ma anche l’analisi del rapporto commerciale intercorrente tra l’impresa intermedia e la destinataria italiana. Come prescritto dall’art. 1, comma 2-bis primo periodo, infatti, il “secondo anello della catena” non può consistere in una ulteriore somministrazione di lavoratori. Tale esclusione trova ragion d’essere nei principi del nostro ordinamento che presuppongono che l’agenzia sia il datore di lavoro del soggetto somministrato; tale circostanza preclude all’utilizzatore la possibilità di somministrare a sua volta il medesimo lavoratore anche qualora sia in possesso della necessaria autorizzazione ministeriale. Ne consegue che, nelle ipotesi di distacchi a catena, l’ingresso dei lavoratori in Italia per effetto di un ulteriore rapporto commerciale di somministrazione deve considerarsi illecito. Sul punto occorre ribadire che non basta evidenziare che l’impresa estera svolga attività di somministrazione quanto, piuttosto, che lo specifico rapporto commerciale in virtù del quale l’ingresso del lavoratore sia avvenuto, consista in una somministrazione di manodopera.Ne deriva inoltre che, nelle sole ipotesi dei distacchi a catena, assumerà rilevanza, in relazione a rapporti commerciali qualificati formalmente come appalti, l’indagine in ordine alla loro genuinità secondo i criteri riferibili all’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003: infatti, ove l’operazione commerciale sia di fatto riconducibile ad una mera somministrazione di manodopera, la stessa risulterà essere contraria a norma imperativa. Ai fini di tale controllo potrà risultare sufficiente la verifica sull’eventuale natura fittizia dell’impresa appaltatrice (e/o sulla irrilevanza della sua presenza sul mercato) effettuata ai sensi del comma 2 dell’art. 3, così come la verifica in ordine alla forza lavoro in organico il cui numero esiguo potrebbe sistematicamente comportare il ricorso alla manodopera fornita da agenzie di somministrazione.Allo stesso fine, dovrà essere condotta l’indagine sugli indici di cui al comma 3 dell’art. 3 riferiti al lavoratore distaccato.Assume infatti rilevanza “la circostanza che il lavoratore eserciti abitualmente, ai sensi del regolamento (CE) n. 593/2008 (Roma I), la propria attività nello Stato membro da cui è stato distaccato” (cfr. comma 3 lett. b.). Nei distacchi a catena, l’indagine va condotta in riferimento al paese di stabilimento dell’agenzia di somministrazione dalla quale il lavoratore dipende, risultando evidentemente distonica l’eventuale presenza abituale del lavoratore nel paese di stabilimento dell’impresa utilizzatrice (al riguardo, tuttavia, va considerato che l’agenzia di somministrazione e l’impresa utilizzatrice possono anche essere stabilite nello stesso SM, diverso dall’Italia) o addirittura in Italia, paese di destinazione della prestazione lavorativa.In relazione a tale elemento, appare del tutto prioritario, in fase di controllo, stabilire quale sia il paese di provenienza dei lavoratori distaccati, individuando i rispettivi datori di lavoro. Ciò in quanto nell’esecuzione di un appalto, potrebbero essere coinvolti sia lavoratori somministrati sia lavoratori dipendenti dell’appaltatore. A tal fine, appare assolutamente necessario acquisire i certificati “A1” che attestano l’iscrizione del lavoratore al sistema previdenziale del paese di provenienza. Sotto tale aspetto, tuttavia, va considerato che l’acquisizione della documentazione necessaria potrebbe essere resa più complessa dalla circostanza che l’obbligo di nomina del referente che conservi la documentazione inerente i lavoratori somministrati non grava sull’impresa utilizzatrice intermedia (a ciò obbligata in relazione esclusivamente ai propri dipendenti diretti ove distaccati in esecuzione ad esempio di un appalto) bensì sull’agenzia di somministrazione che resta formalmente il soggetto distaccante.Le attività di verifica di cui sopra presuppongono che gli Stati membri diano seguito correttamente alle procedure di cooperazione