Rischio Esplosione

Il rischio di esplosione, misure di protezione ed implementazione delle Direttive ATEX 94/9/CE e 99/92/CE


L’esplosione è una violenta reazione chimica di ossidazione in cui si genera la
combustione di una sostanza, detta combustibile, in presenza di un comburente.
Il fenomeno è accompagnato da un rapido aumento di temperatura e di pressione
e dalla presenza di fiamme.


Per atmosfera esplosiva, ai sensi del D.Lgs. 81/2008, si intende “una miscela con
l’aria, a condizioni atmosferiche2 di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori,
nebbie o polveri in cui, dopo l’accensione, la combustione si propaga nell’insieme
della miscela incombusta“.
Le condizioni atmosferiche considerate ai fini della definizione di atmosfera esplosiva
prevedono una concentrazione dell’ossigeno approssimativamente del 21% e
livelli di riferimento per pressione e temperatura, rispettivamente pari a 101325 Pa
e 293 K. Rispetto ai valori di riferimento di pressione e temperatura, sono ammesse
delle variazioni, purché queste non incidano significativamente sulle proprietà
esplosive della sostanza infiammabile o combustibile. A tal proposito le Linee
Guida della Comunità Europea per l’Applicazione della Direttiva 94/9/CE suggeriscono
di considerare, per le applicazioni, un intervallo intorno ai valori di riferimento
pari a 0,8 bar e 1,1 bar per la pressione e pari a 20°C e 60°C per la temperatura.
Il comburente è la sostanza in presenza della quale il combustibile brucia; nel
nostro caso si tratta dell’ossigeno contenuto nell’aria in percentuale pari a circa il
21% in volume.



Le sostanze che combinate con l’aria possono provocare la reazione esotermica
di esplosione sono dette infiammabili, con l’eccezione delle polveri, per le quali si
preferisce usare il termine combustibili: con queste accezioni verranno da questo
punto in poi indicate tali sostanze.
Nella vecchia normativa, relativa alla Direttiva 67/548/CEE ed alle sue modifiche,
le sostanze e le miscele infiammabili erano divise in classi (infiammabili, facilmente
infiammabili, estremamente infiammabili) corrispondenti alle frasi di rischio, in
funzione delle loro caratteristiche.


Il nuovo regolamento CLP ha sostituito le frasi di rischio R, ad es. “estremamente
infiammabile” con le frasi di pericolo H ad es. “gas infiammabile”. Per le sostanze Il
regolamento CLP è oggi in vigore, mentre per le miscele è in atto una fase transitoria
che termina il 1 giugno 2015 nella quale coesistono il vecchio ed il nuovo sistema.
Affinché si possa verificare un’esplosione, la miscela esplosiva deve trovarsi in presenza
di una sorgente di accensione efficace, cioè in grado di innescare la reazione.
Questo è rappresentato in maniera grafica dal noto triangolo (figura1), dove i lati
dello stesso indicano le tre condizioni necessarie affinché si possa verificare la
reazione esplosiva.


La sorgente di innesco deve essere in grado di fornire alla miscela esplosiva, per
una data concentrazione della sostanza in aria, una quantità di energia sufficiente
affinché la combustione superi quel punto critico oltre il quale è in grado di
auto-sostenersi, permettendo al fronte di fiamma di propagarsi da solo senza
apporto di energia dall’esterno: tale energia è specifica di ogni sostanza ed il valore
minimo è chiamato energia minima di accensione.


Parametri fisici fondamentali
Supponiamo che si abbia una miscela in aria di una sostanza infiammabile potenzialmente
esplosiva: affinché l’esplosione avvenga è necessario che la sostanza
infiammabile venga accesa trovandosi in una concentrazione in aria, in condizioni
atmosferiche, compresa entro un limite inferiore detto LEL (Lower Explosion Limit)
ed uno superiore detto UEL (Upper Explosion Limit): questi parametri individuano il
range di esplosione (figura 2), cioè l’intervallo di concentrazione entro il quale la
miscela infiammabile può esplodere. Ad esempio il metano è una sostanza infiammabile
che in aria in concentrazione inferiore al 4.4 % in volume non esplode.


Il LEL e l’UEL sono anche chiamati limiti di esplodibilità e sono così definiti:
- LEL: concentrazione in aria di sostanza infiammabile al disotto della quale l’atmosfera
non esplode;
- UEL: concentrazione in aria di sostanza infiammabile al disopra della quale l’atmosfera
non esplode.