amministrativa e di assistenza reciproca attraverso il tempestivo riscontro delle richieste formulate mediante la piattaforma IMI per le quali si rinvia alla nota INL prot. n. 4818 del 30 dicembre2020.A tale ultimo riguardo, si segnala la disposizione introdotta per dare effettività agli obblighi di cooperazione al nuovo comma 9- bis, secondo periodo, dell’art. 8 a norma del quale “(…) in caso di omissioni o ritardi persistenti a rendere le informazioni necessarie da parte dell'autorità competente dello Stato membro dal quale il lavoratore è distaccato, l'Ispettorato nazionale del lavoro informa tempestivamente la Commissione europea”.Si ritiene che l’informativa vada effettuata, sempreché si sia in presenza di reiterate omissioni o ritardi, anche nel caso in cui le informazioni siano state richieste all’autorità competente del paese in cui ha sede l’impresa utilizzatrice intermedia nelle ipotesi di distacco a catena.3.2 Responsabilità per condotte illeciteRispetto a quanto sin qui rappresentato appare necessario fornire prime indicazioni con riguardo alla responsabilità in ordine ai comportamenti illeciti eventualmente riscontrati.La Direttiva n. 957/2018 si muove nel senso di enfatizzare la responsabilità dell’agenzia di somministrazione nei distacchi a catena individuandola come unico formale soggetto distaccante anche in relazione ai successivi invii presso un paese terzo.Analogamente, la circostanza che l’impresa destinataria che non sia parte del rapporto commerciale di somministrazione, sia tenuta a comunicare all’agenzia di somministrazione le condizioni di lavoro e occupazione vigenti nel proprio paese di stabilimento, impone alla stessa un peculiare onere di diligenza nell’assumere i necessari elementi informativi in ordine alla provenienza dei lavoratori inviati in esecuzione del rapporto commerciale che intrattiene con il contraente straniero.Fermo restando che gli indici di liceità vanno valutati nel loro complesso si ritiene, quindi, che la riscontrata natura fraudolenta del distacco a catena – che viene comunque trattato dal legislatore europeo in termini unitari – quand’anche attinenti ad elementi riferibili alla sola agenzia di somministrazione distaccante o alla sola impresa utilizzatrice intermedia, vada addebitata, con l’applicazione delle previste sanzioni, a tutti i soggetti coinvolti (agenzia di somministrazione, impresa intermedia, impresa destinataria) e comporti, a carico dell’impresa avente sede in Italia, le ulteriori conseguenze in ordine all’imputazione dei lavoratori distaccati ai sensi del comma 5 dell’art. 3.A tale ultimo proposito va precisato che, in presenza di certificati A1, l’imputazione del rapporto di lavoro al datore di lavoro di fatto consentirà l’applicazione di tutte le condizioni contrattuali, a qualunque livello siano poste. Si tratta infatti di un'estensione determinata dall'operatività di un meccanismo sanzionatorio specifico. Ciò nell’impossibilità di una imputazione in senso tecnico del rapporto di lavoro all’utilizzatore, dal momento che il rapporto previdenziale resta incardinato nello Stato in cui è stabilita l’agenzia di somministrazione fino all’esperimento vittorioso della procedura di disconoscimento dei certificati A1 da tale Stato rilasciati. In caso di assenza dell’A1 sarà, invece, possibile procedere direttamente anche all’iscrizione del lavoratore alla gestione dipendenti dell’INPS (cfr. circ. n. 1/2017 e Linee guida distacco).4. Condizioni di lavoro e occupazione (artt. 2 e 4)Al lavoratore straniero distaccato in Italia sono garantite, nelle materie che costituiscono il c.d. “nocciolo duro” della protezione dei lavoratori distaccati, “le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste (…) per lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco” (art. 4, comma 1). L’art. 2, comma 1 lett. e), identifica tali condizioni in quelle “disciplinate da disposizioni normative e dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81 del 2015, con esclusione dei contratti aziendali”. Tale previsione opera in relazione al “rapporto di lavoro tra le imprese di cui all'articolo 1, commi 1 e 4”, ovvero nei casi di prestazione di servizi di appalto o di distacco infragruppo non inserita in un c.d. distacco a catena.Si evidenzia, tuttavia, che l'elenco delle condizioni di lavoro e occupazione di cui si compone il c.d. “nocciolo duro”, per cui si prevede l'applicazione della legge dello Stato membro ospitante, in tal caso l’Italia, è stato ampliato, conformemente alla Direttiva.4.1 Distacchi ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 4-In adempimento dell’art. 3, par. 1, lett. c) della Direttiva 2018/957, la nozione di “tariffe minime salariali”è stata sostituita con quella più generica di “retribuzione”, ai sensi del novellato art. 4, comma 1 lett. c).Il riferimento ai contratti collettivi impone di individuare la retribuzione spettante ai lavoratori distaccati considerando le sole clausole del contratto capaci di acquisire generale vincolatività per le imprese con sede in Italia e quindi a quanto è ritenuto coperto dal rinvio all’art. 36 Cost. sui requisiti di proporzionalità e sufficienza della retribuzione. A tale riguardo appare opportuno fare riferimento agli elementi della retribuzione già individuati con circolare INL n. 1/2017 nonché ogni elemento retributivo previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale del settore di riferimento avente carattere fisso e continuativo.In proposito si evidenzia che il nuovo comma 1-bis dell’art. 4 chiarisce che devono essere considerate parte della retribuzione le indennità riconosciute al lavoratore per il distacco che non siano versate a titolo di rimborso delle spese sostenute con l'ulteriore avvertenza che, laddove la normativa del Paese di stabilimento dell’impresa distaccante non distingua tra le somme erogate quali siano versate a titolo di indennità di distacco e quali a titolo di rimborso spese, tutte le somme saranno considerate corrisposte a titolo di rimborso e come tali non verranno valutate ai fini della comparazione con il trattamento retributivo interno.4.2 Distacchi per somministrazione lavoro ivi compreso il distacco a catenaPer l’ipotesi di una prestazione di servizi che si concreti in una somministrazione di lavoratori, invece, il comma 3 dell’art. 4 prevede che “si applicano le disposizioni di cui all'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015” e cioè il generale e omnicomprensivo principio della parità di trattamento, ai sensi del quale “per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore”. In tali casi – quindi in una somministrazione transnazionale oppure nel caso di distacco a catena e cioè nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 2-bis – il riferimento sarà a tutte le condizioni economiche e normative applicabili.In tali fattispecie quindi non opera la paratia del c.d. “nocciolo duro” garantito, ma il trattamento applicabile ha la più ampia latitudine possibile e coincide con quello assicurato ai lavoratori nazionali c.d. “comparabili”, anche nella circostanza che i lavoratori distaccati siano stati somministrati ad un’azienda estera e successivamente inviati in Italia in esecuzione di un contratto di appalto in casi di distacco a catena (secondo il comma 2-bis dell’art. 1, infatti, “in tal caso i lavoratori sono considerati distaccati in Italia dall'agenzia di somministrazione con la quale intercorre il rapporto di lavoro”). Di conseguenza si applicheranno ai lavoratori distaccati le condizioni normative ed economiche stabilite dalla legge e dai contratti collettivi applicati dall’azienda nazionale, utilizzatrice delle prestazioni, ferma restando la precondizione per la praticabilità della parità di trattamento e cioè la comparabilità delle mansioni.Tale ultima precisazione impone un distinguo per il caso in cui, a seguito di distacco a catena, i lavoratori distaccati in Italia eseguano un appalto, poiché in tale circostanza