La più bassa energia necessaria a provocare l’accensione della miscela infiammabile
è detta MIE (Minimum Ignition Energy), si verifica in corrispondenza di una
specifica concentrazione della sostanza in aria e viene valutata in condizioni di
prova specificate. Una sorgente di accensione con un’energia pari a MIE si dice
efficace


Per le sostanze allo stato liquido, dalle cui superfici possono liberarsi vapori
infiammabili, è importante considerare la temperatura di infiammabilità o flash
point: essa indica la temperatura più bassa alla quale, in condizioni specifiche di
test, il liquido libera in aria una quantità di vapori in grado di formare una miscela
infiammabile


Questo parametro è importante perché permette di valutare se nelle condizioni di
temperatura in cui si trova il liquido (ambientali, di stoccaggio, di processo) esiste
il pericolo di esplosione.
Il gasolio, per esempio, ha una temperatura di infiammabilità compresa fra 55 e
65 °C ed in condizioni ambientali non può formare una miscela esplosiva (solo
rischio di incendio): potrebbe viceversa generarla se in un determinato processo
venisse riscaldato a quella temperatura.
La temperatura di accensione di una atmosfera esplosiva per la presenza di
gas, così come definita dalla norma IEC 60079-0, è “la minima temperatura di una
superficie riscaldata alla quale, in condizioni specificate in accordo alla IEC
60070-4, avviene l’accensione di una sostanza infiammabile allo stato di gas o
vapore in miscela con l’aria”. Tale valore è utile per determinare le massime temperature
raggiungibili dalle superfici delle apparecchiature che si trovano in presenza
di atmosfere potenzialmente esplosive


Per le polveri vengono rispettivamente definite la temperatura di accensione di
una nube e la temperatura di accensione di uno strato di polvere.
La temperatura di accensione di una nube è “la più bassa temperatura di una
parete calda interna ad un forno alla quale si verifica l’accensione in una
nube di polvere nell’aria contenuta al suo interno” (EN 60079-14-2:2010). In
genere si considerano pericolose polveri combustibili che hanno dimensioni delle
particelle minori od uguali a 0,5 mm.
La temperatura di accensione di uno strato di polvere (figura 6) è “la più
bassa temperatura di una superficie calda alla quale si verifica l’accensione
in uno strato di polvere di spessore specificato su una superficie calda” (EN
60079-14-2:2010).


Uno strato di polveri è considerato pericoloso sia perché può sollevarsi in nube
sia perché può accendersi e dare origine ad esplosioni successive (effetto
domino).
Tali parametri sono utilizzati, come vedremo più avanti, per la scelta delle apparecchiature
analogamente a quanto detto per la temperatura di accensione dei
gas.
Un altro parametro di notevole interesse è rappresentato dalla classe di combustibilità
BZ che rappresenta l’attitudine della polvere a bruciare in strato. Più la
polvere tende a bruciare, maggiori sono le condizioni di rischio sia per la presenza
di sorgenti di accensione sia per la possibilità che lo strato possa sollevarsi in
nube e provocare esplosioni successive. Nella tabella 3 che segue sono indicate
le classi di combustibilità BZ.

Sorgenti d’innesco


Una sorgente d’innesco si considera efficace quando è in grado di fornire all’atmosfera
esplosiva una energia sufficiente a provocare l’accensione.


Le sorgenti di innesco possono essere:
• scariche elettriche: possono derivare dalla manovra di interruttori, relè, da correnti
vaganti, da protezione catodica, dagli avvolgimenti dei motori elettrici,
etc…
• scariche elettrostatiche: queste possono essere caratterizzate da energie dell’ordine
di decine di mJ e potenziali di decine di kV.
Le operazioni e le situazioni in cui si possono generare (figura 7a e 7b) riguardano
l’uso di attrezzature di plastica o di fibre sintetiche, di indumenti isolanti
(scarpe di gomma, fibre sintetiche) che si caricano per strofinio, specialmente
su pavimenti isolanti, lo scorrimento di fluidi e polveri (riempimento di serbatoi,
passaggio in tubazioni isolanti, scarico di gas compressi), l’agitazione di polveri
e liquidi in recipienti.


• scariche atmosferiche: si generano in seguito ai campi elettrici e magnetici
connessi con il fenomeno della scarica atmosferica.
• scintille generate meccanicamente: si tratta di particelle metalliche prodotte
per attrito ed urto e incendiate, per esempio durante le lavorazioni meccaniche,
o prodotte a seguito dell’urto fra utensili o arnesi realizzati in metalli leggeri e
pezzi con presenza di ruggine.
• superfici calde: le superfici calde di apparecchi, tubi radianti, cuscinetti, essiccatoi,
etc. possono generare l’accensione dell’atmosfera esplosiva.
• reazioni esotermiche: si hanno reazioni chimiche esotermiche con sviluppo di
calore non sufficientemente disperso e produzione di energia sufficiente per
l’innesco, in presenza di depositi di farine (per fermentazione batterica),
gomme, fertilizzanti, incrostazioni piroforiche, sali metallici e organici, olii e
grassi.

• fiamme libere: presenti per esempio nelle operazioni di taglio e saldatura o nei
bruciatori, sono evidentemente pericolose per il loro alto contenuto energetico.
Tra le operazioni in cui porre maggiore attenzione vi è il taglio di recipienti chiusi
contenenti residui di sostanze infiammabili.
• impulsi di pressione: generano calore a causa della compressione adiabatica
nei restringimenti o per esempio nella fuoriuscita di gas.
• onde elettromagnetiche: la pericolosità dipende dalla potenza del campo
emettitore in prossimità delle parti metalliche che fungono da antenna ricevente
e che possono scaldarsi o generare scariche elettriche.
• radiazioni ionizzanti: la pericolosità è legata all’energia associata alla radiazione
che può essere assorbita.
• ultrasuoni: le onde acustiche possono riscaldare la sostanza che le assorbe.

Fonte Inail

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