potrebbe non essere praticabile la comparazione delle mansioni svolte dai lavoratori distaccati a quelle presenti nella declaratoria del CCNL applicato dall’utilizzatore-committente italiano. In tali casi, si richiederà particolare cura nell’individuazione del CCNL applicabile ai lavoratori in questione considerato che, in mancanza di corrispondenza fra profili simili o comunque comparabili, lo stesso dovrà necessariamente essere quello applicato in Italia per il settore di appartenenza dell’appaltatore e non quello applicato dal committente.4.3 Distacco di lunga durataNell’ipotesi del c.d. distacco “di lunga durata”, e cioè nel caso di lavoratori distaccati per oltre 12 mesi sul territorio italiano (oppure oltre 18 mesi in caso di notifica motivata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali) la nuova versione della Direttiva 96/71, recepita sul punto dall’art. 4-bis, assicura la parità di trattamento rispetto a “tutte le condizioni di lavoro e occupazione (…) stabilite [anche] dai contratti collettivi” (art. 3, par. 1-bis). Il rinvio, oltre alle disposizioni normative nazionali vigenti nello Stato ospite è, come di consueto, quello ai “contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati da organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” che si considereranno integralmente richiamati, tranne che per alcune eccezioni espresse e cioè, in particolare, “a) le procedure e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto di lavoro; b) le clausole di non concorrenza; c) la previdenza integrativa di categoria”, che rimangono pertanto regolate dallo Stato d’origine.Tale conseguenza non pone particolari problemi in caso di distacchi ex art. 1, commi 2 e 2-bis, per i quali si determinerà l’applicazione dei contratti collettivi, come detto, nei più ampi termini possibili, ma richiede una precisazione per i distacchi di cui all’art. 1, commi 1 e 4. Per tali casi, il legislatore prevede che il contratto di riferimento – ovvero quello del settore di appartenenza del distaccante – venga applicato integralmente, “oltre” la selezione delle materie di cui all’art. 4, comma 1 e al netto delle rammentate eccezioni di legge.****Si ricorda, infine, quanto sopra precisato in ordine all’applicazione piena del contratto collettivo applicato dall’impresa utilizzatrice della prestazione lavorativa avente sede in Italia in tutti i casi in cui si proceda al disconoscimento della genuinità del distacco con imputazione dei lavoratori alla medesima impresa.Va inoltre segnalato che il potere di diffida accertativa, in conseguenza delle modifiche introdotte dal D.L. n. 76/2020 (conv. da L. n. 120/2020), è esercitato anche nei confronti dell’impresa avente sede in Italia che “utilizza la prestazione lavorativa” al pari di quanto precisato nella circ. n. 6 del 5 ottobre 2020.4.4 Ulteriori condizioni di lavoro e occupazione: condizioni alloggio, spese e congediSi segnalano le seguenti ulteriori modifiche:- lettera b): la sostituzione del termine “ferie” con il termine “congedi annuali retribuiti” tesa aricomprendere ulteriori istituti nella comparazione;- la lettera h) dell'art. 4, comma 1, che fa riferimento a condizioni di alloggio adeguate ove siano fornite dall'impresa distaccante ai lavoratori distaccati. L'adeguatezza andrà misurata da un punto di vista igienico, di ampiezza, salubrità e più generale idoneità dei locali, avuto come standard quello della sistemazione dignitosa. La verifica di condizioni non dignitose avrà rilievo sia ai fini della segnalazione alle autorità competenti in materia di applicazione della legislazione socio-sanitaria sulla salubrità delle condizioni abitative, sia in relazione all’eventuale integrazione di condotte di sfruttamento a carico degli utilizzatori;- la lettera i) dell’art. 4, comma 1, che fa riferimento a “indennità o rimborsi a copertura delle spese di viaggio, vitto e alloggio per i lavoratori fuori sede per esigenze di servizio”. Si tratta di indennità o rimborsi spese che spettano a copertura delle spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute dai lavoratori durante il distacco nel territorio italiano, sia nei casi in cui gli stessi debbano recarsi al lavoro nel territorio italiano dove sono distaccati, sia quando, durante il periodo del distacco, siano inviati temporaneamente dal datore di lavoro verso un’altra sede di lavoro, in Italia o all’estero. In proposito si richiama l'attenzione sulla natura delle somme considerate nei termini di "trasferta" che implica il mutamento del solo luogo in cui è svolta la prestazione lavorativa nell'ambito dello stesso distacco e sulla conseguente necessità che tali spostamenti trovino riscontro nel sistema di comunicazioni UNIdistaccoUE.5. Temporaneità del distacco: termine di 12 mesi e distacco di lunga durata (art. 4-bis)Il nuovo art. 4-bis introduce una disciplina di maggiore protezione per i lavoratori in distacco di lunga durata, stabilendo anche uno specifico regime per le condizioni di lavoro e occupazione applicabili (cfr. paragrafo precedente).La disciplina trova applicazione dopo che siano trascorsi 12 mesi dall’inizio del distacco. Tale periodo è estensibile a 18 mesi previa notifica motivata da parte dell’impresa distaccante al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da inoltrare secondo le modalità definite con il citato D.M. 6 agosto 2021.Ai fini del calcolo di durata del distacco si tiene conto anche dei periodi di sostituzione di uno o più lavoratori inviati a svolgere nello stesso luogo le medesime mansioni dei lavoratori sostituiti; in tali casi, infatti, la durata del distacco è determinata dalla somma di tutti i periodi di lavoro prestato dai singoli lavoratori.L’identità delle mansioni svolte nel medesimo luogo deve essere valutata tenendo conto anche della natura del servizio da prestare, del lavoro da effettuare e del luogo di svolgimento della prestazione e, dunque, potrebbe ricorrere anche laddove il soggetto distaccatario, benché formalmente diverso da quello originario, sia ubicato nello stesso luogo di esecuzione dell’attività lavorativa (es. stesso cantiere).Al fine di scongiurare una eventuale elusione del limite introdotto, va precisato che la durata del distacco (12 o 18 mesi mediante notifica motivata) va verificata anche nei casi in cui sussistano delle eventuali interruzioni e nelle ipotesi di distacco a catena in entrata.Con riferimento al computo dei diversi periodi di distacco, sembra possibile riferirsi alle previsioni della Decisione della Commissione amministrativa per il coordinamento dei sistemi di previdenza sociale A2 del 12 giugno 2009 e della circolare INPS n. 83/2010, da ritenersi valide seppur adottate in riferimento alle disposizioni in materia di sistemi di sicurezza sociale di cui al Regolamento 883/2004 e, in particolare, al termine di 24 mesidi validità del certificato “A1” che non risulta essere stato modificato.Alla luce delle predette indicazioni è possibile affermare che:- la temporanea sospensione del lavoro da parte del lavoratore distaccato dovuta a ferie, malattia, corsi di formazione presso l’impresa distaccante ecc., non costituisce un’interruzione del periodo di distacco che possa consentirne il prolungamento oltre la data inizialmente fissata; al riguardo deve considerarsi che l’art. 4, comma 1 lett. b), fa riferimento, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 122/2020, non più alle ferie ma ai congedi annuali retribuiti;- il rientro del lavoratore nello Stato di provenienza prima del termine previsto comportal’interruzione del distacco;- nel caso di distacchi consecutivi del lavoratore nello stesso Stato membro e presso la medesima impresa, il secondo sarà considerato separato solo se viene rispettato un periodo di interruzione di almeno due mesi. Nel caso in cui, invece, le interruzioni siano inferiori a due mesi va operata una distinzione:o se il distacco avviene presso la medesima impresa, si considera unico e il periodo di interruzione verrà considerato ai fini del computo complessivo della durata del distacco;o al contrario, in caso di imprese diverse aventi sede nello stesso SM, il distacco verrà considerato come nuovo, salvo particolari circostanze in cui emerga un collegamento tra le imprese o altra operazione elusiva oppure emerga l’identità delle mansioni svolte nel medesimo luogo (cfr. sopra medesimo cantiere);- i distacchi consecutivi in Stati membri diversi – e dunque anche nelle ipotesi di distacco a catena– devono considerarsi distinti e per ciascuno di essi va calcolato il limite di durata di 12 o 18 mesi.6. Settore trasporto internazionale su strada (art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 122/2020)Occorre precisare che l'art. 3, del decreto di recepimento esclude dal suo ambito di applicazione le “prestazioni transnazionali di servizi nel settore del trasporto su strada”. Ciò in conformità con le disposizioni della Direttiva che ha stabilito l’estensione delle norme al settore solo a decorrere dalla data di applicazione di un atto legislativo che modifichi "la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda le prescrizioni di applicazione" e stabilisca "norme specifiche in relazione alla direttiva 96/71/CE e alla direttiva 2014/67/UE per il distacco dei conducenti nel settore dei trasporti su strada".Nel settore è intervenuta recentemente la Direttiva UE 2020/1057 del 15 luglio 2020 che stabilisce norme specifiche per quanto riguarda la Direttiva 96/71/CE e la Direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada e che modifica la Direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda gli obblighi di applicazione e il regolamento (UE) n. 1024/2012. Si ritiene, quindi, che la data ultima alla quale debba farsi riferimento ai fini dell’estensione delle sole disposizioni introdotte dalla Direttiva 2018/957 sia il prossimo 2 febbraio 2022, entro la quale gli Stati membri devono provvedere al suo recepimento.7. Condizioni per l’utilizzo del sistema IMI per la richiesta di notifica di provvedimenti e atti e peril recupero di sanzioni amministrative pecuniarieLa Direttiva 2018/957 ha inteso anche potenziare la cooperazione amministrativa attraverso la piattaforma IMI. In ragione di ciò l’art. 8 è stato modificato con l’inserimento del comma 9 - bis ai sensi del quale “qualora l'Ispettorato nazionale del lavoro non sia in possesso delle informazioni richieste dall'autorità dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato sollecita le autorità o gli organismi che le detengono. In caso di omissioni o ritardi persistenti a rendere le informazioni necessarie da parte dell'autorità competente dello Stato membro dal quale il lavoratore è distaccato, l'Ispettorato nazionale del lavoro informa tempestivamente laCommissione europea”.Si fa rinvio al riguardo alle indicazioni operative di cui alla già citata nota INL n. 4818 del 30 dicembre2020.In proposito, appare utile fare delle precisazioni in ordine alla disciplina contenuta nel Capo IV, relativoalla notifica dei provvedimenti sanzionatori emessi nei confronti dell’impresa distaccante – stabilita presso unoStato membro – e del recupero delle sanzioni amministrative alla stessa irrogate tramite la piattaforma IMI.7.1 Notifica provvedimenti e attiPer quanto riguarda le condizioni per l’inoltro delle domande di notifica di provvedimenti e atti tramite la piattaforma IMI, è opportuno soffermarsi sulle ipotesi che non consentono l’immediato invio delle suddette domande. A tale riguardo, è opportuno ricordare che la Direttiva n. 2014/67 del 15 maggio 2014, all’art. 15, dispone che “l'autorità richiedente non chiede il recupero di una sanzione amministrativa e/o di un'ammenda o la notificazione di una decisione che irroga una tale sanzione o ammenda se e fintanto che la sanzione e/o l'ammenda e il corrispondente reclamo e/o lo strumento che ne permette l'esecuzione nello Stato membro richiedente sono impugnati o oggetto di ricorso in tale Stato membro”.Tale prescrizione trova riscontro nel comma 1 lett. b) dell’art. 15 del decreto di recepimento.Come già chiarito dalla citata nota INL n. 4818/2020, l’impugnazione deve risultare in concreto esperita al momento in cui si voglia procedere alla notifica del provvedimento, sia che si tratti del verbale unico di contestazione, sia che si tratti dell’ordinanza ingiunzione. Va da sé che, essendo la notifica il mezzo attraverso il quale si porta a conoscenza del destinatario l’atto passibile di impugnazione, tale eventualità si ritiene possa verificarsi in via del tutto eccezionale nei casi in cui l’unico destinatario dei provvedimenti sanzionatori – ovvero il distaccante (ad esempio nei casi di violazione degli adempimenti amministrativi: comunicazione del distacco, nomina referente) – sia venuto aliunde a conoscenza dell’atto da notificare.Più complesse appaiono invece le fattispecie di distacco non genuino, laddove il coinvolgimento di un altro trasgressore (il soggetto destinatario della prestazione lavorativa), implica la possibile rilevanza delle iniziative defensionali da questi assunte.Nello specifico, l’accoglimento del ricorso amministrativo presentato ai sensi dell’art. 17 D.lgs. n.124/2004 dall’impresa italiana – ammissibile sub specie di contestazione dell’imputazione del rapporto di lavoro di cui al comma 5 dell’art. 3 – o ai sensi del precedente art. 16 ove si tratti di un verbale adottato dagli altri organi di vigilanza di cui all’art. 13, comma 7, del D.Lgs. n. 124/2004, non può non involgere anche la posizione del distaccante, quale concorrente necessario nell’illecito contestato.Ne consegue che laddove, come consigliato nella citata nota prot. n. 4818/2020, la notifica venga effettuata contestualmente ai trasgressori, il successivo ricorso presentato dall’impresa destinataria della prestazione lavorativa dovrebbe essere comunicato tramite piattaforma IMI ai fini della sospensione della procedura di notifica nei confronti del distaccante.Laddove, invece, non risulti in alcun modo possibile assicurare un allineamento dei termini di notifica, si potrà valutare di attendere lo spirare del termine per la presentazione e per la successiva decisione del ricorso, tenuto conto del fatto che i termini decadenziali di cui all’art. 14 della L. n. 689/1981 nei confronti del trasgressore straniero sono più lunghi (360 giorni). Naturalmente in tali casi è raccomandabile che i ricorsi amministrativi vengano trattati con adeguata speditezza.Anche laddove oggetto della notifica tramite IMI sia l’ordinanza ingiunzione, si ritiene sempre necessario attendere lo spirare del termine per l’impugnazione nei confronti del trasgressore italiano – oltre al tempo tecnico necessario per acquisire la notifica del ricorso – atteso che l’eventuale giudizio di accoglimento è potenzialmente idoneo a spiegare effetti, ai sensi dell’art. 1306, comma 2, c.c. anche nei confronti del prestatore di servizi straniero.7.2 Richieste di recupero di sanzioni amministrative pecuniarieAi fini dell’avvio della procedura di recupero è necessario innanzitutto che il provvedimento sia esecutivo, per cui si dovrà attendere il perfezionamento degli atti di notifica dell’ordinanza nei confronti del destinatario della prestazione di servizi e nei confronti del prestatore estero.Si ritiene altresì opportuno attendere l’ulteriore tempo tecnico necessario per l’acquisizione della notificadell’eventuale ricorso.Resta fermo che, ove si sia avviata la procedura di recupero sull’erroneo presupposto che non sia stato depositato ricorso, sarà necessario sospendere la procedura di recupero salvo poi riattivarla a seguito della sentenza favorevole per l’amministrazione. È appena il caso di rilevare che la decorrenza della prescrizione del credito nei confronti del prestatore dei servizi non può ritenersi sospesa a seguito del ricorso giudiziario presentato dall’operatore italiano.Fonte: INL SCARICA LA CIRCOLARE
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